Recensione Recensione di Brothers in Arms: Hell’s Highway
Recensione di Brothers in Arms: Hell's Highway di Console Tribe
di: RedazionePensavamo di aver perso la nostra innocenza in qualche fienile, con le
nostre Mary Lou o Jo Beth, pensavamo di essere diventati uomini solo
per aver bevuto qualche birra e scroccato alcune sigarette. Pensavamo
di conoscere la parola ‘amicizia’ solo perché dividevamo tutto con i
ragazzi che ci avevano accompagnato fin dalle scuole elementari. Ma le
cose erano cambiate da quando ci avevano dato quel maledetto fucile e
infilato in testa un elmetto di ferro, dicendoci senza mezzi termini:
‘Andate e combattete!’
Non ti rendi conto di cosa vuol dire avere un amico fin quando non
stringi tra le mani la sua testa, mentre esala l’ultimo respiro, fin
quando non avverti che le sue forze se ne sono andate e i suoi occhi
spalancati si riempiono di pioggia.
La Guerra ti cambia e ti sorprende ogni volta, e ti chiedi quando mai
giungerai alla fine, senza sapere quanto è lunga e insanguinata e
lastricata di cadaveri questa strada per l’Inferno!
Una lunga guerra
Torna sulle nostre console la Seconda Guerra Mondiale, incarnata in una
delle serie tra le più apprezzate ed acclamate degli ultimi anni:
Brothers in Arms. Apparso con il primo episodio durante la scorsa
generazione di console, sotto il titolo di Road to Hill 30, il
franchise creato e sviluppato da Gearbox si impose sul mercato per
alcune caratteristiche e particolarità che sarebbero poi diventate
l’anima della serie stessa. Ci riferiamo a una visione intimista e
drammatica della Guerra, vista dagli occhi del protagonista Baker, e
dell’approccio al gioco di squadra coinvolgente e appagante. Il
successo venne bissato con Earned in Blood, anche se la pubblicazione
di questo secondo capitolo fu comunque accompagnato da alcune critiche,
anche piuttosto pesanti, che lo classificavano come una mera
espansione del precedente gioco, senza nessuna innovazione: in poche
parole, alcuni malpensanti videro in Earned in Blood solo una manovra
commerciale, un modo come un altro di far entrare altri soldi nelle
casse della Ubisoft. Polemiche a parte, il gioco era una sorta di spin
off della precedente avventura con un altro protagonista, Hartstock, e
accompagnava le sue gesta dalle prime missioni a fianco di Baker fino
alle battaglie combattute da solo.
Ora, dopo circa cinque anni e con una nuova generazione di console da
sfruttare, Gearbox scende ancora in trincea, regalandoci un’altra
avventura sporca di fango e sangue, in cui l’imperativo della
sopravvivenza si affianca all’arte del combattimento, dove gli orrori
della guerra fanno da contrappasso alla solidarietà tra soldati e alla
devozione verso il proprio comandante.
17 – 27 settembre 1944
L’azione di questo terzo capitolo di Brothers in Arms si svolge nelle
drammatiche giornate dell’operazione Market-Garden. Questo nome non è
per niente nuovo nel mondo dei videogame, visto che mesi fa Electronic
Arts ambientò nello stesso periodo l’ultimo capitolo di Medal of Honor,
l’Airborne che divise un po’ la critica e il mondo videoludico.
In quelle tristi giornate dell’autunno del ’44, le truppe alleate
tentarono di fermare l’avanzata tedesca combattendo nelle campagne e
nelle città olandesi, con il proposito di occupare i più importanti
ponti e le principali vie di comunicazione che univano i Paesi bassi
alla Germania. Il punto forte dell’offensiva degli Americani e dei
Britannici erano le forze aviotrasportate, quei paracadutisti
immortalati nel gioco targato EA. Purtroppo, l’esito di questa serie di
operazioni militari è tristemente nota: le forze dell’Asse riuscirono
ad avere la meglio sulle truppe nemiche, relegando nel fallimento tutto
il piano ingegnosamente ideato dal Generale Montgomery. Il 27 settembre
1944 il brutale resoconto dell’operazione Market-Garden gelò il cuore
degli Alleati: dei ventimila soldati che ne presero parte, solo 2200
tornarono per raccontarlo!
In questo scenario apocalittico si inscrive la vicenda di Baker e
compagni, anzi fratelli. Il focus dell’azione non è concentrato sui
veri protagonisti della vicenda storica, e cioè i paracadutisti e i
piloti degli alianti e degli aerei, ma bensì su quel manipolo di
soldati che a terra preparavano il terreno per i loro commilitoni
caduti dal cielo. Il contesto storico, ben narrato e forte di una
precisione fattuale imprescindibile, è il pretesto per narrare le
vicende che coinvolgono il sergente Baker e la sua squadra,
concentrandosi soprattutto sull’aspetto umano della guerra, con ampi
riferimenti agli episodi precedenti. Torneranno alla memoria molti dei
personaggi cruciali di Road To Hill 30 ed Earned in Blood, costringendo
Baker a confrontarsi con i fantasmi delle avventure passate mentre la
vita in trincea continua, tra dissapori e piccole vittorie, lacrime e
sangue.
In questo frangente, purtroppo Hell’s Highway lascia un po’ l’amaro in
bocca. I riferimenti agli scorsi capitoli sono davvero tanti ma
inseriti nel plot principale in maniera leggermente superficiale, tanto
da lasciare qualche volta il giocatore con la sensazione spiacevole di
non capirci un granché della trama (almeno nella prima metà di gioco).
Per godersi a pieno tutta la storia che ruota intorno a questo manipolo
di uomini si ha bisogno di un bagaglio di conoscenze della serie
piuttosto nutrito. Certo per venire incontro a questa struttura
narrativa seriale, i ragazzi di Gearbox hanno inserito un riassunto
delle ‘puntate precedenti’ a inizio avventura, ma questo purtroppo
risulta affrettato e poco dettagliato. Prima di immergersi anima e
corpo nel cuore della trama, bisogna aspettare un po’ per
familiarizzare con i nomi dei personaggi che ci circondano, ma ancora
di più con quelli che ci hanno lasciato nel corso delle operazioni
militari precedenti. Infatti i ricordi di Baker giocano un ruolo
fondamentale nel tratteggiare il personaggio, nel giustificare le sue
reazioni alle battaglie. Il lavoro fatto per rendere realistico e
psicologicamente dettagliato il protagonista è encomiabile, ma non ci
saremmo aspettati nulla di diverso da una serie che ha fatto della
vicenda umana il suo cavallo di battaglia. Potremmo paragonare Brothers
in Arms a quel filone cinematografico che raccontava la guerra in
maniera più intimista e drammatica come La sottile linea rossa o
l’indimenticabile Apocalypse Now, dove l’insicurezza umana e la
fragilità della vita si scontrano con la realtà brutale delle
pallottole e delle bombe, in una danza senza fine dove nessuno è
risparmiato.
Come nei precedenti capitoli, la narrazione corale della storia ci
porterà a conoscere decine di personaggi, da Jasper a Corion, che
affiancheranno Baker nelle varie battaglie fino a riproporci Hartstock
direttamente da Earned in Blood. I personaggi saranno talmente ben
caratterizzati e ‘tridimensionali’, da lasciarsi amare in ogni momento
di gioco.
Agli ordini, Comandante!
Il gameplay di Hell’s Highway riprende e migliora quello già visto
nelle precedenti incarnazioni. Dovremmo affrontare e superare diverse
missioni per favorire l’avanzata delle forze Alleate nei territori
olandesi. Ciascuna missione sarà divisa in checkpoint, talvolta
introdotti da sequenze narrate con lo stesso motore grafico del gioco.
Combattere in Brothers in Arms non vuol dire imbracciare il fucile e
lanciarsi a testa bassa contro i nemici cercando di farne fuori il
maggior numero. Al contrario, lanciarsi in una mossa del genere non
farà altro che portarci verso una morte prematura. Lo scopo del gioco è
di creare delle azioni corali e ben strutturate per avere la meglio
sulle truppe nemiche. Abbiamo a disposizione due squadre sotto il
nostro comando, diverse per equipaggiamento, che dovremo guidare sul
campo di battaglia. Per la maggior parte delle volte saremo affiancati
da una squadra armata di mitragliatrice pesante comandata da Jasper a
cui dovremo chiedere di inchiodare con un fuoco di soppressione le
postazioni nemiche, bloccandole. A questo punto toccherà a noi e alla
restante squadra eseguire una manovra di accerchiamento e far fuori le
truppe tedesche.
Sulla carta sembra un gioco da ragazzi, ma riuscire a fare una manovra
del genere senza perdite sarà frutto di un accurato studio del terreno
e delle posizioni dei vari contendenti. Per facilitarci il compito
avremo a disposizione sempre una mappa tattica, su cui saranno segnati
i vari obiettivi e tutti i militari in campo. Consultarla prima di una
battaglia è mandatorio, per sfruttare al meglio il territorio
circostante e per individuare le zone migliori dove posizionare le
nostre squadre e partire all’attacco.
Il tempismo in queste circostanze è cruciale. Individuare il momento
migliore per aggirare un nemico può risolvere la battaglia in poche
fucilate, mentre perdere l’attimo fuggente potrebbe costare la vita a
qualche nostro compagno. Per fortuna il gioco ci viene incontro
indicandoci con un cerchio quando la squadra nemica è bloccata dal
nostro fuoco di soppressione. É quello il momento giusto per partire
all’attacco. Attendere troppo farà in modo che i crucchi si riprendano
e ricomincino a spararci addosso.
In questo frangente scopriamo una delle nuove features introdotte in
questo capitolo della serie: la possibilità di coprirci dietro dei
ripari. Perfettamente mutuata da Rainbow Six (sempre della Ubisoft,
d’altronde), questa facoltà ci permette di nasconderci dietro uno
qualsiasi degli elementi del piano di gioco. In questo caso la visuale
passerà in terza persona, dandoci modi di osservare il campo di
battaglia e di continuare a elaborare la nostra strategia. La funzione
copertura è ben implementata nel gioco e come nel titolo di Tom Clancy
il passaggio verso la terza persona non è staccato e macchinoso.
Purtroppo non è vero il contrario: uscire in fretta dalla copertura è
invece un’operazione non tanto fluida, dando la sensazione che il
personaggio sotto il nostro controllo sia in qualche maniera
appiccicato al muro. Continuando a giocare, questa impressione
sbiadisce e comunque non inficia in maniera drammatica il gameplay.
Bisogna precisare anche che non tutte le coperture sono uguali: alcune,
come le palizzate o i tavoli di legno, possono cadere sotto il fuoco
nemico, quindi la scelta della copertura è di vitale importanza.
Comandare i vostri sottoposti è una cosa estremamente semplice:
premendo il tasto L2 apparirà un anello sul campo di gioco, indicando
il luogo dove volete che la vostra squadra si posizioni. In questo
caso, posizionando il cursore vicino a un muro, vedrete i vostri
commilitoni correre a testa bassa e nascondersi al riparo in attesa di
altri ordini. Muovere il cursore invece nei pressi di una postazione
nemica attiverà l’icona della attacco: in questo caso, i militari
vostri alleati apriranno il fuoco contro l’obiettivo creando una
cortina di proiettili che schiaccerà il nemico a terra. Creare
strategie diventa quindi facile e immediato, grazie a una risposta del
pad sempre pronta e senza indecisioni, e tutto sta nelle vostre abilità
di stratega.
Le squadre che potrete comandare variano soprattutto per
equipaggiamento. La squadra d’assalto equipaggiata con armi leggere è
utilissima per creare manovre di accerchiamento e per il fuoco di
copertura. La seconda squadra è invece quella armata di mitragliatrice
MG o di bazooka (new entry del gioco) ed è fondamentale nel fuoco di
soppressione e nel devastare le postazioni nemiche elevate a colpi di
missili, con effetti drammaticamente spettacolari.
L’intelligenza artificiale implementata nel gioco è al di sopra della
media, anche se non perfetta. La risposta ai vostri comandi sarà quasi
sempre precisa e convincente, anche se talvolta assisterete a
comportamenti aberranti dei vostri commilitoni, mentre si muovono verso
la loro destinazione senza sfruttare le dovute precauzioni. Per fortuna
casi del genere rappresentano l’eccezione e non la regola e questo non
inficia minimamente il realismo del titolo. I Tedeschi dal canto loro
ce la metteranno davvero tutta per incastrarvi e per avere la meglio,
utilizzando le vostre stesse tattiche, cercando di accerchiarvi e di
schiacciarvi sotto il fuoco pesante. Sta a voi tenere sempre la
situazione sotto controllo e contrastare i vostri nemici cercando di
anticipare le loro mosse.
Per rendere il gameplay ulteriormente vario e avvincente, non
mancheranno azioni particolari come guidare mezzi corazzati o piazzare
cariche esplosive sotto i cannoni della contraerea o delle vere e
proprie missioni in solitario, dove sarete voi e il vostro fucile
contro i Tedeschi.
L’arsenale a disposizione è vasto e comprende tutte le armi in
dotazione dell’esercito degli Alleati e dei Tedeschi, perfettamente
riprodotte. Imbraccerete fucili Garand, mitragliatrici MG, il Browning
Authomatic Rifle (BAR) per soddisfare la vostra voglia di distruzione.
Se poi lo sciacallaggio è il vostro sport preferito c’è la possibilità
di ‘prendere in prestito’ le armi dei tedeschi abbattuti e così vi
troverete per le mani delle MP40 o delle Mauser K98. Immancabili le
granate, utili per devastare intere postazioni nemiche.
Siccome non si vive di sola distruzione, il gioco è arricchito da una
serie di obiettivi secondari ed esplorativi che vi ricompenseranno con
notizie storiche originali e testimonianze sul luogo in cui state
combattendo.
Cartoline dall’inferno
Gearbox ha fatto un ottimo lavoro per ricreare l’Olanda del ’44, dalle
campagne dei primi livelli, fino alle città devastate dalla guerra dei
momenti avanzati di gioco. L’aspetto visivo è credibile e ben
strutturato. Per quanto il level design risenta del gameplay stesso,
non si avrà mai la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di
artificiale, che sembra palesemente messo lì apposta per essere
sfruttato dal giocatore. Anzi la varietà di approcci al gameplay è
dovuta proprio a questa randomizzazione del setting ambientale.
Dal punto di vista meramente grafico il gioco fa una gran figura grazie
all’utilizzo dell’Unreal Engine 3 che non tradisce mai, realizzando
ambienti 3-D convincenti e profondi. La quantità di modelli statici e
in movimento che questo motore grafico riesce a gestire
contemporaneamente regala sempre una certa emozione. Inoltre la
gestione fisica delle collisioni è ricreata alla perfezione, con
schegge che ci pioveranno addosso dai nostri ripari, cadaveri che
voleranno in aria sotto la pioggia delle nostre granate con un
splendido e realistico effetto rag-doll.
Le esplosioni sono molto ben realizzate, dando quell’inappagabile senso
di soddisfazione nel vedere una torre o un campanile volare in mille
pezzi sotto i missili del nostro bazooka preferito.
A riguardo merita aprire una parentesi su una delle innovazioni
spettacolari introdotte con Hell’s Highway: la Action Camera. Partendo
dal presupposto che la guerra è anche spettacolare (nel senso più
brutale del termine), i ragazzi di Gearbox hanno pensato bene di farne
una forma d’arte. Il risultato è una sorta di moviola che accompagna le
nostre uccisioni più efferate. Lanciate una granata al posto giusto e
vedrete la visuale zoomare verso il gruppo di malcapitati mentre
l’esplosione dilania i loro corpi: i resti umani così fatti a pezzi
voleranno da tutte le parti lasciandosi dietro una scia di sangue e
ossa, un po’ come succedeva in Burnout con le lamiere delle automobili
che si schiantavano. L’Action Camera, per quanto divertente e
spettacolare può alla lunga diventare un po’ ripetitiva e per questo è
possibile disattivarla dal menu delle opzioni, ma vi assicuro che lo
farete molto raramente e solo se decidete di riprendere in mano il
gioco per gustarvelo senza tanti fronzoli.
Purtroppo se vogliamo muovere qualche critica a questo titolo
realizzato comunque in maniera egregia, dobbiamo puntare il dito ad
alcune imperfezioni nelle texture durante le scene di intermezzo:
soprattutto quelle dei volti dei soldati, per quanto molto ben
realizzate, risultano essere troppo sporche e mal definite. Questo solo
per trovare il pelo nell’uovo in un gioco che comunque fa della grafica
uno degli elementi più spettacolari.
Il sound è assolutamente perfetto. Le musiche di sottofondo sono epiche
e altisonanti come un gioco di guerra pretende, ma mai invadenti e
fastidiose. Gli effetti sonori sono dirompenti. In alcuni frangenti si
possono definire solo come assordanti! Il crepitio delle armi
automatiche, le esplosioni dei mortai, il rumore delle schegge che ci
piovono addosso e il sibilo dei proiettili che ci fischiano a dieci
centimetri dalla testa contribuiscono a creare uno scenario sonoro
dalla potenza disarmante. Ugualmente sorprendente è l’effetto ‘sordità’
che ci coglie quando una granata ci esplode a pochi metri di distanza,
azzerando completamente tutti i rumori ambientali e lasciandoci in
compagnia del nostro stordimento e di un fastidiosissimo sibilo.
Il doppiaggio è interamente in italiano e per fortuna ci troviamo di
fronte a un lavoro più che soddisfacente sia nella traduzione che nella
interpretazione. La cura nei particolari si nota anche nel fatto che
durante le fasi di appostamento i militari comunicheranno con un
bisbiglio per esplodere in urla furibonde durante le sparatorie più
concitate.
Andate e conquistate!
Il versante multiplayer di Brothers in Arms è la diretta prosecuzione
delle promesse di gameplay fatte durante il gioco in single player. Non
ci sono tantissime opzioni da settare, in quanto la modalità a
disposizione è soltanto una: la conquista del territorio nemico. Il
gioco è tutto incentrato sul combattimento a squadre così come lo è la
sua controparte single player. Quindi potremo creare delle partite da
quattordici a venti giocatori divisi in due fazioni. Ciascun
partecipante all’azione avrà una propria funzione e un proprio arsenale
a disposizione. Il vero obiettivo delle partite multi giocatore è
quello di saper coordinare i vari militari sulla mappa e concertare
delle strategie di attacco o di difesa. L’idea è molto allettante,
anche se diventa un po’ ostica da gestire quando ci si trova a giocare
con sconosciuti che magari non parlano neanche la nostra lingua (o noi
la loro), o peggio con gente che pensa solo a fraggare a destra e a
sinistra, rovinando lo stile ragionato del gameplay. Le fasi di gioco
alternano momenti di difesa e momenti di attacco, con il sottinteso che
le due modalità si affrontano in maniera strategicamente diversa.
Le mappe a disposizione sono varie e in numero abbastanza nutrito, ma
ovviamente ci aspettiamo che ne vengano rilasciate altre tramite dei
servizi di download.
Il gioco supporta la chat vocale ed è una cosa più che auspicabile visto lo spessore del titolo.
The Long Road
La durata del gioco è più che accettabile. Il single player è lungo,
pieno di missioni e checkpoint a cui si sommano i vari obiettivi
secondari e per completarlo al 100% sono richieste molte ore di gioco.
A questo dobbiamo aggiungere i tre livelli di difficoltà tra cui il
livello ‘Reale’, vero pane per i denti di chi si sente militare dentro.
In questo frangente l’HUD (già di suo abbastanza spartano) viene
completamente eliminato dallo schermo insieme al puntatore del mirino.
Diventa una questione di riflessi e di mira. Per rendere ancora più
complicate le cose, i checkpoint non esistono, costringendo il
giocatore a misurare bene ogni mossa, per non dover iniziare tutto da
capo.
Se questo non bastasse, alla nutrita campagna single player si aggiunge
un comparto multi giocatore che saprà regalare tante ore di
divertimento, soprattutto se si vengono a creare dei gruppi affiatati e
che prendono sul serio l’approccio strategico di questo titolo.
Verso la vittoria
Per terminare questo viaggio all’interno di Brothers in Arms: Hell’s
Highway, non possiamo che fare i complimenti a Gearbox per aver
ricreato l’atmosfera che pervadeva le campagne e le vie delle città
olandesi durante l’operazione Market-Garden. La veridicità storica si
sposa perfettamente con il versante fiction della trama, in un connubio
che rende il giocatore partecipe in ogni momento della Storia.
Purtroppo, l’eccessivo legame di questo ultimo capitolo al primo della
serie inficia leggermente la comprensione della trama intimista che
coinvolge Baker, nonostante la presenza di diversi filmati esplicativi.
Ciò non toglie che il gioco si lascia vivere fino in fondo, grazie
anche al gameplay coinvolgente e a un’intelligenza artificiale che
sembra non lasciare nulla al caso. Il comparto multiplayer aggiunge
fascino e longevità, rendendo questo titolo un must per tutti gli
amanti della serie e per chi si avvicina per la prima volta a questo
franchising.
PRO
nostre Mary Lou o Jo Beth, pensavamo di essere diventati uomini solo
per aver bevuto qualche birra e scroccato alcune sigarette. Pensavamo
di conoscere la parola ‘amicizia’ solo perché dividevamo tutto con i
ragazzi che ci avevano accompagnato fin dalle scuole elementari. Ma le
cose erano cambiate da quando ci avevano dato quel maledetto fucile e
infilato in testa un elmetto di ferro, dicendoci senza mezzi termini:
‘Andate e combattete!’
Non ti rendi conto di cosa vuol dire avere un amico fin quando non
stringi tra le mani la sua testa, mentre esala l’ultimo respiro, fin
quando non avverti che le sue forze se ne sono andate e i suoi occhi
spalancati si riempiono di pioggia.
La Guerra ti cambia e ti sorprende ogni volta, e ti chiedi quando mai
giungerai alla fine, senza sapere quanto è lunga e insanguinata e
lastricata di cadaveri questa strada per l’Inferno!
Una lunga guerra
Torna sulle nostre console la Seconda Guerra Mondiale, incarnata in una
delle serie tra le più apprezzate ed acclamate degli ultimi anni:
Brothers in Arms. Apparso con il primo episodio durante la scorsa
generazione di console, sotto il titolo di Road to Hill 30, il
franchise creato e sviluppato da Gearbox si impose sul mercato per
alcune caratteristiche e particolarità che sarebbero poi diventate
l’anima della serie stessa. Ci riferiamo a una visione intimista e
drammatica della Guerra, vista dagli occhi del protagonista Baker, e
dell’approccio al gioco di squadra coinvolgente e appagante. Il
successo venne bissato con Earned in Blood, anche se la pubblicazione
di questo secondo capitolo fu comunque accompagnato da alcune critiche,
anche piuttosto pesanti, che lo classificavano come una mera
espansione del precedente gioco, senza nessuna innovazione: in poche
parole, alcuni malpensanti videro in Earned in Blood solo una manovra
commerciale, un modo come un altro di far entrare altri soldi nelle
casse della Ubisoft. Polemiche a parte, il gioco era una sorta di spin
off della precedente avventura con un altro protagonista, Hartstock, e
accompagnava le sue gesta dalle prime missioni a fianco di Baker fino
alle battaglie combattute da solo.
Ora, dopo circa cinque anni e con una nuova generazione di console da
sfruttare, Gearbox scende ancora in trincea, regalandoci un’altra
avventura sporca di fango e sangue, in cui l’imperativo della
sopravvivenza si affianca all’arte del combattimento, dove gli orrori
della guerra fanno da contrappasso alla solidarietà tra soldati e alla
devozione verso il proprio comandante.
17 – 27 settembre 1944
L’azione di questo terzo capitolo di Brothers in Arms si svolge nelle
drammatiche giornate dell’operazione Market-Garden. Questo nome non è
per niente nuovo nel mondo dei videogame, visto che mesi fa Electronic
Arts ambientò nello stesso periodo l’ultimo capitolo di Medal of Honor,
l’Airborne che divise un po’ la critica e il mondo videoludico.
In quelle tristi giornate dell’autunno del ’44, le truppe alleate
tentarono di fermare l’avanzata tedesca combattendo nelle campagne e
nelle città olandesi, con il proposito di occupare i più importanti
ponti e le principali vie di comunicazione che univano i Paesi bassi
alla Germania. Il punto forte dell’offensiva degli Americani e dei
Britannici erano le forze aviotrasportate, quei paracadutisti
immortalati nel gioco targato EA. Purtroppo, l’esito di questa serie di
operazioni militari è tristemente nota: le forze dell’Asse riuscirono
ad avere la meglio sulle truppe nemiche, relegando nel fallimento tutto
il piano ingegnosamente ideato dal Generale Montgomery. Il 27 settembre
1944 il brutale resoconto dell’operazione Market-Garden gelò il cuore
degli Alleati: dei ventimila soldati che ne presero parte, solo 2200
tornarono per raccontarlo!
In questo scenario apocalittico si inscrive la vicenda di Baker e
compagni, anzi fratelli. Il focus dell’azione non è concentrato sui
veri protagonisti della vicenda storica, e cioè i paracadutisti e i
piloti degli alianti e degli aerei, ma bensì su quel manipolo di
soldati che a terra preparavano il terreno per i loro commilitoni
caduti dal cielo. Il contesto storico, ben narrato e forte di una
precisione fattuale imprescindibile, è il pretesto per narrare le
vicende che coinvolgono il sergente Baker e la sua squadra,
concentrandosi soprattutto sull’aspetto umano della guerra, con ampi
riferimenti agli episodi precedenti. Torneranno alla memoria molti dei
personaggi cruciali di Road To Hill 30 ed Earned in Blood, costringendo
Baker a confrontarsi con i fantasmi delle avventure passate mentre la
vita in trincea continua, tra dissapori e piccole vittorie, lacrime e
sangue.
In questo frangente, purtroppo Hell’s Highway lascia un po’ l’amaro in
bocca. I riferimenti agli scorsi capitoli sono davvero tanti ma
inseriti nel plot principale in maniera leggermente superficiale, tanto
da lasciare qualche volta il giocatore con la sensazione spiacevole di
non capirci un granché della trama (almeno nella prima metà di gioco).
Per godersi a pieno tutta la storia che ruota intorno a questo manipolo
di uomini si ha bisogno di un bagaglio di conoscenze della serie
piuttosto nutrito. Certo per venire incontro a questa struttura
narrativa seriale, i ragazzi di Gearbox hanno inserito un riassunto
delle ‘puntate precedenti’ a inizio avventura, ma questo purtroppo
risulta affrettato e poco dettagliato. Prima di immergersi anima e
corpo nel cuore della trama, bisogna aspettare un po’ per
familiarizzare con i nomi dei personaggi che ci circondano, ma ancora
di più con quelli che ci hanno lasciato nel corso delle operazioni
militari precedenti. Infatti i ricordi di Baker giocano un ruolo
fondamentale nel tratteggiare il personaggio, nel giustificare le sue
reazioni alle battaglie. Il lavoro fatto per rendere realistico e
psicologicamente dettagliato il protagonista è encomiabile, ma non ci
saremmo aspettati nulla di diverso da una serie che ha fatto della
vicenda umana il suo cavallo di battaglia. Potremmo paragonare Brothers
in Arms a quel filone cinematografico che raccontava la guerra in
maniera più intimista e drammatica come La sottile linea rossa o
l’indimenticabile Apocalypse Now, dove l’insicurezza umana e la
fragilità della vita si scontrano con la realtà brutale delle
pallottole e delle bombe, in una danza senza fine dove nessuno è
risparmiato.
Come nei precedenti capitoli, la narrazione corale della storia ci
porterà a conoscere decine di personaggi, da Jasper a Corion, che
affiancheranno Baker nelle varie battaglie fino a riproporci Hartstock
direttamente da Earned in Blood. I personaggi saranno talmente ben
caratterizzati e ‘tridimensionali’, da lasciarsi amare in ogni momento
di gioco.
Agli ordini, Comandante!
Il gameplay di Hell’s Highway riprende e migliora quello già visto
nelle precedenti incarnazioni. Dovremmo affrontare e superare diverse
missioni per favorire l’avanzata delle forze Alleate nei territori
olandesi. Ciascuna missione sarà divisa in checkpoint, talvolta
introdotti da sequenze narrate con lo stesso motore grafico del gioco.
Combattere in Brothers in Arms non vuol dire imbracciare il fucile e
lanciarsi a testa bassa contro i nemici cercando di farne fuori il
maggior numero. Al contrario, lanciarsi in una mossa del genere non
farà altro che portarci verso una morte prematura. Lo scopo del gioco è
di creare delle azioni corali e ben strutturate per avere la meglio
sulle truppe nemiche. Abbiamo a disposizione due squadre sotto il
nostro comando, diverse per equipaggiamento, che dovremo guidare sul
campo di battaglia. Per la maggior parte delle volte saremo affiancati
da una squadra armata di mitragliatrice pesante comandata da Jasper a
cui dovremo chiedere di inchiodare con un fuoco di soppressione le
postazioni nemiche, bloccandole. A questo punto toccherà a noi e alla
restante squadra eseguire una manovra di accerchiamento e far fuori le
truppe tedesche.
Sulla carta sembra un gioco da ragazzi, ma riuscire a fare una manovra
del genere senza perdite sarà frutto di un accurato studio del terreno
e delle posizioni dei vari contendenti. Per facilitarci il compito
avremo a disposizione sempre una mappa tattica, su cui saranno segnati
i vari obiettivi e tutti i militari in campo. Consultarla prima di una
battaglia è mandatorio, per sfruttare al meglio il territorio
circostante e per individuare le zone migliori dove posizionare le
nostre squadre e partire all’attacco.
Il tempismo in queste circostanze è cruciale. Individuare il momento
migliore per aggirare un nemico può risolvere la battaglia in poche
fucilate, mentre perdere l’attimo fuggente potrebbe costare la vita a
qualche nostro compagno. Per fortuna il gioco ci viene incontro
indicandoci con un cerchio quando la squadra nemica è bloccata dal
nostro fuoco di soppressione. É quello il momento giusto per partire
all’attacco. Attendere troppo farà in modo che i crucchi si riprendano
e ricomincino a spararci addosso.
In questo frangente scopriamo una delle nuove features introdotte in
questo capitolo della serie: la possibilità di coprirci dietro dei
ripari. Perfettamente mutuata da Rainbow Six (sempre della Ubisoft,
d’altronde), questa facoltà ci permette di nasconderci dietro uno
qualsiasi degli elementi del piano di gioco. In questo caso la visuale
passerà in terza persona, dandoci modi di osservare il campo di
battaglia e di continuare a elaborare la nostra strategia. La funzione
copertura è ben implementata nel gioco e come nel titolo di Tom Clancy
il passaggio verso la terza persona non è staccato e macchinoso.
Purtroppo non è vero il contrario: uscire in fretta dalla copertura è
invece un’operazione non tanto fluida, dando la sensazione che il
personaggio sotto il nostro controllo sia in qualche maniera
appiccicato al muro. Continuando a giocare, questa impressione
sbiadisce e comunque non inficia in maniera drammatica il gameplay.
Bisogna precisare anche che non tutte le coperture sono uguali: alcune,
come le palizzate o i tavoli di legno, possono cadere sotto il fuoco
nemico, quindi la scelta della copertura è di vitale importanza.
Comandare i vostri sottoposti è una cosa estremamente semplice:
premendo il tasto L2 apparirà un anello sul campo di gioco, indicando
il luogo dove volete che la vostra squadra si posizioni. In questo
caso, posizionando il cursore vicino a un muro, vedrete i vostri
commilitoni correre a testa bassa e nascondersi al riparo in attesa di
altri ordini. Muovere il cursore invece nei pressi di una postazione
nemica attiverà l’icona della attacco: in questo caso, i militari
vostri alleati apriranno il fuoco contro l’obiettivo creando una
cortina di proiettili che schiaccerà il nemico a terra. Creare
strategie diventa quindi facile e immediato, grazie a una risposta del
pad sempre pronta e senza indecisioni, e tutto sta nelle vostre abilità
di stratega.
Le squadre che potrete comandare variano soprattutto per
equipaggiamento. La squadra d’assalto equipaggiata con armi leggere è
utilissima per creare manovre di accerchiamento e per il fuoco di
copertura. La seconda squadra è invece quella armata di mitragliatrice
MG o di bazooka (new entry del gioco) ed è fondamentale nel fuoco di
soppressione e nel devastare le postazioni nemiche elevate a colpi di
missili, con effetti drammaticamente spettacolari.
L’intelligenza artificiale implementata nel gioco è al di sopra della
media, anche se non perfetta. La risposta ai vostri comandi sarà quasi
sempre precisa e convincente, anche se talvolta assisterete a
comportamenti aberranti dei vostri commilitoni, mentre si muovono verso
la loro destinazione senza sfruttare le dovute precauzioni. Per fortuna
casi del genere rappresentano l’eccezione e non la regola e questo non
inficia minimamente il realismo del titolo. I Tedeschi dal canto loro
ce la metteranno davvero tutta per incastrarvi e per avere la meglio,
utilizzando le vostre stesse tattiche, cercando di accerchiarvi e di
schiacciarvi sotto il fuoco pesante. Sta a voi tenere sempre la
situazione sotto controllo e contrastare i vostri nemici cercando di
anticipare le loro mosse.
Per rendere il gameplay ulteriormente vario e avvincente, non
mancheranno azioni particolari come guidare mezzi corazzati o piazzare
cariche esplosive sotto i cannoni della contraerea o delle vere e
proprie missioni in solitario, dove sarete voi e il vostro fucile
contro i Tedeschi.
L’arsenale a disposizione è vasto e comprende tutte le armi in
dotazione dell’esercito degli Alleati e dei Tedeschi, perfettamente
riprodotte. Imbraccerete fucili Garand, mitragliatrici MG, il Browning
Authomatic Rifle (BAR) per soddisfare la vostra voglia di distruzione.
Se poi lo sciacallaggio è il vostro sport preferito c’è la possibilità
di ‘prendere in prestito’ le armi dei tedeschi abbattuti e così vi
troverete per le mani delle MP40 o delle Mauser K98. Immancabili le
granate, utili per devastare intere postazioni nemiche.
Siccome non si vive di sola distruzione, il gioco è arricchito da una
serie di obiettivi secondari ed esplorativi che vi ricompenseranno con
notizie storiche originali e testimonianze sul luogo in cui state
combattendo.
Cartoline dall’inferno
Gearbox ha fatto un ottimo lavoro per ricreare l’Olanda del ’44, dalle
campagne dei primi livelli, fino alle città devastate dalla guerra dei
momenti avanzati di gioco. L’aspetto visivo è credibile e ben
strutturato. Per quanto il level design risenta del gameplay stesso,
non si avrà mai la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di
artificiale, che sembra palesemente messo lì apposta per essere
sfruttato dal giocatore. Anzi la varietà di approcci al gameplay è
dovuta proprio a questa randomizzazione del setting ambientale.
Dal punto di vista meramente grafico il gioco fa una gran figura grazie
all’utilizzo dell’Unreal Engine 3 che non tradisce mai, realizzando
ambienti 3-D convincenti e profondi. La quantità di modelli statici e
in movimento che questo motore grafico riesce a gestire
contemporaneamente regala sempre una certa emozione. Inoltre la
gestione fisica delle collisioni è ricreata alla perfezione, con
schegge che ci pioveranno addosso dai nostri ripari, cadaveri che
voleranno in aria sotto la pioggia delle nostre granate con un
splendido e realistico effetto rag-doll.
Le esplosioni sono molto ben realizzate, dando quell’inappagabile senso
di soddisfazione nel vedere una torre o un campanile volare in mille
pezzi sotto i missili del nostro bazooka preferito.
A riguardo merita aprire una parentesi su una delle innovazioni
spettacolari introdotte con Hell’s Highway: la Action Camera. Partendo
dal presupposto che la guerra è anche spettacolare (nel senso più
brutale del termine), i ragazzi di Gearbox hanno pensato bene di farne
una forma d’arte. Il risultato è una sorta di moviola che accompagna le
nostre uccisioni più efferate. Lanciate una granata al posto giusto e
vedrete la visuale zoomare verso il gruppo di malcapitati mentre
l’esplosione dilania i loro corpi: i resti umani così fatti a pezzi
voleranno da tutte le parti lasciandosi dietro una scia di sangue e
ossa, un po’ come succedeva in Burnout con le lamiere delle automobili
che si schiantavano. L’Action Camera, per quanto divertente e
spettacolare può alla lunga diventare un po’ ripetitiva e per questo è
possibile disattivarla dal menu delle opzioni, ma vi assicuro che lo
farete molto raramente e solo se decidete di riprendere in mano il
gioco per gustarvelo senza tanti fronzoli.
Purtroppo se vogliamo muovere qualche critica a questo titolo
realizzato comunque in maniera egregia, dobbiamo puntare il dito ad
alcune imperfezioni nelle texture durante le scene di intermezzo:
soprattutto quelle dei volti dei soldati, per quanto molto ben
realizzate, risultano essere troppo sporche e mal definite. Questo solo
per trovare il pelo nell’uovo in un gioco che comunque fa della grafica
uno degli elementi più spettacolari.
Il sound è assolutamente perfetto. Le musiche di sottofondo sono epiche
e altisonanti come un gioco di guerra pretende, ma mai invadenti e
fastidiose. Gli effetti sonori sono dirompenti. In alcuni frangenti si
possono definire solo come assordanti! Il crepitio delle armi
automatiche, le esplosioni dei mortai, il rumore delle schegge che ci
piovono addosso e il sibilo dei proiettili che ci fischiano a dieci
centimetri dalla testa contribuiscono a creare uno scenario sonoro
dalla potenza disarmante. Ugualmente sorprendente è l’effetto ‘sordità’
che ci coglie quando una granata ci esplode a pochi metri di distanza,
azzerando completamente tutti i rumori ambientali e lasciandoci in
compagnia del nostro stordimento e di un fastidiosissimo sibilo.
Il doppiaggio è interamente in italiano e per fortuna ci troviamo di
fronte a un lavoro più che soddisfacente sia nella traduzione che nella
interpretazione. La cura nei particolari si nota anche nel fatto che
durante le fasi di appostamento i militari comunicheranno con un
bisbiglio per esplodere in urla furibonde durante le sparatorie più
concitate.
Andate e conquistate!
Il versante multiplayer di Brothers in Arms è la diretta prosecuzione
delle promesse di gameplay fatte durante il gioco in single player. Non
ci sono tantissime opzioni da settare, in quanto la modalità a
disposizione è soltanto una: la conquista del territorio nemico. Il
gioco è tutto incentrato sul combattimento a squadre così come lo è la
sua controparte single player. Quindi potremo creare delle partite da
quattordici a venti giocatori divisi in due fazioni. Ciascun
partecipante all’azione avrà una propria funzione e un proprio arsenale
a disposizione. Il vero obiettivo delle partite multi giocatore è
quello di saper coordinare i vari militari sulla mappa e concertare
delle strategie di attacco o di difesa. L’idea è molto allettante,
anche se diventa un po’ ostica da gestire quando ci si trova a giocare
con sconosciuti che magari non parlano neanche la nostra lingua (o noi
la loro), o peggio con gente che pensa solo a fraggare a destra e a
sinistra, rovinando lo stile ragionato del gameplay. Le fasi di gioco
alternano momenti di difesa e momenti di attacco, con il sottinteso che
le due modalità si affrontano in maniera strategicamente diversa.
Le mappe a disposizione sono varie e in numero abbastanza nutrito, ma
ovviamente ci aspettiamo che ne vengano rilasciate altre tramite dei
servizi di download.
Il gioco supporta la chat vocale ed è una cosa più che auspicabile visto lo spessore del titolo.
The Long Road
La durata del gioco è più che accettabile. Il single player è lungo,
pieno di missioni e checkpoint a cui si sommano i vari obiettivi
secondari e per completarlo al 100% sono richieste molte ore di gioco.
A questo dobbiamo aggiungere i tre livelli di difficoltà tra cui il
livello ‘Reale’, vero pane per i denti di chi si sente militare dentro.
In questo frangente l’HUD (già di suo abbastanza spartano) viene
completamente eliminato dallo schermo insieme al puntatore del mirino.
Diventa una questione di riflessi e di mira. Per rendere ancora più
complicate le cose, i checkpoint non esistono, costringendo il
giocatore a misurare bene ogni mossa, per non dover iniziare tutto da
capo.
Se questo non bastasse, alla nutrita campagna single player si aggiunge
un comparto multi giocatore che saprà regalare tante ore di
divertimento, soprattutto se si vengono a creare dei gruppi affiatati e
che prendono sul serio l’approccio strategico di questo titolo.
Verso la vittoria
Per terminare questo viaggio all’interno di Brothers in Arms: Hell’s
Highway, non possiamo che fare i complimenti a Gearbox per aver
ricreato l’atmosfera che pervadeva le campagne e le vie delle città
olandesi durante l’operazione Market-Garden. La veridicità storica si
sposa perfettamente con il versante fiction della trama, in un connubio
che rende il giocatore partecipe in ogni momento della Storia.
Purtroppo, l’eccessivo legame di questo ultimo capitolo al primo della
serie inficia leggermente la comprensione della trama intimista che
coinvolge Baker, nonostante la presenza di diversi filmati esplicativi.
Ciò non toglie che il gioco si lascia vivere fino in fondo, grazie
anche al gameplay coinvolgente e a un’intelligenza artificiale che
sembra non lasciare nulla al caso. Il comparto multiplayer aggiunge
fascino e longevità, rendendo questo titolo un must per tutti gli
amanti della serie e per chi si avvicina per la prima volta a questo
franchising.
PRO
- Grafica degli ambienti molto curata;
- gameplay coinvolgente e vario;
- sonoro da brivido;
- action camera favolosa;
- sistema di gestione della squadra ottimizzato e facile da usare.
CONTRO
- Troppo legato ai precedenti capitoli;
- le texture dei personaggi a volte appaiono troppo ‘sporche’.