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Recensione Raging Justice

di: Simone Cantini

C’era una volta un luogo fiabesco, perennemente avvolto da una spessa caligine maleodorante. Un luogo in cui folletti, nani e giganti si rifugiavano per spendere in santa pace il frutto delle loro scorribande, le sonanti monete che facevano parte del loro prezioso tesoro. Ed era qua che, tra sputi, birre ottobrine e risate sguaiate, tutti finivano per fissare i loro occhi su quel magico dispositivo luminoso, al cui interno si agitavano le immagini di individui intenti a darsele di santa ragione. Ecco, spogliate di tutte le astrazioni fantasy quanto appena detto e vi ritroverete, come per magia, in una fumosa sala giochi dei primi anni ’90, il luogo perfetto dove far fagocitare ai coin’op dei brawler a scorrimento le sudate paghette. Proprio gli stessi cassoni a cui Raging Justice si ispira in maniera marcata. Forse pure un po’ troppo…

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Welcome to the jungle

Prendete una città americana a caso del periodo di cui sopra, declinatela seguendo i dettami della filmografia del tempo ed ecco che avrete pronto, in un battibaleno, lo scenario che fa da sfondo ai cazzotti di Raging Justice: una metropoli in mano alla criminalità, il cui sindaco è stato rapito e che toccherà ai tre eroi della nostra “storia” sottrarre alle grinfie del genio malvagio di turno. Rick Justice, Nikki Rage e Ashley King sono gli Haggar, Cody e Guy che andremo ad impersonare stavolta, ognuno dei quali sarà dotato di peculiari abilità (forte/lento, bilanciato, veloce/debole), proprio come nel classico Capcom dei tempi che furono. Spetterà a loro, meglio se in co-op, ripulire i vari livelli della produzione MakinGames dalle ondate di malviventi che gli verranno vomitati addosso, non lesinando pugni e calci volanti come vuole la tradizione. Il combat system è quanto di più classico ci si possa aspettare, ma non per questo i ragazzi del team si sono privati del lusso di concedersi qualche piacevole divagazione sul tema. Oltre alla mossa speciale in dotazione a ciascun personaggio, che dovremo comunque usare con parsimonia visto che intacca la nostra energia vitale, ciascuno stage sarà caratterizzato da alcune sfide opzionali, che ci permetteranno di ottenere bonus, sia in termini di mero punteggio sia sotto forma di vantaggi effettivi lato gameplay. Oltre a dover completare i livelli entro un determinato tempo, effettuare mosse particolari, oppure raccogliere un certo quantitativo di denaro, ogni sezione di gioco presenterà alcuni criminali con una taglia sulla testa, che potremo arrestare (dopo averli storditi) o sconfiggere, il tutto seguendo la classica dicotomia poliziotto buono/poliziotto cattivo. Optare per la prima strada ci permetterà di ottenere bonus salute immediati, mentre qualora decidessimo di non mostrare pietà saranno armi accessorie il nostro premio. Il sistema di task secondari è sicuramente interessante, e riesce a conferire un pizzico di varierà in più allo schema ludico di Raging Justice. Peccato che il tutto finisca con il crollare bruscamente non appena si impugna il pad e cominciamo ad aggirarci per le strade della città.

Lavorare con lentezza

Inutile girarci troppo attorno, il gameplay di Raging Justice non convince affatto, complice una risposta dei comandi semplicemente da dimenticare, a cui si aggiungono una reattività dei personaggi discutibile ed una difficoltà alquanto sballata in più di una sezione. Va bene il voler riproporre uno schema di movimento spartano e legnoso, chiara volontà di omaggiare i classici anni ’90, ma se questa scelta va ad impattare sull’efficacia e la precisione delle nostre mosse è lecito porsi qualche dubbio in merito. Soprattutto se i nostri avversari riescono sempre a mandare a segno i loro colpi, a differenza nostra che invece dobbiamo essere particolarmente precisi. Come se non bastasse, anche raccogliere le armi da terra richiede un posizionamento del nostro avatar ottimale, pena la perdita di preziosi istanti e la sicura esposizione agli attacchi avversari. A chiudere il cerchio delle magagne ci pensano alcune mosse nemiche semplicemente impossibili da evitare, principalmente a causa della risibile mobilità dei nostri eroi, situazione che riesce ad essere oggettivamente frustrante: potevo capirla nei coin’op appositamente progettati per spillare i soldi, ma in un titolo per console viene un po’ arduo giustificare la situazione. Per quanto concerne la longevità generale siamo, invece, in linea con le aspettative relative ad una simile produzione, ma bisogna comunque riconoscere come le sfide interne ed i tre livelli di difficoltà aiutino molto. Riguardo a questa ultima opzione, fa piacere notare come il team abbia ideato un sistema di checkpoint intelligente che, in caso di sconfitta, ci permetterà di continuare la partita da uno qualsiasi degli stage superati, tenendo inoltre conto delle condizioni in cui eravamo al momento del completamento dello stesso. Trascurabile, invece, la modalità Rissa, una sorta di orda in cui dovremo sopravvivere ad ondate di avversari. Peccato che spesso basti un colpo per veder comparire la scritta game over. Niente da dire sul versante tecnico, piacevole quanto basta, ma bisogna dire che la schermata iniziale è veramente orribile da vedere.

Raging Justice è quanto di più vicino ci possa essere, concettualmente parlando, ad un classico brawler a scorrimento anni ’90. Il che non sarebbe neppure un male, se solo il gameplay non fosse afflitto da alcune vistose magagne capaci di renderlo quanto mai frustrante in più di un momento. Legnoso ed impreciso, il titolo MakinGames riesce a guadagnare qualche punticino in più se giocato in cooperativa, ma non certo per meriti propri, quanto più per il mai troppo lodato piacere di condividere il divano con un amico.