Recensione Robots at Midnight
di: Simone CantiniA dispetto di quanto apprezzi il genere, onestamente non mi capacito di come la maggior parte dei team, soprattutto indipendenti, decida di appoggiarsi a meccaniche soulslike quando si tratta di dare vita ad una produzione action. Scelta assai rischiosa, visto come il genere si basa su di un bilanciamento quasi certosino di bastone e carota, e che non basta gettare in pasto al player la consueta dinamica a base di stamina, falò e respawn dei nemici. Tanti sono gli studi che si sono scottati dopo aver intrapreso questa rischiosa strada, che poi è quello che è successo ai ragazzi di Finish Line Games, autori dell’interessante, ma decisamente alquanto anonimo, Robots at Midnight.
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Sonno di ghiaccio
Le premesse di Robots at Midnight non sarebbero neppure da cestinare, visto il modo alquanto stuzzicante con cui prende il via l’avventura di Zoe, la nostra “morbida” protagonista: dopo essere sfuggita dalla stazione spaziale su cui abita assieme al padre e al suo piccolo drone, la ragazzina si risveglierà da un sonno criogenico durato ben 20 anni, tratta in salvo dalla strampalata coppia di robot che risponde al nome di Doug e Hawking. Sarà dalla capanna del duo che avrà inizio il viaggio di Zoe alla ricerca del padre, che la porterà ad attraversare il pianeta Yob, oramai preda di una follia robotica causata da un misterioso blackout verificatosi proprio in occasione della sua fuga.
Tra macchine impazzite pronte a farle la pelle alla prima occasione, bizzarri NPC ed un mondo che pare pronto a divenire ancor più minaccioso allo scoccare della mezzanotte, il racconto di Robots at Midnight parte con il piede giusto, disseminando lungo il percorso interessanti premesse narrative. Peccato che queste siano portate avanti in maniera alquanto confusa ed approssimativa, mettendo sul piatto situazioni che, una volta giunti al termine del tutto (ci ho messo circa 6 ore a difficoltà standard), non riescono a rendere assolutamente giustizia al materiale di partenza. Tutto si chiude in maniera assai frettolosa, con un boss finale cattivo perché sì, senza che vi siano davvero motivi per rigiocare il tutto al livello di difficoltà ulteriore che si sblocca al completamento, che offre una sfida ancora più dura, cure limitate e l’assenza di possibilità di viaggiare tra i checkpoint.
Sacra Trimurti
Come detto in apertura, Robots at Midnight è un action/RPG costruito attorno a meccaniche soulslike, con l’immancabile gestione della stamina e la consueta coppia di offesa attacco leggero/pesante. Presenti all’appello anche i falò, che oltre a fungere da checkpoint ci consentiranno anche di sfruttare il viaggio rapido. Insomma, fin qui niente che non si sia già visto. La peculiarità della produzione Finish Line Games è allora da ritrovare nel MITT, uno speciale guanto robotico indossato da Zoe, che le permetterà di sfruttare una serie di abilità peculiari, che andremo a sbloccare nel corso del gioco.
Queste skill le garantiranno l’utilizzo di mosse offensive aggiuntive (naturalmente soggette ad un breve cooldown), che sarà possibile concatenare con i fendenti base, così da ampliare il moveset a disposizione: tra attacchi in grado di spezzare la guardia, colpi a dista ed altro, le possibilità sono interessanti, anche se non particolarmente numerose. Il rovescio della medaglia è però da ritrovare nella struttura degli scontri e, di riflesso, nella difficoltà generale davvero permissiva per il genere, anche a difficoltà standard: ad eccezione del penultimo boss che spezza un po’ il loop, ogni scontro l’ho superato semplicemente sferrando un colpo con il pugno potenziato, abbinato a due attacchi leggeri seguiti da una schivata. Così facendo sono arrivato al boss in questione senza alcun tipo di sbattimento. Un po’ poco per un soulslike…
Si può dare di più?
La natura indie della produzione emerge anche dagli elementi di contorno, che vedono un armamentario ridotto decisamente all’osso (7 armi e 4 armature, potenziabili tramite i banchi da lavoro sparsi nel gioco). E non ci sarebbe niente di male in una simile ristrettezza dell’offerta, visto che comunque parliamo di un gioco venduto a meno di 20 Euro. Il problema nasce, però, quando tale proposta si circoscrive all’interno delle infide pareti del genere sdoganato da From Software, che piaccia o no ruota attorno a determinati punti fermi: non sarebbe stato più semplice optare per un classico action/RPG? Ovvio che sia facile essere tranchant per chi si limita ad analizzare e non a creare in prima persona…
Anche parlando dal punto di vista prettamente visivo, Robots at Midnight non stupisce più di tanto, alternando elementi davvero riusciti come il design delle creature robotiche, boss in primis. Le prestazioni sono solide, con il gioco che scorre sempre fluido (salvo qualche sparuto e lieve tentennamento), garantendo sempre la giusta reattività in ogni situazione. Peccato per una povertà ambientale davvero troppo prepotente, con livelli dal design alquanto spoglio, oltre che strutturalmente davvero troppo lineari. Non aiuta la situazione la palette dei colori utilizzata, davvero troppo slavata, che conferisce al tutto un alone assai dimesso.
Non convince nemmeno la colonna sonora, a tratti irritante oltre il dovuto, ma che viene bilanciata da un buon doppiaggio in lingua inglese (sottotitolato in italiano). Spiace anche constatare come non sia stata sfruttata a dovere la meccanica legata alla mezzanotte del titolo (che preferisco non spoilerare), presente in due soli frangenti e che avrebbe meritato altro spazio, visto come spariglia un poco le carte in tavola, tra l’altro in maniera decisamente interessante.
Con Robots at Midnight i ragazzi di Finish Line Games ci consegnano un compitino appena sufficiente che, sebbene riesca a portare a casa ognuno dei suoi punti chiave, lo fa in maniera sin troppo scolastica ed elementare. Non ci sono grossi errori di fondo alla base del progetto, ma il modo in cui tutto è stato confezionato risulta essere prepotentemente anonimo, al punto che viene da chiedersi perché il team abbia deciso di percorrere un sentiero così ricco di ostacoli, tra l’altro uscendo in un periodo davvero fitto di uscite di spessore. Un gioco consigliato a chi ha intenzione di approcciarsi ad un soulslike senza troppe pretese, funzionale e dalla longevità contenuta, ma che viene difficile suggerire ad un pubblico maggiormente smaliziato.