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Recensione Ready or Not

di: Luca Saati

Il panorama videoludico aveva assoluto bisogno di un titolo come Ready or Not. Quello di Void Interactive non è un semplice shooter in prima persona, ma un tactical shooter che mi ha fatto tornare alla mente la bellezza dei vecchi Rainbow Six o Ghost Recon di Ubisoft, fino alla — per me indimenticabile — esclusiva PlayStation 2 SOCOM di Zipper Interactive.

Con l’avvento del multiplayer competitivo, gli shooter tattici sono andati via via a scomparire. Ora, però, con Ready or Not la speranza è che ci sia un ritorno di fiamma, come suggeriscono le oltre 2 milioni di copie vendute su console nelle prime due settimane di commercializzazione.

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Grosso guaio a Los Sueños

La trama di Ready or Not risulta per lo più accessoria, un mero strumento degli sviluppatori per dare un contesto alle azioni della squadra SWAT d’élite al comando del giocatore. Los Sueños è una città in preda al caos e alla corruzione, tra spaccio, prostituzione, traffico di esseri umani e gang criminali di ogni tipo.

Ogni missione vede quindi la squadra SWAT sventare una delle tante operazioni criminali che imperversano in città. Su questo fronte, Ready or Not si rivela un’esperienza fin troppo essenziale, con un semplice briefing da consultare a ogni missione per ottenere un contesto narrativo e i rispettivi obiettivi. Chi desidera una narrativa più incisiva rimarrà probabilmente deluso. L’impressione è che il team di sviluppo abbia voluto concentrare le proprie attenzioni sul cuore del gioco, rappresentato dal gameplay, piuttosto che su una trama poliziesca che avrebbe rischiato di sapere di già visto.

In totale, Ready or Not include 18 missioni giocabili in singolo o in cooperativa online fino a 5 giocatori. Un primo playthrough potrebbe richiedere circa 15 ore (poco meno di un’ora a missione), ma ogni missione offre un buon tasso di rigiocabilità grazie alla possibilità di sperimentare approcci sempre nuovi e ai nemici che a ogni partita cambiano posizione richiedendo di rivedere la tattica. Sia chiaro: non siamo di fronte alla libertà sandbox di Hitman: World of Assassination, ma ci si può ritenere soddisfatti dalla varietà in termini di level design dell’opera di Void Interactive.

A questo si aggiungono le due missioni extra incluse nell’update gratuito Los Sueños Stories e, eventualmente, le missioni dei due DLC — Home Invasion e Dark Waters — incluse nel Mission Pass o nella Deluxe Edition del gioco. Un terzo DLC è già in arrivo prossimamente. Che decidiate dunque di optare per la Standard Edition o per la Deluxe Edition, c’è da essere soddisfatti in termini contenutistici, soprattutto considerando che il gioco viene venduto a un prezzo di partenza di 50 euro, a cui eventualmente aggiungere i 20 euro extra per i DLC già citati.

Ritorno di fiamma

Se c’è una cosa che riesce molto bene a Ready or Not è l’essere un videogioco versatile, sia per chi gioca in multiplayer co-op che per chi preferisce il singleplayer. Nel primo caso, il titolo si comporta come il classico shooter a squadre cooperativo, in cui la comunicazione tra i giocatori è fondamentale per completare la missione. Ma è proprio in singleplayer che Ready or Not ha saputo stupirmi, facendomi fare un tuffo nel passato con il suo tatticismo degno dei grandi videogiochi di una volta, quando l’online era ancora alla mercé di pochi.

Si inizia con un tutorial in cui è possibile imparare la gestione dell’equipaggiamento, come dare ordini ai propri compagni e le varie tattiche d’ingaggio. Questa fase si rivela molto esaustiva, svelando alcune chicche del gioco. Ad esempio, tenendo premuto il tasto quadrato è possibile estrarre il caricatore dall’arma per vedere quante munizioni rimangono; con una pressione normale dello stesso tasto si cambia caricatore conservando quello precedente, mentre con una doppia pressione si effettua un cambio rapido buttando via il caricatore e perdendo le munizioni in esso rimaste. Già da questo si intuisce il profondo realismo e il tatticismo che permeano l’intera esperienza di gioco, dove perfino la gestione della ricarica può fare la differenza tra la vita e la morte.

Superato l’addestramento, ci si immerge nel cuore del gioco: la Commander Mode. La stazione di polizia funge da hub, in cui è possibile organizzare la squadra, gestire l’equipaggiamento e selezionare le missioni, che si sbloccano man mano che si avanza nella campagna. L’hub svolge bene la sua funzione, anche se avrei preferito muovermi più agilmente tra una serie di menù dedicati.

La personalizzazione è suddivisa in due parti: quella estetica, con oggetti sbloccabili completando le missioni, e quella dell’equipaggiamento, con tutte le armi e gli accessori purtroppo disponibili sin dall’inizio. Purtroppo, perché preferisco sempre avere un senso di progressione, sbloccando nuovi oggetti via via che si avanza. Le opzioni restano comunque numerose: armi da fuoco con accessori come silenziatori, mirini, laser, torce e impugnature; tipologie di munizioni selezionabili; e una pletora di gadget che possono cambiare l’esito di una missione. Ci sono lo scudo antisommossa per maggiore protezione, l’ariete per sfondare le porte, i lanciagranate, la mirrorgun per controllare cosa c’è oltre un angolo o dietro una porta, e molto altro. Per gli amanti della personalizzazione, c’è davvero tanto con cui divertirsi. Peccato solo per l’assenza di indicatori che mostrino chiaramente le caratteristiche di ogni arma e l’impatto dei vari accessori su di esse.

Fatti i preparativi, è il momento di entrare in azione. Ready or Not propone mappe di medie/piccole dimensioni, prevalentemente in ambienti chiusi, con qualche area all’aperto ma sempre circoscritta. Si percepisce subito la qualità del level design, che premia la pianificazione e incentiva a sperimentare vari approcci a ogni missione, con una profondità tattica che da tempo mancava nel genere.

In singleplayer è possibile dare diversi tipi di ordini alla squadra tramite il tasto dorsale destro. Con una semplice pressione si impartisce un comando veloce (ad esempio, mirando a una porta, si può ordinare alla squadra di posizionarsi e poi aprire e ripulire l’interno), mentre tenendo premuto si apre la ruota degli ordini, che consente indicazioni più precise come l’ispezione con la mirrorgun o l’irruzione con C4. Il ventaglio di possibilità è impressionante, adattandosi anche all’equipaggiamento in uso, e va ben oltre il semplice “Vai lì” o “Resta in posizione”.

L’interfaccia della ruota dei comandi è color oro quando l’ordine riguarda tutti e quattro i membri controllati dall’IA, ma con le frecce direzionali si può passare al team rosso o al team blu, per gestire separatamente le due coppie e coordinare assalti da più direzioni. Un’azione del genere può persino spingere i nemici ad arrendersi. A tal proposito, è anche possibile intimare la resa utilizzando uno dei tasti frontali del pad.

Nel gioco non esistono checkpoint: fallire una missione porta a un abbassamento del morale della squadra, con effetti sulle missioni successive. La morte dei compagni è permanente, ma è possibile assumerne di nuovi. Ogni membro possiede inoltre un’abilità passiva sbloccabile con l’esperienza: ad esempio, il medico può curare un compagno neutralizzato, mentre il negoziatore ha più possibilità di convincere i nemici a deporre le armi.

Ready or Not risulta sempre gratificante: un’esperienza profonda in singleplayer, grazie al suo tatticismo e a un gunplay molto solido, ma anche appagante in co-op. Il livello di difficoltà invita a mantenere sempre alta la concentrazione: basta un attimo di distrazione per morire e fallire la missione.

La medesima cura, purtroppo, non si riflette anche sul fronte tecnico, dove emergono con più evidenza i limiti di una produzione indipendente come Ready or Not. Il livello di dettaglio è in generale un po’ arretrato, con modelli e scenari poco rifiniti, l’assenza di illuminazione dinamica e una generale mancanza di pulizia, con compenetrazioni poligonali all’ordine del giorno. Sono presenti due modalità grafiche: una che privilegia la fedeltà visiva e un’altra il frame rate. Quest’ultima è, a mio avviso, la scelta migliore, garantendo i 60 fps stabili.

Il comparto audio, invece, è di ottimo livello: gli effetti sonori di armi e gadget sono convincenti, così come l’acustica ambientale. Il doppiaggio degli NPC, pur con una certa ripetitività, contribuisce al senso di immersione. La colonna sonora, al contrario, non riesce mai a lasciare davvero il segno.

Are you Ready (or Not)?

Ready or Not è un ritorno coraggioso e convincente al genere degli shooter tattici, capace di soddisfare sia i veterani delle operazioni speciali virtuali, sia chi è alla ricerca di un titolo cooperativo intenso e strategico. Il gameplay profondo, il level design ispirato e l’attenzione al realismo lo rendono un’esperienza coinvolgente e gratificante, soprattutto in singleplayer.
Peccato per alcune limitazioni sul fronte tecnico e per una componente narrativa troppo essenziale, che lasciano trasparire l’anima indipendente della produzione. Nonostante ciò, l’opera di Void Interactive dimostra di avere il potenziale per diventare un punto di riferimento moderno del genere.