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Recensione Orbit

Orbit non è un gioco single player: non ha una modalità campagna, un comparto online, e nemmeno un qualsiasi tipo di I.A. 
Una premessa doverosa per chi, come me, ha passato (o potrebbe passare) diverso tempo a navigare tra i menù alla ricerca di una schermata che gli consentisse l'accesso al suddetto gioco, senza alcun successo. Il titolo, sviluppato dai ragazzi di 4 Bit Games per PC e Xbox One, infatti, mette a disposizione del giocatore una serie di modalità fruibili esclusivamente in multiplayer locale precludendo ogni altra forma di interazione col software.
Il "gioco" varrà la candela? 
Vediamo di scoprirlo.

di: Luca "RukaManni" Manni

Orbit non è un gioco single player: non ha una modalità campagna, un comparto online, e nemmeno un qualsiasi tipo di I.A. 
Una premessa doverosa per chi, come me, ha passato (o potrebbe passare) diverso tempo a navigare tra i menù alla ricerca di una schermata che gli consentisse l’accesso al suddetto gioco, senza alcun successo. Il titolo, sviluppato dai ragazzi di 4 Bit Games per PC e Xbox One, infatti, mette a disposizione del giocatore una serie di modalità fruibili esclusivamente in multiplayer locale precludendo ogni altra forma di interazione col software.
Il “gioco” varrà la candela? 
Vediamo di scoprirlo.

Botte da Orbi(t)

Orbit richiama alla mente un grande classico dell’industria videoludica come Asteroids, con cui condivide la grafica vettoriale delle navicelle e, per certi versi, il gameplay.
Scopo dei giocatori, in buona sostanza, e scontrarsi all’interno di un’arena attraverso le nove modalità che il gioco mette a disposizione spaziando dalla classica “tutti contro tutti” ad un insolito pong “spaziale” che sfrutta le navette in maniera del tutto simile a delle racchette.
La vera peculiarità di questo titolo, però, è rappresentata dal buco nero posto al centro del piano di gioco il quale genera una serie di campi gravitazionali in grado di risucchiare il velivolo o lanciarlo da una parte all’altra dello schermo generando una forza propulsiva che sopperisce all’uso del carburante del mezzo. Ogni navetta, infatti, per compiere qualsiasi tipo di azione, dal semplice movimento all’uso dei missili, consuma energia che, per essere ricaricata, necessita di ridurre al minimo le capacità della navetta, pena il surriscaldamento e la conseguente esplosione del velivolo. In sostanza, vi è la necessità di rimanere fermi e proprio per questo i campi gravitazionali svolgono un ruolo fondamentale nell’economia del gioco, consentendo di poter percorrere l’intera arena in breve tempo, schivare attacchi nemici o aggirare i propri avversari.
La forza e il numero delle “orbite” varia da una arena all’altra, in quanto vengono generate casualmente, così come il piano di gioco, che propone migliaia di galassie e costellazioni diverse.
Orbit mette a disposizione tre tipologie di navicelle, ognuna con la propria autonomia in termini di carburante e le proprie abilità: Balista, Warp, e Shield.
Come si può facilmente desumere dai nomi, la prima è in grado di sparare un numero maggiore di missili prima di doversi ricaricare, la seconda può “teletrasportarsi” per brevi distanze e la terza genera uno scudo direzionabile che riflette gli attacchi nemici. L’introduzione di un sistema di level up e upgrade, inoltre, garantisce un certo tasso di rigiocabilità e gli ottimi effetti particellari sono davvero piacevoli alla vista e ben si sposano con la grafica vettoriale retrò delle navicelle.
Purtroppo, l’esperienza di gioco risulta profondamente mutilata dalla totale mancanza di una modalità a un solo giocatore e, per quanto possa risultare divertente all’inizio, sul lungo periodo il titolo non riesce a generare un appeal sufficiente a evitargli il dimenticatoio.

Conclusione

La scelta di incentrare l’intero gameplay sulle sole modalità in multiplayer locale non paga tenendo conto di un mercato videoludico sempre più incentrato sulla condivisione e sul gioco online.
Nonostante possa divertire all’inizio, l’impossibilità di una fruizione in single player rende Orbit un non-gioco che strizza l’occhio ai coin-op degli anni ’80, ma è evidente come non basti il semplice effetto nostalgia a giustificarne l’acquisto. Lo store Microsoft offre titoli di ben altra caratura con cui potersi divertire (anche) in compagnia.