Recensione Racket Fury
di: Simone CantiniDa sempre il ping pong lo associo alle calde sere estive, forse perché da ragazzo rappresentava un appuntamento fisso dopo la classica combo passeggiata/gelato che caratterizzava le uscite in compagnia una volta chiusa la scuola per le vacanze. Sfide serrate all’ultima pallina, in quel tavolo situato nel bar in pineta, capaci di tirare fuori la bestia che era in noi, un mix letale di ormoni e spirito competitivo, capace di fare invidia alle auree guerriere dei migliori Tenkaichi. Pur non essendo mai stato un campione, l’ho comunque sempre trovato un ottimo passatempo, che anche in salsa virtuale era riuscito a divertirmi già sul primo headset VR di Sony. Ecco perché non ho potuto resistere alla tentazione di testare il ritorno di Racket Fury nella sua incarnazione per PSVR2, release che mi ha portato a riassaporare ricordi perduti, quasi come se fosse una madeleine digitale. Polline e salsedine esclusi.
Cuori solitari
Come ogni produzione sportiva che si rispetti, anche Racket Fury ha dalla sua una duplice offerta, che si traduce in competizioni offline ed online, oltre all’immancabile sezione di allenamento. Quest’ultima è sicuramente l’opzione meno complessa del pacchetto, sia perché il tennistavolo non presenta chissà quali regole e movenze complesse, sia perché il gioco stesso non fa nulla per esibirsi in chissà quale tutorial: semplicemente ci troveremo davanti al nostro tavolo di gioco, con una IA dalla parte opposta, e qua potremo liberamente sperimentare gesture e comandi, per quanto ridotti all’osso (in pratica avremo solo un tasto che servirà a generare e lanciare la pallina). Insomma, basteranno pochi minuti e vi verrà voglia di cimentarvi in sfide vere e proprie, magari partendo proprio dalla piccola campagna presente nel titolo. Anche in questo caso non ci troviamo al cospetto di un qualcosa di epocale, dato che ad accoglierci avremo una serie di incontri di difficoltà crescente, che ci chiederanno di battere dei simpaticissimi robot. Si tratta di una modalità sicuramente propedeutica all’approdo in rete, dato che gli avversari che ci troveremo a fronteggiare sapranno dare davvero del filo da torcere, così da spingerci ad attuare tattiche sempre più complesse per strappare un punto. Inoltre, la modalità rappresenta anche il modo più snello per accumulare crediti, che potremo investire nello shop in-game per acquistare componenti estetiche per il nostro avatar robotico. Esauriti gli scontri in singolo (ma forse anche prima), verrà sicuramente voglia di confrontare le nostre abilità con la community online, ed è sicuramente questo il terreno in cui Racket Fury riesce a tirare fuori tutto il meglio che ha da offrire in quanto a divertimento.
Fino all’ultima pallina
Sposando la filosofia del tennistavolo, tutto sommato uno sport assai immediato e dalle regole non certo troppo arzigogolate, una volta approdati alla lobby online non dovremo fare altro che scegliere in quale regione competere (Europa, Nord America, Asia, eccetera), per poi dare il via al matchmaking, tra l’altro sempre rapido durante le mie prove. Una volta trovato l’avversario e scelta l’impostazione della fisica, disponibile in modalità reale ed arcade (invero non ho notato tantissime differenze tra i due preset, ma forse è tutto dovuto alla mia citata scarsa abilità), ecco che potremo apprezzare l’eccellente netcode, in grado di assecondare ogni tipo di colpo e movenza. I match sono risultati fluidissimi e dannatamente responsivi, tali da garantire un senso di soddisfazione ed immedesimazione davvero marcato. In tal senso è sintomatico il modo in cui la mia compagnia, di solito refrattaria ai videogames, mi ha letteralmente strappato i Sense Controller dalle mani, per trascorrere un intero pomeriggio a scalare la classifica mondiale. Per la cronaca è arrivata al 14esimo posto: sì, è più brava di me a ping pong. A tal proposito il gioco presenta due leaderboard distinte, una per la modalità arcade ed una per la realistica, che si resettano all’incirca una volta al mese, così da lasciare sempre la porta aperta alla voglia di emergere che alberga in ognuno di noi, oltre che a garantire uno stimolo costante a vecchi e nuovi giocatori. Naturalmente sarà possibile anche cimentarsi in scontri privati con i nostri amici, tramite il classico sistema di inviti.
E io pago!
Insomma, a ben vedere Racket Fury si presenta all’appello con un pacchetto decisamente standard, non certo in grado di far strabuzzare gli occhi in quanto a varietà. Allora come mai il giudizio è risultato assai lusinghiero? Beh, i motivi sono da riscontrare nell’ottima gestione dei meccanismi di gioco, capaci di accompagnare una fisica di colpi e rimbalzi dannatamente credibile e realistica, ad una perfetta tracciatura delle movenze del nostro avatar, con il quale sarà possibile dare vita ad ogni tipo di colpo, sia esso una brutale schiacciata, un colpo liftato o una subdola battuta ad effetto. Condite il tutto con il citato matchmaking puntuale, un netcode solido ed una presentazione davvero accattivante, che può contare sulla caratterizzazione robotica degli avatar davvero azzeccata, ed ecco che il quadretto della produzione targata Pixel Edge Games non può che essere completo e soddisfacente. Nessun difetto, allora? Beh, non proprio, dato che il modo in cui il team ha deciso di gestire l’upgrade a questa nuova versione non è proprio dei più user friendly: in pratica se avete già acquistato la versione PSVR dovrete ricomprare tutto da capo, dato che non è presente la possibilità di effettuare un aggiornamento alla nuova versione a prezzo ridotto: un vero peccato.
Racket Fury non si produce in chissà quali mirabolanti evoluzioni in fatto di proposta e messa in scena, srotolando un pacchetto tutto sommato alquanto prevedibile e scontato. I meriti del titolo, difatti, sono da riscontrare essenzialmente nell’eccellente gameplay che regola il tutto, che si è dimostrato capace di riproporre in salsa virtuale tutto il divertimento del tennistavolo. Ad una fisica credibile e convincente si va ad affiancare una buonissima resa dei match, sia che si scelga di affrontare un avversario controllato dall’IA che uno in carne ed ossa, per quanto lontano da noi. E dato l’ottimo netcode, neppure la lontananza dallo sfidante rappresenta un limite al nostro coinvolgimento e alla perfetta resa delle partite. Insomma, che siate solitari o inclini alla competizione più sfrenata, non ci sono davvero validi motivi per cui dovreste tenervi alla lontana da Racket Fury. Upgrade a prezzo pieno escluso.