Recensione Resident Evil 4 Remake
di: Simone CantiniNon ho mai amato l’avventura spagnola del buon Leon, e non mi sono certo mai fatto problemi ad esternare questa mia convinzione. Per quanto mi riguarda, l’avvento dei Ganados ha segnato in maniera (quasi) irreversibile il declino del survival horror più celebre di casa Capcom, a causa di quella sua trasformazione in shooter assai più tamarro delle atmosfere, tutto sommato, ancora più horror dei titoli che lo avevano preceduto. Certo, il girovagare in quel remoto angolo della penisola iberica ha avuto anche l’indubbio pregio di apportare delle novità al genere, dando vita ad intuizioni ancora oggi ben radicate nel settore, ma forse avrei apprezzato di più le scelte di Mikami e soci se calate all’interno di un brand nuovo di zecca. Ed è pertanto con questo mio spirito ricco di affetto e stima, che mi sono avvicinato a Resident Evil 4 Remake, con la speranza di vedere mutate, quasi come sotto l’effetto di un virus made in Umbrella, le mie ataviche convinzioni. Spoiler: non è successo.
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Gino, domani vo in Spagna!
Raccon City ed il disastro che ne ha causato la totale distruzione sono ormai un ricordo nel fittizio 2004 in cui si svolgono le vicende di Resident Evil 4 Remake, ma non per questo la Umbrella ha cessato di proseguire la sua opera di distruzione biologica. L’azione, adesso, si sposta dagli Stati Uniti ad una remota regione della Spagna, in cui ritroveremo un Leon S. Kennedy ancora scosso dagli eventi che hanno messo fine alla sua carriera di poliziotto, reclutato adesso dal governo degli USA per ritrovare la scomparsa figlia del presidente della superpotenza mondiale. Ecco, qua potrei anche terminare la digressione narrativa relativa a Resident Evil 4 Remake, dato che i fan di vecchia data del titolo uscito in origine su GameCube, conoscono oramai a menadito gli eventi che caratterizzano questo peculiare capitolo della saga. E lo stesso posso fare anche se penso ai neofiti, a cui lascio il piacere di scoprire in prima persona gli eventi che caratterizzano una delle avventure più tamarre del brand Capocom che, sebbene non certo in grado di rivaleggiare con il mai troppo criticato sesto capitolo, riuscì a suo tempo a determinare una drastica inversione di rotta in fatto di pacing e meccaniche. Un twist che non riuscii mai a digerire, amante come ero (e sono tuttora) delle atmosfere sicuramente più horror e a tratti compassate della trilogia (+1) originale, capace di regalarmi ancora oggi le migliori emozioni della serie, anche nella versione riveduta e corretta dei remake giocati qualche tempo fa, capaci di dimostrare ancora una volta come non serva premere a tavoletta sull’acceleratore per proporre esperienze coinvolgenti ed adrenaliniche. Ma qua siamo nel campo del mio opinabile gusto personale, e dato che vi devo parlare di una riedizione, lascerò fuori i giudizi sul gioco in quanto tale, preferendo soffermarmi, come già fatto in passato, sull’operazione di restyling. Che già in fase di riscrittura della narrazione dimostra di saper partire con il piede giusto, presentandoci adesso una trama più coesa, in cui i personaggi che avevamo già imparato a conoscere e (forse) odiare, risultano più centrati e maggiormente caratterizzati.
A partire proprio da quel Leon che, smessi in parte i panni dello sbruffone da action movie anni ’90, risulta molto più cupo e tormentato, così come assai più dark che in origine risulta essere l’intero mood generale. Certo, non manca qualche inevitabile retaggio del suo ego passato, ma nel complesso il personaggio che ci troviamo ancora una volta a controllare, risulta distante anni luce dalla sua controparte datata 2005. Un’operazione che cambia anche in meglio il rapporto con la Ashley che saremo chiamati a soccorrere, adesso meno fastidiosa e più meritevole delle nostre attenzioni, complice anche una revisione delle meccaniche che ne regoleranno la gestione nelle fasi in odor di ICO (perdonatemi il paragone). Il lavoro di lima e cesello è servito anche per snellire e rendere più interessanti alcuni passaggi, complice un lieve rimescolamento delle carte in tavola, grazie a sezioni che hanno subito un deciso restyling, a cui si accompagna la volontà di modificare in alcuni frangenti il susseguirsi degli eventi, così da fornire al giocatore un racconto più coeso e meno vittima di sobbalzi ludici. Una revisione strutturale che, pur al netto di una scomparsa macroscopica (anche se poco memorabile), è riuscita ampiamente a svecchiare una produzione che, per quanto rivoluzionaria, era innegabilmente figlia dei propri tempi, oltre che vittima di un processo di scrittura che, stando alle varie leggende, aveva ricoperto un ruolo decisamente affrettato e marginale nell’economia generale dello sviluppo.
Eppur si muove!
Per quanto possa far piacere la pulizia che ha investito la progressione narrativa offerta da Resident Evil 4 Remake, sono comunque gli interventi subiti dal comparto ludico a rubare con veemenza la scena per quanto concerne l’ultima fatica firmata Capcom. E ovviamente il fulcro di tale lavoro non poteva che essere il nostro Leon, adesso finalmente in grado di sparare e muoversi allo stesso tempo, pur non abbandonando del tutto la sua proverbiale pesantezza di movimento. Questo rinnovato afflato combattivo, però, non si limiterà ad investire l’interazione ranged, ma è riuscito ad insinuarsi con efficacia anche in ottica CQC, grazie ad un rinnovato utilizzo del suo fidato coltello. La lama in dotazione, difatti, adesso potrà essere utilizzata per eseguire dei parry, in grado di proteggerci dalla maggior parte degli assalti nemici, oltre a consentirci di sferrare letali contrattacchi, fondamentali in ottica di risparmio munizioni. Un utilizzo, questo, che va di pari passo con l’introduzione di alcune meccaniche stealth, legate alla possibilità che avremo di muoversi accucciati, e che ci permetterà, in determinate situazioni, di colpire nell’ombra senza essere individuati. Ovviamene, Capcom ha pensato bene di bilanciare il tutto con la progressiva usura della lama, così da scongiurarne l’abuso selvaggio, meccanica che ci vedrà costretti a riparare presso l’amato mercante la nostra arma. Non pensate, comunque, che l’ampliamento delle possibilità di offesa di Leon si siano tradotte di una diminuzione della difficoltà, dato che la casa giapponese ha regalato a Ganados e compagnia mutante una IA nuova di zecca, oltre ad una serie di movenze inedite, capaci di rendere più coinvolgenti ed ostici i vari scontri. Soprattutto sul versante dell’intelligenza artificiale, gli sforzi compiuto sono assai tangibili, con i nemici che cercheranno, laddove possibile, di evitare lo scontro diretto, cimentandosi in tattiche di accerchiamento assai convincenti. Come anticipato in precedenza, anche i momenti in cui saremo chiamati ad avanzare in compagnia di Ashley sono stati oggetto di una pulizia gestionale, dato che potremo indicare alla giovane di starci vicino, oppure di tenersi a debita distanza dalle minacce, semplicemente premendo lo stick destro. Per dovere di cronaca, vale anche la pena sottolineare l’assenza degli infami QTE che, soprattutto in occasione di una celebre boss fight, hanno portato il team a riscrivere completamente lo scontro, rendendo il tutto assai più efficace.
Il processo di taglia e cuci, però, al netto dei suoi benefici per quanto riguarda il quadro generale, sembra essere sfuggito in parte di mano a Capcom, situazione che ha portato alla temporanea rimozione della modalità Mercenaries, fortunatamente in arrivo come add-on gratuito tra pochi giorni, ma che ha nella colpevole assenza di Separate Ways, la mini campagna in compagnia di Ada Wong, la sua pecca maggiore. In tal senso resta da scoprire se i riferimenti a tale sezione ritrovati nel codice del gioco, finiranno veramente per tramutarsi in un DLC, magari oggetti egli stesso di una bella rivisitazione e di un discreto ampliamento, così da recuperare anche quelle parti rimosse dal gioco principale. Certo, in onore dei vecchi tempi non sarebbe stato un male ritrovare tutto subito anche qua, ma se questa ipotesi dovesse concretizzarsi davvero, magati sotto forma di update a costo zero, ci sarebbero davvero pochi motivi per lamentarsi. Nel complesso, comunque, tutto quello che aveva mandato in brodo di giuggiole i fan quasi due decenni fa, torna oggi con maggiore prepotenza, grazie ad una cura nella sua riproposizione davvero encomiabile, che è riuscita a rinfrescare una corposa offerta ludica già valida ai suoi tempi, senza però snaturarne in maniera irreparabile la personalità.
Un Engine da RE
Che il RE Engine sia un motore estremamente performante e ben cucito attorno alla serie da cui prende il nome, non lo scopriamo certo oggi, visti gli ottimi risultati ottenuti dagli ultimi capitoli ufficiali della saga, oltre che dai remake del secondo e del terzo episodio. Ed anche Resident Evil 4 Remake riesce ad inserirsi con efficacia all’interno di questo pregevole retaggio, grazie ad una presentazione scenica solida e convincente, anche se ancora una volta un po’ troppo ancorata alle necessità di presentare un’esperienza crossgenerazionale. Riguardo alla mia prova, effettuata su PS5, sono rimasto tutto sommato soddisfatto delle prestazioni ottenute, sia selezionando la priorità ai fotogrammi che preferendo la qualità grafica (con e senza ray tracing attivo, tra l’altro non certo sconvolgente come settaggio). Pur con qualche lieve tentennamento, comunque davvero mai troppo marcato e fastidioso, il tutto si è mosso con efficacia e convinzione, restituendo un feeling davvero apprezzabile. Certo, qualche texture rivedibile ed una certa sfocatura di dettagli in particolari situazioni si fanno notare, ma tutto passa in secondo piano una volta che ci si cala all’interno dell’atmosfera di gioco, che esce corroborata dalla volontà di ammantare il tutto di toni decisamente più dark. Ottimo senza riserve il comparto sonoro, con un’effettistica tridimensionale eccellente, capace di far capire sempre alla perfezione la provenienza delle varie minacce. Il top, almeno per la release nostrana, è rappresentato dal più che convincente doppiaggio in italiano, che Capcom ha deciso di regalarci: una vera chicca per chi ama gustarsi il tutto nel nostro idioma. Solido anche il supporto al DualSense, che tra sfruttamento dei trigger adattivi e del feedback aptico ha finito per confermare Capcom come uno degli studi third party maggiormente in grado di sfruttare a dovere le funzionalità del pad Sony.
Solo gli stupidi non cambiano mai idea, ed evidentemente devo appartenere a questa poco invidiata categoria, dato Resident Evil 4 Remake non ha certo mutuato il mio pensiero in merito alla bontà ludica del titolo Capcom, che ancora oggi ritengo uno dei più sopravvalutati di sempre (al pari di un 100 assegnato qua su Console Tribe: ma questa è un’altra storia). Sarebbe però sciocco da parte mia non premiare il lavoro svolto dalla casa nipponica, che nel riproporci questa riedizione di un classico dei tempi che furono, ha dimostrato ancora una volta di sapere il fatto proprio in quanto a svecchiamenti. Al pari del secondo e terzo capitolo della sua serie survival horror (più shooter che orrorifica, almeno in questo caso), l’operazione di restyling è promossa a pieni voti, grazie ad un gameplay ancora più rifinito, ad una revisione narrativa in grado di esaltare a dovere il cast di personaggi e dal comparto tecnico sicuramente in linea con gli standard attuali, per quanto ancora cross-gen. Certo, non è tutto oro quello che luccica, vista l’assenza non certo trascurabile di Separate Ways, ma la bontà complessiva del pacchetto difficilmente può essere messa in discussione.