Recensione Outlast
No, ancora non è giunto il momento. Per Driveclub, intendiamo. Infatti anche questo mese che, sulla carta, dovrebbe fornirci un timido assaggio di primavera, il corsistico targato Evolution non ha staccato il biglietto della Instant Game Collection, lasciando cavallerescamente il passo all’orrido Outlast. Ecco, ora non fraintendete quell’aggettivo messo non a caso accanto al nome del titolo Red Barrels che, lo ammettiamo, a prima vista può essere davvero fuorviante. Non limitatevi a leggerlo in modo superficiale, ma scavate sino a raggiungere le profondità del suo reale significato. Fatto? Bene, benvenuti al manicomio di Mount Massive.
di: Simone CantiniNo, ancora non è giunto il momento. Per Driveclub, intendiamo. Infatti anche questo mese che, sulla carta, dovrebbe fornirci un timido assaggio di primavera, il corsistico targato Evolution non ha staccato il biglietto della Instant Game Collection, lasciando cavallerescamente il passo all’orrido Outlast. Ecco, ora non fraintendete quell’aggettivo messo non a caso accanto al nome del titolo Red Barrels che, lo ammettiamo, a prima vista può essere davvero fuorviante. Non limitatevi a leggerlo in modo superficiale, ma scavate sino a raggiungere le profondità del suo reale significato. Fatto? Bene, benvenuti al manicomio di Mount Massive.
O lo scoop o la vita!
Miles Upshur è un giornalista di belle speranze che, come tutti coloro che si guadagnano da vivere scrivendo, è sempre in cerca di uno scoop da documentare. L’occasione per inanellare un nuovo successo giunge per mezzo di una mail, all’interno della quale un misterioso informatore documenta alcuni fatti assai strani avvenuti all’interno del sanatorio di Mount Massive. Il fiuto non mente mai e Miles non può fare a meno che salire a bordo della sua auto, assieme al suo taccuino e all’inseparabile telecamera, diretto verso la casa di cura e intenzionato più che mai a fare luce su queste inquietanti voci. Peccato che, ben presto, quella che era iniziata come una semplice indagine giornalistica finirà ben presto per assumere i contorni più diabolici dell’incubo: qualcosa è successo a Mount Massive, un qualcosa capace di gettare nel caos tutto e tutti, rendendo quelle mura più simili ad una letale trappola che ad un luogo in cui lenire le ferite della psiche umana. Ecco, sembra quasi di essere tornati agli albori del survival horror più genuino, tempi in cui bastava una villa (poco importa che si chiamasse Derceto o Spencer) per trasformare una banale storia da b-movie in un concentrato di tensione e divertimento.
Alone in the dark
Avete già giocato a Clock Tower, Haunting Ground oppure al più recente Silent Hill: Shattered Memories? Se la risposta è affermativa avete già in mano tutti gli elementi del gameplay di Outlast. Per tutti gli altri ci prodigheremo nell’illustrare cosa ci troveremo davanti una volta varcate le finestre (ehm) di Mount Massive. Prima di tutto dite in fretta addio alla confortante e fredda canna dell’immancabile, per un horror odierno, pistola di un qualsiasi calibro. E anche al calcio di un fucile, il nastro di una minigun o ad una più scoppiettante sacca di granate. E allora, come fare per avere la meglio sugli orrori che si aggirano per la casa di cura? La risposta, per quanto banale, è anche la più ovvia: correndo e nascondendovi. Poco importa se sotto una scrivania, dentro un bagno o all’interno di un armadietto, l’importante in Outlast sarà nascondersi rapidamente alla vista dei nostri nemici dato che, in questo caso, la penna non ne ferirà più della spada. Miles, difatti, non potrà contare su nessun tipo di arma e, di conseguenza, anche solo il pensiero di ingaggiare una lotta con i pazienti del manicomio avrà come unico risultato il game over. Il nostro cronista potrà fare affidamento, oltre che al suo istinto di sopravvivenza, sulla sua telecamera, unica fonte di luce (grazie al visore ad infrarossi) in grado di guidarlo nelle tutt’altro che infrequenti situazioni di completa oscurità. Ovviamente, come ogni buon device elettronico ci ha insegnato negli anni, anche il nostro camcorder avrà bisogno di batterie per poter funzionare e visto che la visione termica ha il lodevole pregio di prosciugarle avidamente, non sarà infrequente scegliere di azzardare qualche passo avvolti dalle tenebre più complete. Fortunatamente esplorando la struttura sarà possibile imbatterci, di tanto in tanto, in ricariche supplementari, indispensabili per rendere meno ardua la nostra corsa verso la salvezza. Data l’assenza di enigmi o ampie sezioni esplorative, banalmente potremmo ridurre il gameplay ad una sorta di nascondino dalle tinte horror, ma sarebbe davvero ingeneroso liquidare così il titolo Red Barrels. A dispetto di un concept assai basilare, Outlast ha l’indubbio pregio di riportare il genere dei survival horror alle sue radici più pure, quelle in cui bastava un luce tremolante od uno scricchiolio in lontananza a far correre un freddo brivido lungo la schiena. L’impossibilità di lottare, inoltre, rende giustizia all’essenza stessa della parola survival, fin troppo accostata distrattamente a tante produzioni moderne: complice una direzione artistica che, seppur non originale, riesce ad inquietare in maniera efficace, l’avventura tra le mura di Mount Massive rappresenta un vera boccata di vecchia aria fresca nel panorama dei titoli ad alta tensione.
Buh!
Nonostante le nuove macchine il motore sotto il cofano è rimasto il medesimo di tante scorribande fa. Outlast, difatti, si basa interamente sul caro e vecchio Unreal Engine 3che, seppur presentato nello splendore dei 1080p animati a 60 fotogrammi al secondo, tutto fa tranne che rendere giustizia ad un hardware che dovrebbe essere considerato di nuova generazione. Questo sia ben chiaro, non significa certo che la resa visiva del lavoro Red Barrels sia scadente, anzi, solo che non utilizzerete l’avventura di Miles Upshur come tech demo con cui annichilire la vista dei vostri amici ancora legati alle vecchie macchine. La resa grafica complessiva è comunque buona, grazie soprattutto ad un sapiente uso delle fonti di illuminazione, capaci di trasmettere un senso di precarietà e pericolo ad ogni nostro passo. Però un horror non può essere definito tale senza un comparto audio di tutto rispetto e, almeno sotto questo punto di vista, possiamo tranquillamente affermare che Outlast raggiunge vette di tutto rispetto: voci sommesse, cigolii inquietanti, folli borbottii ed urla strazianti ci riusciranno a tagliarci cuore e orecchie in maniera chirurgica, aumentando in maniera considerevole la tensione che si respira palpabile metro dopo metro. Anzi, fatevi un favore e giocatevi il tutto in cuffia, possibilmente al buio e con un paio di mutande di riserva al vostro fianco.
Outlast stravolge il concetto di survival horror a cui siamo, ahinoi, stati costretti ad abituarci negli ultimi anni. Complice, magari, il suo essere nato su di una piattaforma (il PC) che pare rifuggire in maniera più consistente la corsa al blockbuster in grado di adattarsi alle moderne leve del videogaming moderno, oramai incapaci di giocare anche solo al più abusato dei Tetris senza stringere in mano un arma da fuoco. Il suo mix di attese snervanti e fughe in cui una piccola esitazione può essere la discriminante tra vivere e morire, Outlast non è certo un titolo per tutti: o meglio, è un titolo indicato a chi ama la paura, quella vera, dettata unicamente dalla consapevolezza di poter contare unicamente sul nostro innato istinto di sopravvivenza per poter portare a casa la pelle. Decisamente sconsigliato a chi fa colazione con latte e pallottole, solo per poi svenire spaventato al cospetto della propria ombra.