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Recensione Remothered: Broken Porcelain

di: Simone Cantini

La scuola videoludica italiana sta rapidamente crescendo, a dispetto di un ruolo di minoranza occupato per troppo tempo, soprattutto se confrontato con il resto del mondo. Eppure, poco alla volta, i team nostrani sono riusciti a sollevare con orgoglio la testa, dando vita a produzioni sempre più interessanti ed apprezzate a livello globale. Senza scomodare i ragazzi di Milestone, oramai veterani del settore, ci sono piccoli team in grado di rendere onore ai nostri italici colori, basta pensare ai ragazzi di Invader (Daymare: 1998) o Storm In a Teacup (Close to the Sun). Tra queste nuove leve, grazie anche al suo precedente lavoro, non possiamo che annoverare Chris Darril, mente creativa dietro Darril Arts, che torna oggi alla ribalta grazie a Remothered: Broken Porcelain, sequel di quel Tormented Fathers che non mancò di colpirmi molto positivamente giusto un paio di anni fa.

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Le colpe dei padri

Secondo episodio quella che, a detta di Darril, dovrebbe essere una trilogia, Remothered: Broken Porcelain riprende le fila del racconto imbastito nel 2018 dal predecessore, tornando ad indagare sul passato della misteriosa Rosemary Reed, ancora in cerca della scomparsa figlia del defunto “signor” Felton, Celeste. A differenza di quanto sperimentato in passato, il nuovo lavoro di Darril Arts si diverte a giocare con le linee temporali, partendo dal 1973 e compiendo numerosi balzi avanti ed indietro, mettendo in scena una sceneggiatura a tratti assai complessa, ma che alla fine dei giochi risulta essere decisamente coerente e ben amalgamata nella lore di questa giovane saga. È proprio la narrativa, difatti, a rappresentare il maggior punto di forza di Remothered: Broken Porcelain, grazie alla sua scrittura efficace ed in grado di rivaleggiare con nomi ben più blasonati e conosciuti. Sotto questo punto di vista il lavoro del nostrano Chris Darril è sicuramente degno di nota, vista anche la cura con cui i vari personaggi ci vengono presentati, che va ad aggiungersi ad un’atmosfera generale sapientemente tratteggiata. Difficile parlare del plot senza incorrere in fastidiosi spoiler, il che dati i vari colpi di scena che costelleranno le circa 5 ore necessarie ad arrivare alla fine, rappresenterebbe un vero peccato. Mi limiterò a dire che ancora una volta avremo a che fare con una storia di vendetta, alla cui base troviamo il Phenoxil, un farmaco progettato per curare i sintomi da stress post traumatico, ma che ha finito per sfuggire al controllo dei suoi creatori, dando origine a letali effetti collaterali. A metà strada tra Resident Evil 4, Silent Hill ed il sempre e palesemente citato Clock Tower, Remothered: Broken Porcelain mette sul piatto tutta una serie di incentivi a proseguire la nostra esperienza, ma che vengono brutalmente messi a tacere da una realizzazione genere decisamente lacunosa.

Broken gameplay

Inutile girarci troppo attorno, Remothered: Broken Porcelain avrebbe avuto bisogno di un bel po’ di tempo in più prima di essere reso disponibile per l’acquisto, visto il modo estremamente rozzo con cui si approccia al giocatore. I problemi principali risiedono in una pulizia generale sicuramente deficitaria, come evidenziano i controlli sin troppo legnosi e che, in più di un’occasione, sembrano divertirsi a non voler assecondare gli input del giocatore. Questo è palese nella primissima boss battle, con le icone necessarie per attivare l’attacco che spariscono all’improvviso, comandi che non vengono registrati e meccaniche di gameplay sin troppo sballate. Queste ultime vanno a fiaccare uno dei punti basilari del gameplay della produzione, che come vuole il filone inaugurato dal citato Clock Tower, ci vedrà relativamente inermi nei confronti degli stalker che ci perseguiteranno all’interno del sinistro Ashmann Inn, l’albergo protagonista della maggior parte del gioco. L’unico modo che avremo per poter sopravvivere alle letali minacce, sarà rappresentato dalla fuga e dal nascondersi, peccato che sia praticamente impossibile prevedere le mosse dei nostri avversari, situazione che rende a tratti estremamente frustante il cercare di imbastire una qualunque strategia, finendo con il conferire al tutto un’aurea di aleatorietà sin troppo spinta. Questa dissonanza tra idee e realizzazione effettiva è evidenziata anche dal modo assai maldestro con cui viene reso fruibile il potere di Jennifer, una delle due protagoniste del titolo, che le permette di prendere il controllo di una falena per esplorare ed interagire con l’ambiente: ecco, controllare l’insetto è fastidioso ed inutilmente complesso, situazione che complicherà in modo assurdo anche le azioni più banali. E se consideriamo che durante l’utilizzo di questo perk, Jennifer rimarrà in balia delle minacce, il rendere tutto poco snello da padroneggiare appare proprio una magagna davvero grossolana. Appena abbozzato, oltre che decisamente ininfluente ai fini del gioco, è il grossolano sistema di potenziamento del nostro personaggio, che tramite l’utilizzo di alcune Chiavi Falena cin consentirà di migliorare le caratteristiche della giovane. A parte che in tutta l’avventura ho trovato soltanto due occasioni in cui utilizzare il sistema, ma devo anche confessare di non aver avvertito alcun impatto degli upgrade sul gameplay: insomma, un qualcosa di davvero superfluo. A chiudere questo quadretto non certo idilliaco troviamo anche delle boss battle decisamente poco ispirate, in cui i limiti del citato potere di Jennifer si vanno ad affiancare ad un gunplay (in un paio di sezioni avremo a disposizione una sparachiodi) davvero da dimenticare, oltre che ad alcuni glitch vari.

Maldestro collage

A livello squisitamente tecnico, Remothered: Broken Porcelain dimostra di aver compiuto svariati passi in avanti rispetto al predecessore, proponendo adesso una scena sicuramente più curata, accompagnata da una realizzazione dei vari personaggi molto più complessa e riuscita. Buono, almeno su PS4 Pro, il frame rate, che non ha evidenziato particolari sussulti, restituendo una fluidità sempre molto buona. Ottimo anche l’accompagnamento audio, forte di una colonna sonora azzeccata ed inquietante al punto giusto, a cui fa eco un doppiaggio in inglese solido, seppur con alcuni alti e bassi. Difficile, però, chiudere un occhio sull’assemblamento generale, che a causa di cutscene malamente amalgamate con il flow di gioco, personaggi che scompaiono all’improvviso e script grossolani, restituiscono l’idea di uno sviluppo che pare aver affrettato sin troppo le proprie tempistiche. Mi permetto un ulteriore appunto, già avvertito in passato, che seppur ininfluente ai fini del giudizio definitivo mi lascia ancora una volta perplesso: parliamo di un gioco italiano, ambientato in Sicilia, in cui tutti i personaggi ed i luoghi hanno nomi inglesi, così come in inglese sono le varie brochure ed i cartelli sparsi nel gioco. Capisco che la nostra lingua sia minoritaria a libello globale, ma la trovo una mancanza di coerenza narrativa non troppo piacevole.

 

Remothered: Broken Porcelain getta alle ortiche quanto di buono era riuscito a proporre il suo predecessore, almeno per quanto riguarda il puro aspetto ludico. Se è vero che la storia risulti essere ben scritta ed appassionante, nonché in grado di colpire grazie ad un paio di colpi di scena ben orchestrati, è quando ci troviamo a scendere a patti con il pad che la situazione cambia rapidamente direzione. La produzione Darril Arts, difatti, è quanto mai grossolana nelle meccaniche e nel gamplay, oltre che fiaccata da alcune scelte di design che avrebbero avuto bisogno di una rifinitura maggiore. L’esperienza definitiva risulta essere decisamente poco divertente, con l’unica molla che spinge a voler giungere alla conclusione che risiede nella sceneggiatura. Un po’ troppo poco per un survival horror.