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Recensione Q*bert Rebooted

Magari se avete vissuto il magico periodo delle fumose sale giochi o delle prime incarnazioni casalinghe dei meravigliosi coin op dell’epoca, di sicuro saprete già che non c’era bisogno di Ralph Spaccatutto o del quasi omonimo clone del professor Farnsworth per essere al corrente dell’esistenza di Q*bert. La stramba palla semi antropomorfa ha accompagnato con onore l’ascesa (e relativa discesa) dell’intrattenimento videoludico, per poi sparire nel nulla. O quasi, dato che le conversioni non si sono sprecate. E poteva dunque mancare di impreziosire anche le line up delle macchine nostrane?

di: Simone Cantini

Magari se avete vissuto il magico periodo delle fumose sale giochi o delle prime incarnazioni casalinghe dei meravigliosi coin op dell’epoca, di sicuro saprete già che non c’era bisogno di Ralph Spaccatutto o del quasi omonimo clone del professor Farnsworth per essere al corrente dell’esistenza di Q*bert. La stramba palla semi antropomorfa ha accompagnato con onore l’ascesa (e relativa discesa) dell’intrattenimento videoludico, per poi sparire nel nulla. O quasi, dato che le conversioni non si sono sprecate. E poteva dunque mancare di impreziosire anche le line up delle macchine nostrane?

Balzi letali

Cercare una trama in Q*bert Rebooted ha la stessa utilità dell’andare a signorine sprovvisti di denari: praticamente nessuna. Gli inizi degli anni ’80, difatti, rappresentano l’El Dorado dei cultori del gameplay duro e puro, coloro che schifano senza ritegno anche il minimo accenno di narrativa e che vedono nella supremazia dell’azione l’unico modo di portare avanti il nome dei videogiochi. Ecco quindi che ci ritroveremo semplicemente a controllare, privi di un reale scopo, il nostro simpatico mostriciattolo nel tentativo di colorare, saltellandoci sopra, i vari blocchi di cui sono composti gli stage. All’inizio l’operazione apparirà semplice, quasi banale, dato che non dovremo fare altro che preoccuparci di non cadere fuori dall’area di gioco. Le cose si faranno più complicate con l’avanzare del gioco, dato che alcuni fastidiosi ostacoli arriveranno a rendere più difficoltosa la spensierata esistenza di Q*bert: il letale serpente Coily, i dispettosi Slick e Sam, capaci di ricolorare a loro piacimento i blocchi già lavorati, oltre a tutta un’altra sfilza di ostacoli da non sottovalutare. Il nostro Q*bert, fortunatamente, potrà contare oltre che sulla sua abilità motoria anche su due dischi posti ai lati del livello che, una volta utilizzati, porteranno la palla in cima alla piramide, fornendo una rapida via di fuga. Questa è l’ossatura di gioco, che abbraccia sia l’originale (riproposto fedelmente all’interno del pacchetto), sia la versione rimasterizzata per l’occasione. Quest’ultima sarà caratterizzata da un’ulteriore difficoltà, rappresentata dalle stelle che è possibile accumulare di livello in livello: il loro numero varierà a seconda del punteggio, del tempo e delle vite impiegate per completare gli stage e, oltre ad alimentare l’ego del giocatore, serviranno per avanzare lungo il tabellone di gioco. Ogni sezione, difatti, richiede un determinato numero di astri per essere reso accessibile, fattore che costringerà il giocatore a ripercorrere porzioni già affrontate nel tentativo di accumulare il punteggio richiesto. Le stelle verranno anche utilizzate per sbloccare nuovi personaggi giocabili, giusto per dare ulteriore colore e senso a questo reboot.

Strane sensazioni

Ovviamente è fuori luogo pensare di trovarsi al cospetto di una grafica sfavillante non appena decidiamo di avviare la versione originale di questo classico intramontabile. E lo stesso si può quasi affermare anche per quanto concerne il reboot: il design generale è rimasto pressoché invariato, seppur ovviamente dotato di una maggiore pulizia e cura visiva. Va comunque sottolineato come, avendo vissuto in prima persona quegli anni, faccia un po’ strano mettersi al comando di questo nuovo Q*bert Rebooted: una sensazione familiare e straniante allo stesso tempo. Diciamo, comunque, che nel complesso il restyling funziona. Discorso differente per il sonoro che, a causa del suo essere fortemente elettronico ed acido, ha finito con il risultare davvero fuori luogo. A stupire maggiormente in negativo, però, sono i controlli generali, i quali sono risultati spesso imprecisi e incapaci di rivaleggiare con l’originale. Davvero inspiegabile.

Fuori tempo massimo? Fermo restando che si tratti di un classico oramai intoccabile, bisogna comunque riconoscere come nel panorama odierno sia davvero difficile trovare uno spazio per Q*bert Rebooted. Il gioco c’è tutto (ed anche di più) e funziona, ma a dispetto di altre pietre miliari (chi ha detto Tetris?) è davvero arduo trovare lo stesso appeal di un tempo. La nuova veste, per quanto strana, è comunque piacevole e l’elevata longevità farà di sicuro la gioia di tutti i nostalgici e di coloro che hanno voglia di fare un tuffo nel passato, ma questo amore quanto potrà mai durare?