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Recensione Prince of Persia: The Lost Crown

di: Luca Saati

Per quanto io possa amare la serie Assassin’s Creed, c’è una cosa che non riuscirò mai a perdonargli: quella di aver annullato del tutto la saga di Prince of Persia con cui sono cresciuto nella generazione di Playstation 2. Il primo storico capitolo della serie degli assassini era nato originariamente come un nuovo capitolo dedicato al principe di Persia per poi tramutarsi in ben altro diventando la gallina dalle uova d’oro di Ubisoft. Gli assassini, con il loro parkour e la lama celata, hanno fatto finire nel dimenticatoio le corse sui muri e i viaggi nel tempo del principe che, col passare del tempo, non ha più ritrovato una sua identità. Complice di tutto ciò è anche il grande cambiamento di un’industria videoludica che negli anni ha spostato la sua attenzione sulle grandi esperienze open world a discapito di quelle più lineari costrette a perire o a reinventarsi come nel caso di God of War. Prince of Persia: The Lost Crown arriva come una benedizione per la serie di Ubisoft con la speranza che rappresenti solo l’inizio di un nuovo e prosperoso futuro.

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Gli Immortali

Il regno di Persia è sotto la protezione degli Immortali, un gruppo di élite composto da 7 fratelli e sorelle che hanno combattuto innumerevoli battaglie insieme. Sargon, protagonista del gioco, si è unito solo di recente ai 7 mettendo subito il suo coraggio, le sue abilità e il suo grande potenziale. Nonostante i persiani abbiano vinto l’ultima importante guerra grazie proprio all’intervento di Sargon e degli Immortali, il regno non se la sta passando molto bene con un clima di crisi e ostilità che si respira sin dai primi dialoghi in cui il gioco presenta i vari personaggi. Tra questi vi è il Principe Ghassan, l’erede al trono, che durante i festeggiamenti per la recente vittoria viene rapito portando Sargon e i suoi compagni in una missione di salvataggio sul Monte Qaf. Un luogo questo che si rivela inospilate e colpito da una maledizione che mette a dura prova il gruppo di guerrieri con i suoi pericoli e misteri.

Nelle sue 25 ore circa per arrivare ai titoli di coda, la storia di Prince of Persia: The Lost Crown si rivela avvincente e sempre in grado di stuzzicare l’interesse. Forse non stupisce tanto per i suoi colpi di scena, ma nel suo insieme funziona ed è riuscita a tenermi incollato allo schermo quel che è nessario per scoprire i suoi misteri. Merito anche di un protagonista carismatico e ben caratterizzato, al contrario i suoi comprimari lasciano un po’ a desiderare e non possono vantare la medesima cura. L’unico limite narrativo dell’opera di Ubisoft Montpellier è dovuto proprio alla natura non propriamente da tripla A che non ha permesso agli sviluppatori di enfatizzare alcuni momenti con quel tocco cinematografico che avrebbe reso il tutto ancora più entusiasmante.

Poteri del tempo

La fase iniziale di Prince of Persia: The Lost Crown permette ovviamente di impratichirsi con quello che è un gameplay molto classico per un action/platform 2D. Con il tasto A (ho testato la versione Xbox Series X) si salta, con X si sferranno gli attacchi con la spada, con il grilletto destro si schiva e infine con il sinistro si para. Procedendo si va più a fondo di questo sistema tra attacchi speciali utilizzando l’Athra, un’energia sacra indicata da una barra in basso a destra dello schermo, e varie tipologie di nemici in grado di sferrare colpi che non si possono parare (indicati dal colore rosso) e altri invece che se parati consentono di effettuare un’uccisione istantanea (colore oro).

Ma è una volta arrivati sul Monte Qaf che il gioco dà il meglio di sé e svela tutto il suo potenziale. In breve tempo Sargon troa un arco con cui colpire i nemici con le frecce o da lanciare simulando un boomerang. E poi ci sono i Poteri del Tempo con cui il protagonista può alterare lo spazio e il tempo tra schivate in volo, una sorta di teletrasporto e così via (mi fermo qui per non rovinarvi la sorpresa). Se ciò non bastasse ci sono oltre 65 nemici unici e una serie di scontri con i boss pronti a regalare sempre qualche sorpresa e adattare il proprio stile di combattimento per le giuste contromisure. Prince of Persia: The Lost Crown è un titolo impegnativo già al livello intermedio e capace di regalare immense soddisfazioni durante i numerosi combattimenti che richiedono di sfruttare al meglio le tante possibilità offerte dal sistema.

E poi c’è tutta la componente esplorativa caratterizzata da sequenze platform di spessore e una labirintica struttura della mappa come un metroidvania che si rispetti. Bisogna davvero fare un plauso agli sviluppatori di Ubisoft Montpellier per il level design preciso e meticoloso del Monte Qaf tra scorciatoie da sbloccare, puzzle ambientali e aree irraggiungibili senza il giusto potere spingendo, come da tradizione per il genere, a un po’ di sano backtracking per scoprire tutti i segreti della mappa. Utile a tal proposito la meccanica che consente con un tasto di scattare uno screenshot e di fissarlo sulla mappa per tenere traccia dei percorsi bloccati o di un punto d’interesse. Inoltre all’inizio del gioco è possibile scegliere tra due modalità di esplorazione: la prima riduce all’essenziale gli indicatori sulla mappa lasciando al giocatore la massima libertà durante l’esplorazione; la seconda è invece più guidata con un maggior numero di indicatori sulla mappa. Si può passare dall’una all’altra in qualsiasi momento tramite le impostazioni, la scelta dipende soprattutto da che tipo di esperienza ciascun giocatore cerca.

La progressione va di pari passo con le migliorie del personaggio. Eliminando i nemici o semplicemente esplorando la mappa si raccolgono dei cristalli che fungono da moneta utilizzabile presso gli appositi venditori. C’è la guida Fariba che con un piccolo esborso aggiorna la mappa e offre qualche piccolo consiglio; il negozio di Mage con diversi oggetti acquistabili che permettono ad esempio di espandere le pozioni e le frecce trasportabili; il fabbro Kaheva che potenzia le armi e gli amuleti; infine il maestro di spade Artaban che offre una serie di sfide molto utili per perfezionare le tecniche di combattimento e guadagnare qualche cristallo. Tra i tanti oggetti acquistabili e potenziabili abbiamo gli amuleti, reperibili tra le altre cose anche nel mondo di gioco. Il protagonista indossa una collana con una serie di slot, ogni amuleto ha un costo in termini di slot e permette di ottenere una serie di abilità passive tra danni con la spada aumentati, la possibilità di recuperare salute con una parata, uno slot di salute extra e così via. Peccato che la personalizzazione del protagonista si limiti solo agli amuleti e a poco altro, avrei gradito uno skill tree più articolato che avrebbe donato all’esperienza di gioco molta più profondità.

Insomma oltre alla quest principalePrince of Persia: The Lost Crown propone una buona quantità di contenuti aggiuntivi con una manciata di missioni extra a cui si aggiungono una serie di collezionabili e boss secondari. Credo che per raggiungere il 100% ci vorranno non meno di 35/40 ore.

Monte Qaf

Prince of Persia: The Lost Crown è un piacere per gli occhi grazie alla palette di colori scelta e al comparto artistico davvero ispirato. Molto buona la modellazione poligonale del protagonista e dei comprimari, ma a stupire in particolar modo è la varietà offerta dall’ambientazione con 13 biomi differenti tra foreste lussureggianti, umide e sporche segrete, templi, mare in tempesta e molto altro ancora. Il tutto gira su Xbox Series X a una risoluzione 4K e 120 fps fluidissimi (a patto di avere uno schermo che supporta i 120hz). Buono il doppiaggio in inglese (i testi sono in italiano), mentre la colonna sonora non mi è rimasta impressa nella mente come è accaduto con altre opere della casa francese.

Commento finale

Prince of Persia: The Lost Crown è un metroidvania 2D di grandissima qualità grazie al suo intricato level design, combattimenti impegnativi e sequenze platform sopraffine. L’opera sviluppata da Ubisoft Montpellier è un must have non solo per tutti gli appassionati del genere, ma anche per chi vuole iniziare al meglio questo 2024 videoludico. La speranza è che questa non sia una mosca bianca, ma rappresenti un nuovo inizio sia per la saga di Prince of Persia che per Ubisoft che nell’ultimo anno non si è dimostrata particolarmente in forma.