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Recensione Onimusha 2: Samurai’s Destiny

di: Simone Cantini

Sarebbe da miopi e superficiali non riconoscere a Capcom l’aver dato vita ad un quantitativo spropositato di proprietà intellettuali originali, tra le altre cose in grado di spaziare tra i generi più differenti. Senza andare a scomodare classici come Street Fighter o Mega Man, per non parlare di quel fenomeno schiacciasassi che risponde al nome di Monster Hunter, il sottobosco della casa di Osaka è quanto mai variegato e sconfinato. Tra queste abbiamo un preciso trend produttivo che, ricalcando in forme differenti la strada tracciata da Resident Evil, è riuscito a ritagliarsi un posto di spicco nel cuore dei giocatori, ancora non pronti a dimenticare i dinosauri di Dino Crisis o i demoni di quella serie pronta a tornare in pompa magna nel 2026. Che però non ha disdegnato di ricordare a tutti parte delle proprie origini per mezzo di Onimusha 2: Samurai’s Destiny, versione rimasterizzata dell’avventura di Jubei e compagni.

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Demoni e compari

La storia che fa da sfondo alle vicende di Onimusha 2: Samurai’s Destiny, come prevedibile, è rimasta la stessa che abbiamo imparato a conoscere nel 2002, e vedrà il samurai Jubei intento a fermare la minaccia delle truppe di un demoniaco e redivivo Nobunaga Oda. Assieme a lui ritroveremo ancora una volta la misteriosa Oyu, il possente Eikei, il cecchino Magoichi ed il ninja Kotaro, pronti a dare una mano al bisogno, a patto di aver instaurato con loro un rapporto di fiducia ed amicizia, tramite la feature che ci permetterà di fare loro dei regali. Un viaggio che ci catapulterà in un Giappone feudale in cui demoni ed umani si troveranno a lottare tra loro, in una maniera che risulta davvero difficile non scorgere anche nei recenti NiOh, che paiono davvero aver preso pesantemente ispirazione dalla saga Capcom (ed alcuni video delle prime fasi dello sviluppo del titolo Koei avevano tanto in comune proprio con Onimusha).

A prescindere da figli più o meno legittimi, la sceneggiatura non è certo il punto forte di Onimusha 2: Samurai’s Destiny, che se poteva essere accettabile nel 2002, oggi presta il fianco ad una serie di ingenuità impressionanti: ad alcuni dialoghi davvero esilaranti, loro malgrado, per pura costruzione stilistica, si accompagna un susseguirsi di eventi sconclusionati e pieni di momenti puramente trash. Gli stessi personaggi sono tratteggiati in maniera sin troppo superficiale e a tratti stereotipata, e si produrranno in comportamenti e battute ai limiti del risibile. Se preso con il giusto peso, però, tutto assume connotati coerenti con quella tamarraggine che si è sempre annidata in parte delle produzioni della casa di Osaka, con quell’aura da B movie dozzinali che, a partire dal citato Resident Evil, non ha mai mancato di fare con veemenza la sua comparsa di tanto in tanto.

Rigidità strutturali

Messa una pietra sopra il comparto narrativo di Onimusha 2: Samurai’s Destiny, di certo non la sua punta di diamante, vale la pena indugiare un minimo sul gameplay del prodotto. Si tratta, in soldoni, di una versione più action del mood introdotto da Resident Evil, quindi preparatevi ad abbracciare un set di schermate ad inquadratura fissa e fortemente cinematografica, in cui andremo a controllare Jubei e compagni. Trattandosi di samurai, tutto ruoterà attorno ad un combat system di natura action, assai basilare se confrontato con l’attualità, ma sicuramente più incisivo ai tempi della release. Novità per il periodo era la possibilità di cambiare arma a nostra disposizione (tra le 4 disponibili), oltre alla possibilità di sfruttare attacchi a distanza. Interessante anche la gestione simil ruolistica del nostro equipaggiamento che, tramite le anime raccolte dai nemici sconfitti (chi ha detto soulslike?), potranno essere potenziate. Condite il tutto con attacchi speciali e la possibilità di trasformarsi momentaneamente in un demone, e vi troverete dinanzi a buona parte del panorama ludico attuale.

Idee molto chiare e per certi aspetti lungimiranti quelle messe sul piatto da Onimusha 2: Samurai’s Destiny, che nonostante la bontà del concept originale, godibilissimo ancora oggi, si porta appresso il fardello dell’impostazione visiva decisamente poco user friendly. È innegabile, difatti, come il mantenimento delle schermate fisse mal si sposi con la frenesia degli scontri, assai lontani dalla compassata rigidità di Resident Evil e Dino Crisis. Questo si avverte soprattutto in occasione degli scontri con i boss, resi più ostici del dovuto proprio a causa di una difficile lettura della prospettiva. Sapete, dunque, a cosa andrete incontro.

Tutto qua?

Per quanto riguarda la natura della rimasterizzazione, siamo al cospetto di un lavoro che rappresenta il minimo indispensabile quando si parla di simili operazioni. Sul fronte grafico è avvertibile l’aumento della risoluzione generale, che ha portato i personaggi ad abbandonare le spigolosità originali, in favore di un look più morbido e definito. Lo stesso vale per i background prerenderizzati, che hanno mantenuto intatta la loro natura, beneficiando unicamente di un boost visivo tutto sommato molto superficiale. A non essere stati toccati sono i filmati in CGI, pregevolissimi ancora oggi per qualità e regia, ma che pagano lo scotto di una risoluzione di partenza che oggi è oramai un lontano ricordo.

A prendersi la scena, dunque, sono solo alcune piccolezze volte a migliorare la quality of life del giocatore, come l’introduzione della possibilità di switchare al volo tra le armi a nostra disposizione, senza che vi sia la necessità di passare forzatamente dal menu. Per il resto tutto è rimasto identico a come lo ricordavate, modalità extra comprese, che sono però adesso disponibili sin da subito, andando a togliere però quel pizzico di soddisfazione garantito dal dover soddisfare determinati requisiti per poterci mettere le mani sopra. Per lo meno il prezzo di vendita è tutto sommato coerente con l’entità dell’operazione, dato che basteranno 29,90 Euro per poter tornare a vestire i panni di Jubei e compagni.

Onimusha 2: Samurai’s Destiny non è certo il remaster della generazione, visto il modo abbastanza pigro e prevedibile con cui riporta in auge un classico datato 2002. Fortunatamente, al netto delle problematiche figlie dell’impostazione visiva adottata, l’avventura di Jubei risulta ancora oggi divertente e godibile, grazie ad un set di trovate ludiche che, come ha dimostrato l’evoluzione del genere, sono state in grado di anticipare l’attualità. Sufficiente, ma non certo straordinario, il lavoro svolto in fatto di ripulitura estetica, che si è semplicemente limitato ad un aumento della risoluzione generale, con conseguente miglioramento dei modelli originali. Per il resto, tranne qualche piccolissima smussatura, quello che ci troveremo dinanzi sarà il gioco che ricordavamo, con tutti i suoi pregi e difetti. Sta voi decidere se vale la pena tornare a vivere sin da adesso le atmosfere della serie Capcom, oppure se è meglio attendere per il ritorno in pompa magna previsto per il prossimo anno.