Recensione Recore
di: Luca SaatiDopo il disastro di Mighty No. 9, ci siamo preoccupati molto sulla buona riuscita di Recore e l’ultimo E3 di Los Angeles diciamo che non ha aiutato molto il gioco creato da Keiji Infaune e da Armature Studios. La stessa Microsoft sembra aver cambiato i piani in corsa visto che dopo un annuncio bomba nel 2015 ha fatto pian piano sparire dai radar il gioco abbassandone le sue ambizioni e probabilmente investendo molto meno rispetto a quanto previsto inizialmente sia a livello di marketing che di sviluppo vero e proprio arrivando addirittura a una release a prezzo budget. Cos’è andato storto quindi con Recore? O meglio, è davvero andato storto qualcosa?
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Benvenuti a Far Eden
Far Eden è l’ultima ancora di salvezza per il genere umano. Il pianeta però è inospitale e per renderlo abitabile bisogna prima fare la classica terraformazione, un processo lungo 200 anni che però non viene completato per una causa misteriosa. A far ripartire il processo dovevano pensarci i manutentori, ma questi non vengono risvegliati dal loro sonno profondo, o meglio non vengono risvegliati nell’immediato ma ben 96 anni dopo. La protagonista è proprio uno dei manutentori, una ragazza chiamata Joule Adam e figlia dell’ideatore della tecnologia terraformante. Far Eden è ormai un pianeta inospitale e Joule si trova solo in compagnia di Mack, fedele nucleobot a forma di cane. La nostra protagonista deve quindi scoprire cosa ha fermato la terraformazione e dare una nuova speranza alla razza umana.
Le premesse per una bella storia in Recore ci sono tutte, complici una protagonista ben caratterizzata e un’ambientazione molto affascinante. Proprio quest’ultimo aspetto risulta però gestito con eccessiva sufficienza, gli sviluppatori infatti fanno troppo affidamento ai classici collezionabili per svelare diversi retroscena che contribuiscono ad arricchire il background narrativo. Come si traduce tutto ciò? Raccogliendo i tanti video diari sparsi per il mondo di gioco scoprirete quanto sia curato e dettagliato il background di Recore, saltandoli invece avrete la sensazione di trovarvi dinanzi a un setting trattato con molta sufficienza da parte degli sviluppatori. Qualcuno sicuramente obietterà affermando che il racconto di alcuni elementi della trama attraverso i collezionabili è una caratteristica che ha contraddistinto da sempre il mondo dei videogiochi e noi ci troviamo d’accordo. Troviamo però sbagliato quando gli sviluppatori fanno un eccessivo uso di questo espediente per raccontare determinati aspetti molto importanti della storia. L’altro problema di Recore è il finale che allunga il brodo inutilmente visto che ci troviamo dinanzi a un’esperienza abbastanza longeva che tra missioni principali e secondarie richiede diverse ore di gioco per arrivare all’ultimo livello. In pratica l’ultimo livello è diviso in vari dungeon a cui si può accedere solo se si è in possesso di un certo numero di nuclei prismatici: 20 per il primo dungeon, 25 per il secondo e così via fino al quinto dungeon. Il problema è che la raccolta dei nuclei prismatici è stata trattata come una cosa secondaria per tutto il gioco salvo poi trasformarsi in un obiettivo principale quando ormai già annusavamo l’odore dei titoli di coda. Arrivati all’ultimo livello ammettiamo di aver provato una frustrazione che non provavamo da molto tempo perché di questo espediente non ce n’era assolutamente bisogno in quanto Recore ha tanto da offrire. Le missioni secondarie si chiamano tali per un motivo e se improvvisamente me le fai diventare principali c’è qualche problema.
Salta e spara
Recore è un’avventura che mischia platform, shooter in terza persona e elementi da RPG. Il mondo di gioco è diviso in diverse zone dove troviamo vari dungeon da esplorare. L’azione si svolge sia all’interno dei dungeon che nelle sezioni più aperte della mappa. Quest’ultime presentano situazioni più ad ampio respiro caratterizzate da grandi distese sabbiose e continui respawn dei nemici mentre i primi sono molto più lineari. La zona open world è ricca di segreti da scoprire e di zone accessibili piano piano che si prosegue nell’avventura. Invece i dungeon si dividono in principali e secondari, anche se quest’ultimi diventano poi obbligatori vista l’insensata scelta di design presa per il finale di cui vi abbiamo parlato poco sopra. I dungeon secondari richiedono di essere giocati più volte per poter essere completati al 100% vista la presenza di alcuni obiettivi secondari che richiedono di finire entro un tempo limite, di raccogliere degli speciali nuclei gialli e di attivare una serie di interruttori nascosti.
Le sequenze platform sono molto standard richiedono di sfruttare le capacità di Joule dotata di una sorta di jetpack che le permette di effettuare un doppio salto e uno scatto in avanti. Ad arricchire queste situazioni ci pensano i nucleobot, oltre a Mack ne troviamo di nuovi più avanti nell’avventura, che permettono di raggiungere zone altrimenti inaccessibili. Non mancano anche dei piccoli puzzle game che richiedono di sfruttare le abilità della nostra protagonista e dei suoi robottini. Nucleobot che potremo sfruttare anche in combattimento visto che ognuno è dotato di un attacco speciale. Joule durante le battaglie può avvalersi di un fucile automatico da utilizzare con i due grilletti del pad, quello sinistro per il lock on e il destro ovviamente per sparare. Inizialmente il sistema di combattimento si presenta molto basilare ma con il tempo scopre tutte le sue carte. In pratica il fucile di Joule sarà dotato di quattro tipologie di fuoco determinate da un diverso colore: bianco per un attacco standard, rosso per un attacco capace di fare più danni, blu per stordire i nemici e giallo per rallentarli. Anche i nostri avversari presenteranno diversi colori (esattamente come i nuclebot che ci accompagneranno durante l’avventura) costringendoci ad adattare i nostri attacchi a seconda di chi ci troveremo di fronte. Altra particolarità dei nostri nemici riguarda il nucleo energetico che li alimenta: in battaglia possiamo decidere se distruggerli completamente o indebolirli per poi strappargli la loro fonte d’energia con il rampino. Il rampino però ci rende vulnerabili per qualche secondo costringendoci a valutare attentamente quando utilizzarlo, se ad esempio il campo di battaglia è pieno di nemici magari è più opportuno distruggerne prima qualcuno per poi procedere al furto delle fonti energetiche quando ci sono pochi avversari.
La distruzione dei nemici è legata al potenziamento dei nostri robottini presso il tavolo di lavoro. Una volta raccolto uno schema e entrati in possesso delle apposite risorse possiamo costruire nuovi pezzi che vanno a modificare non solo l’estetica ma anche le loro statistiche divise in attacco, difesa e energia che tra l’altro potranno essere migliorate spendendo i vari nuclei raccolti dagli avversari. La parte RPG di Recore coinvolge purtroppo solo i nostri compagni lasciando in disparte Joule. Proseguendo durante l’avventura la nostra arma sale di livello ma purtroppo non c’è nulla di personalizzabile per la protagonista. La stessa arma poteva essere sfruttata meglio per diversificare il gameplay visto che il cambio del colore non modifica la modalità di fuoco che resta sempre la stessa a prescindere. Sarebbe stato carino ad esempio dare la possibilità di modificare l’arma permettendo di impostare diverse modalità di fuoco come un fucile a pompa, precisione e così via sui vari colori. Un sistema del genere non solo avrebbe donato una maggiore profondità all’impianto di gioco ma anche una varietà maggiore durante i combattimenti. Pur presentando diverse forme e colori (i boss e i mini boss sono capaci addirittura di cambiare colore all’occorrenza durante la battaglia), i nemici si eliminano più o meno sempre allo stesso modo rendendo quindi gli scontri alla lunga ripetitivi. Davvero un peccato quindi che al videogioco di Armature Studios manchi quel po’ di coraggio necessario per approfondire determinati aspetti della struttura ruolistica.
Perdersi nel deserto
Tecnicamente Recore è un gioco dalle due facce alternando dunque elementi molto piacevoli da vedere ad altri sottotono. Partiamo da cosa ci è piaciuto, ovvero l’ambientazione ricca di fascino e i modelli dei robot che presentano un character design molto accattivante. Illuminazione, texture, animazioni e conta poligonale invece sono le cose che meno ci sono piaciute. C’è inoltre qualche calo di fluidità e diversi problemi con i caricamenti a tratti davvero troppo lunghi. Di buon livello le musiche che ci accompagnano sia in combattimento che durante i momenti più tranquilli, dimenticabile invece il doppiaggio in italiano.
Commento finale
Recore è uno spreco di potenziale, un titolo che con un po’ di cura in più poteva diventare una piccola perla di questa generazione di console. È un gioco che ci ha divertito molto ma anche fatto tanto arrabbiare. Il mix di platform, puzzle, TPS e RPG funziona ma ci ha lasciato con un po’ di amaro in bocca quando ci rendiamo conto che la parte ruolistica è stata trattata con superficialità in alcuni aspetti impedendo al gameplay di raggiungere un maggior livello di profondità e varietà. Il comparto tecnico alterna alti e bassi, e la scelta di allungare inutilmente il finale e affidarsi troppo ai collezionabili per raccontare alcune parti importanti della storia ci hanno procurato abbastanza fastidio. Insomma se siete disposti a chiudere un occhio sulle criticità, Recore saprà regalarvi qualche soddisfazione considerando anche il prezzo budget (40 euro) a cui viene venduto.