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Recensione Persona Q: Shadow of the Labyrinth

Non è certo strano imbattersi in curiose filiazioni quando si parla di saghe longeve come quella di Shin Megami Tensei. Impossibile, difatti, mantenere alta l’attenzione del giocatore all’interno di alcuni cliché che, spesso, potrebbero annoiare chi è sempre in cerca di gustose variazioni sul tema. Ecco, quindi, che il popolare brand di casa Atlus, ad un certo punto della sua crescita, ha finito per scindersi, dando vita all’universo di Persona. Forte di un quarto capitolo che, pur avendo esordito in origine su PS2, è tornato recentemente a far parlare di sé grazie ad un fortunato porting per PS Vita, la casa nipponica ha visto bene di coccolare i fan di questa genia digitale grazie a Persona Q: Shadow of the Labyrinth, titolo esclusivo per Nintendo 3DS che segna il ritorno di Teddy e compagnia, ai quali si affiancano i protagonisti di Persona 3.

di: Simone Cantini

Non è certo strano imbattersi in curiose filiazioni quando si parla di saghe longeve come quella di Shin Megami Tensei. Impossibile, difatti, mantenere alta l’attenzione del giocatore all’interno di alcuni cliché che, spesso, potrebbero annoiare chi è sempre in cerca di gustose variazioni sul tema. Ecco, quindi, che il popolare brand di casa Atlus, ad un certo punto della sua crescita, ha finito per scindersi, dando vita all’universo di Persona. Forte di un quarto capitolo che, pur avendo esordito in origine su PS2, è tornato recentemente a far parlare di sé grazie ad un fortunato porting per PS Vita, la casa nipponica ha visto bene di coccolare i fan di questa genia digitale grazie a Persona Q: Shadow of the Labyrinth, titolo esclusivo per Nintendo 3DS che segna il ritorno di Teddy e compagnia, ai quali si affiancano i protagonisti di Persona 3.

La tana del bianconiglio

La scuola è sempre stato uno dei cardini attorno al quale si sono sviluppate le vicende narrate in Persona 3 e Persona 4, quindi è più che lecito trovare in questo familiare ambiente la scintilla da cui scaturiscono le vicende narrate in questo dungeon crawler. Sia che si scelga di iniziare a giocare con i membri dello Specialized Extracurricular Execution Squad che dell’Investigation Team, sarà l’istituto superiore Yasogami ad ospitare gli elementi ludici dell’intera avventura, che ci porterà ad esplorare letali dungeon nel tentativo di venire a capo della misteriosa comparsa di una sinistra torre nel cortile della scuola. Oltre che a permetterci di fuggire da questa sorta di realtà alternativa. Ovviamente, ad un certo punto della vicenda, il destino dei due gruppi finirà per fondersi, rendendo di fatto disponibile all’utilizzo l’intero cast di entrambi gli episodi, fattore che aumenta in maniera esponenziale le possibilità tattiche offerte da Persona Q: Shadow of the Labyrinth.

Carta penna e tanta pazienza

Ah, a dispetto della spasmodica ricerca di steroidi neogenerazionali, ogni tanto fa sempre piacere immergersi in meccaniche legate ad un passato tanto piacevole quanto remoto. Rispolverando sadicamente il modus giocandi dei dungeon crawler del tempo che fu, operazione tra l’altro già compiuta sapientemente dalla saga diEtrian Odyssey, questo omaggio di Atlus alla saga di Persona ci catapulterà all’interno di alcuni labirinti sotterranei, suddivisi in arcaici riquadri, all’interno dei quali ritroveremo familiari esemplari del bestiario caro al brand, oltre ad alcune new entry create ad hoc. Data l’intricata natura dei livelli, ricchi di passaggi segreti e punti di interesse che sarà necessario visitare più volte, torna quanto mai utile la versione 2.0 del vecchio blocco note cartaceo, adesso sostituito dallo schermo tattile del 3DS: grazie al pennino, difatti, sarà possibile disegnare in tempo reale la mappa di gioco, segnare scorciatoie e quanto altro, oltre ad annotare quello che riteniamo possa tornare utile. Tutto molto vintage e divertente, se non fosse che a causa della necessità di utilizzare praticamente ogni pulsante ospitato sulla console, navigare, interagire e disegnare risulti alla fine decisamente scomodo: a meno che non siate cartografi nell’intimo, quindi, dopo pochi minuti opterete per attivare il ben più fruibile automap. Ed il resto? Se siete avvezzi alla saga di Persona, e dovete per forza di cose esserlo se avete in mente di acquistare il gioco in questione, prendere dimestichezza con il combat system sarà una passeggiata: pronti a cimentarvi in scontri a turni regolati dalla medesima possibilità di azione vista negli episodi canonici della serie? Differenza principale è che adesso ogni personaggio potrà equipaggiare un Persona secondario, il quale andrà ad ampliare il numero di colpi ed incantesimi del portatore, i quali saranno incrementati a loro volta man mano che aumenteremo di livello, oppure qualora ne daremo origine a dei nuovi tramite la fusione. Tra una sortita e l’altra, tornando tra le sicure mura della Yasogami, sarà possibile contare sull’aiuto di Margaret, la bionda abitante della Velvet Room, che almeno inizialmente fungerà da medico e mercante. Purtroppo i suoi servigi avranno un costo decisamente salato, fattore che rende il grinding necessario per portare più agevolmente a termine il gioco: la difficoltà complessiva, difatti, si è rivelata decisamente ostica anche i livelli più bassi, fattore che unito al costo spropositato di equipaggiamenti, oggetti di consumo e cure, vi costringerà a girovagare per ore nella speranza di accumulare preziosi oggetti da rivendere all’esosa biondina. Non manca anche una serie di semplici side quest, le quali hanno il compito di spezzare un poco l’azione prettamente ruolistica, oltre che a dare vita a siparietti imperdibili per tutti coloro che già hanno saputo affezionarsi a questo indovinatissimo cast.

Quel motivetto che fa…

Uno dei motivi che hanno fatto attecchire Persona nell’animo dei giocatori è senza dubbio da riscontrare nella colonna sonora scritta da Shoji Meguro, la quale torna prepotentemente a scaldare i cuori (e le orecchie) in Persona Q: Shadow of the Labyrinth grazie a familiari motivi e ad una manciata di brani inediti. Leggermente stravolto, invece, l’aspetto grafico generale, con personaggi adesso ritratti secondo un inusuale stile chibi che, se a prima vista potrà far storcere il naso, finirà ben presto con lo sposarsi molto bene con le atmosfere più scanzonate che caratterizzano lo spin-off.

Fan service a profusione? Certo, però di indubbia qualità. Persona Q: Shadow of the Labyrinth è la dimostrazione tangibile di come un brand possa essere contemporaneamente sia una bieca operazione commerciale, sia un gioco in grado di accontentare contenutisticamente e qualitativamente i fan del franchise spremuto. Tosto e longevo, il gioco ha il pregio di calare meccaniche e personaggi noti in un universo alternativo, modificandone in lieve parte la natura ma non rinunciando a far leva sugli elementi che hanno reso la serie Persona tanto amata e popolare. E in un momento storico in cui si tende a sovrasfruttare saghe ben più remunerativi non è certo un aspetto da sottovalutare.