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Recensione Recensione di Il Signore degli Anelli: L’Avventura di Aragorn

Recensione di Il Signore degli Anelli: L'Avventura di Aragorn di Console Tribe

di: Pasquale "corax" Sada

C’è stato un tempo in cui piccoli uomini e grandi eroi hanno unito le forze per salvare il mondo. C’è stato un tempo in cui un enorme fardello è stato poggiato sulle deboli spalle del più piccolo degli hobbit. C’è stato un tempo in cui l’erede di Isildur ha combattuto per ritrovare la sua strada e salire finalmente sul trono degli uomini come Elessar Telcontar. C’è stato un tempo in cui troppo male ha colpito la Terra di Mezzo ed è tempo di raccontare di nuovo (per l’ennesima volta, accidenti!) questa storia. È un giorno di festa nell’Hobbit Shire e noi non possiamo mancare. Stringete nel palmo l’anello, baciate la foto di Tolkien e scendete con noi nell’abisso delle terre di Mordor.

Il ritorno del Re

Sono passati ormai trent’anni dall’ultima fatica di padron Frodo. Sauron è stato sconfitto e gli elfi hanno abbandonato la Terra di Mezzo portandosi dietro anche il piccolo Hobbit che salvò il mondo. Nella città di Hobbiton il suo ricordo non è scomparso, anzi vive nel cuore degli abitanti e non solo. Sam Gamgee, fido “scudiero” dell’epico eroe, è ormai diventato un uomo adulto ed è stato scelto come sindaco della piccola comunità di Hobbit. In onore del suo amico ha scelto di chiamare il proprio figlio Frodo ed è grazie a questo ragazzino che ripercorreremo le parti salienti del triplo tomo tolkeniano. In occasione della visita di Elessar Telcontar (ossia Strider, o meglio ancora Aragorn) è stata organizzata una festa per onorare il re e commemorare quelle mirabolanti avventure. Tra un preparativo e l’altro, Sam coglie l’occasione per raccontare al figlio come il malvagio Sauron sia stato battuto anche grazie agli sforzi del Re che ha avuto nell’intera vicenda una parte sicuramente da protagonista. Infatti la prima particolarità di Aragorn’s Quest – come si poteva intuire dal titolo – è quella di riproporre i fatti raccontati dal film e dal libro con una prospettiva completamente diversa ed inedita. Aragorn sarà il punto centrale attorno al quale ruoterà tutto l’impianto narrativo, mettendo leggermente da parte il ruolo del portatore dell’anello. Una sorta di ventata d’aria fresca all’interno di una produzione che ha ben poco di originale. La meravigliosa storia della Compagnia dell’Anello è stata più volte raccontata in diverse salse, con diversi approcci e sfruttata per una quantità inimmaginabile di spin off e add-on; difficilmente si poteva aggiungere qualcosa di nuovo.

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L’intero impianto narrativo ha un andamento spezzettato e difficile da seguire, dovuto sopratutto alla volontà di pressare in un unico gioco una materia troppo ricca e complessa per un semplice sommario. Chi non conosce (chi?) le vicende del film o non ha letto il racconto potrebbe trovare qualche passaggio eccessivamente allusivo e sintetico perdendo poi una delle caratteristiche fondamentali del titolo. In fondo l’obiettivo dovrebbe essere quello di raccontare di nuovo una storia meravigliosa e avvincente ripercorrendo passi che sono entrati nella memoria collettiva. Buona la prova del doppiatore Sean Austin che dà la voce al personaggio di Sam Gamgee, unica vera prova accettabile rispetto al piattume generale di NPC e personaggi principali. Divina, invece, la colonna sonora ripresa direttamente dal capolavoro di Peter Jackson. Se avete un cuore, ne pompa sangue; se il vostro spirito è giusto, ascoltandola verrete annientati da un arcobaleno multicolore di emozioni. Un lavoro mastodontico che però è opera di tutt’altri autori rispetto a quelli del videogame.

L’occhio di Sauron

Sauron se ne stava giorno e notte a guardare cosa accadeva nella Terra di Mezzo, piantato come un infido bastardo sopra quella dannata torre. Con quella pupilla scanner analizzava, valutava e decideva. Risparmiandovi la fatica di trasformarvi in un globo oculare, faremo per voi il lavoro. A noi, però, servono entrambe le pupille: ne assegneremo una alla versione Playstation 3 e una alla versione Nintendo Wii. Infatti questo è il primo di una (immaginiamo) lunga serie di giochi che queste due console così diverse condivideranno. Con l’arrivo del motion controller, anche sul monolite nero è facile ipotizzare un rimpolparsi del parco titoli con una serie di lavori che tendano a sfruttare questa periferica molto simile al Wiimote. Per ora possiamo affermare con una certa precisione e certezza che i porting da Wii a Playstation 3 non sono poi così semplici come potrebbe sembrare. In comune le due versioni hanno una scelta artistica molto semplice, a volte riduttiva, per venire incontro alle esigenze della console Nintendo. Modelli poligonali semplici che provano a riproporre le fattezze della trilogia filmica, animazioni approssimative e texture poco dettagliate fanno del titolo una produzione certamente non eccelsa che punta sopratutto sull’effetto cartoonistico. Nelle cutscene questo sapore toon raggiunge il suo apice e riesce perfino ad interessare il giocatore meno esigente, nonostante non siano comunque all’altezza di lavori splendidi come Metroid (giusto per citare il picco massimo).
Inaspettatamente la versione migliore è quella Wii che, nonostante una risoluzione più bassa, riesce a recuperare un effetto nel complesso più omogeneo e piacevole, meno blocchettoso e quindi più godibile rispetto alla controparte Playstation 3. Differenze non abissali che comunque colpiscono l’occhio e feriscono la mente. Si sarebbe potuto fare molto di più per il porting, agendo anche su una maggiore ottimizzazione visto che proprio quest’ultima versione risulta quella più instabile e con frequenti cali di framerate.

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Verso il regno di Gondor

Come anticipavamo, il titolo si concentra su un veloce escursus dei luoghi più importanti e conosciuti del film. Aragorn’s Quest si presenta in fondo come un action stilizzato senza troppe pretese che si ispira qui e lì a Zelda, strizza l’occhiolino al primo Fable e non pretende assolutamente di catturare il giocatore alla ricerca di una sfida estrema. Il più delle volte vi troverete a dover attraversare la mappa da punto a punto per completare il vostro obiettivo o a ricercare qualche oggetto o personaggio nascosto in qualche luogo facendovi strada tra orde di nemici agguerriti pronti a massacrarvi. Alle lotte contro i minions si alternano qualche mini-boss e boss battle che aggiungono frizzantezza all’intera formula. Nessuna componente ruolistica degna di essere chiamata tale per aggiungere un minimo di profondità. È forse questa la grande e più sentita assenza se si pensa che in fondo la Compagnia dell’Anello ha fondato il modulo base per le classi standard dei giochi di ruolo classici. Sicuramente ci saremmo aspettati qualcosa di più.

Stessa cosa dicasi per il combattimento in generale, che poi la fa da padrone per l’intero titolo. Aragorn’s Quest è focalizzato sull’azione e si basa su meccaniche più che rodate. Il Signore di Gondor sarà il nostro personaggio principale (eventualmente accompagnato da Gandalf se avete un altro controller) e potrà avvalersi di una serie di attacchi determinati dallo swing del controller. Sopra, sotto e laterale con una combinazione che ci aiuterà a fare breccia nella difesa nemica. Il side-controller invece si occuperà dello scudo e della schivata con qualche piccola differenza tra Playstation e Wii a livello di controlli default, ma niente degno d’essere menzionato. Va invece puntualizzata la scarsissima precisione del Move che risponde male e in ritardo agli input finendo per farci preferire di gran lunga la versione Wii. È abbastanza frustrante vedere la maggior parte dei colpi svanire in swing persi nell’aria e non riuscire a combattere come un eroe eponimo meriterebbe. È una cosa che nessun guerriero accetterebbe e per questo ci siamo limitati a completare il titolo sulla console bianca.

At the end of all things

Ci sarà un giorno in cui un videogame riproporrà gli stessi brividi che la trilogia di Peter Jackson ha ficcato sotto pelle. Ci sarà un giorno in cui la Compagnia dell’Anello prenderà vita sotto i nostri occhi trascinandoci sotto le pendici del Monte Fato. Ci sarà un giorno in cui il piccolo hobbit dell’Hobbit Shire stringerà la mano al giocatore per fargli vivere la più bella avventura mai scritta. Ci sarà un giorno… ma non è questo il giorno! Per ora accontentatevi di un titolo semplice con un target d’età molto basso e nel complesso godibile, soprattutto per i fan di Tolkien e del suo capolavoro.