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Recensione Okami HD

di: Simone Cantini

Si dice che il quadrifoglio porti fortuna a colui che riesce a scovarlo, magari setacciando campi sterminati di ingannevoli trifogli. E può invero ritenersi una sorta di prescelto, un individuo speciale, chiunque abbia avuto la fortuna di vivere in pieno l’estro creativo del fu Clover Studio, il nucleo dal quale avrebbe avuto origine il ben più conosciuto nome di Platinum Games. Sì, perché recarsi in un qualsiasi negozio specializzato e trovarsi tra le mani una fiammante e nuovissima copia di God Hand, Viewtiful Joe o Okami è una sensazione che difficilmente potremo rivivere in questi tristi e commercialmente sempre più avidi tempi moderni. Ma Capcom, si sa, è da sempre maestra nell’arte del riciclo, l’abile professione di riproporre, ammantando il tutto con un alone di apparente filantropia videoludica, perle provenienti dal suo glorioso passato. Ecco, quindi, che non stupisce ritrovarsi per la quarta volta (no, il sequel per DS stavolta non vale) a scorrazzare per le terre del Giappone antico in compagnia di Amaterasu in Okami HD.

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Una storia senza tempo

C’era una volta, tanto tempo fa, un paese lontano in cui i videogame vivevano in pace ed armonia con i player di tutto il mondo. L’amore ed il rispetto regnavano sovrani e storie meravigliose, prive di voluti e subdoli buchi narrativi, si dipanavano per ore ed ore, regalando a tutti i giocatori, in cambio del giusto compenso, duraturi momenti di indimenticabile divertimento. Un regno felice, quasi utopico, la cui serenità venne meno con il passare degli anni, squassata dalle fondamenta da un mostro dalle mille teste chiamato progresso: quei racconti favolosi, intessuti con maestra sopraffina, finirono ben presto per cadere vittima delle malvage creature che iniziarono a vagare per il reame, sfilacciandosi e frammentandosi sempre più, piagate nell’animo da un morbo malsano che assumeva di volta in volta nomi e sembianze sempre differenti. Era giunta la cupa era delle patch, dei DLC a pagamento e dei Season Pass. Ecco, magari ho un po’ esagerato, ma la storia narrata in Okami HD può essere in qualche modo assimilata a questo mio personale delirio, sia per tematiche narrate all’interno del capolavoro firmato Hideki Kamiya e Clover Studio, sia per quanto concerne la struttura stessa del titolo uscito sotto l’ala protettrice di Capcom ben 11 anni fa su PS2. La storia di Amaterasu, la nippponica divinità del sole, e della cacciata del perfido demone Yamata no Orochi dalle terre dell’arcipelago del Sol Levante, rappresentano ancora oggi un tema sempre attuale, che può essere declinato in mille e più modi. Un’avventura meravigliosa e fiabesca, in cui il nostro candido lupo divino si ritroverà ad incrociare le proprie zampe con una campionario di bizzarri e simpaticissimi personaggi, tra i quali non possono non spiccare il piccolo e sin troppo ciarliero Issun (boshi) ed il pavido ma generoso Susano. Un open world maestoso, forse un po’ prolisso e pomposo in alcuni passaggi, figlio innegabile di un tempo in cui creare opere videoludiche complete non era certo un peccato veniale, anzi, bensì un obbligo nei confronti dei giocatori. Okami HD (ri)ritorna ancora oggi nello splendore del Full e dell’Ultra HD, per immergerci in un open world meravigliosamente tratteggiato, che tanto deve alla saga di Zelda, ma che non si risparmia di reinventare in chiave del tutto convincente e personale.

Per dipingere un mostro grande, ci vuole un pennello grande…

Oggi come allora il nucleo portante del gameplay ruoterà attorno al Pennello Celeste, un particolare dono divino che Amaterasu dovrà potenziare durante il suo peregrinare per le lande del Giappone. Questo strumento ci permetterà di ricostruire parti dello scenario distrutte, tramutare la notte in giorno (e viceversa), ridare la vita alle piante corrotte dagli yokai e molto altro ancora. Un sistema di upgrade scandito da una progressione invidiabile e certosina, che farà leva sulla voglia di scoprire come sia possibile accedere a quell’isoletta momentaneamente irraggiungibile per irretirci sempre più tra le sue maglie. La particolarità del Pennello Celestiale, inoltre, risiede anche nel particolarissimo meccanismo di controllo che lo coinvolge: premendo il dorsale destro, difatti, metteremo in pausa il gioco e dovremo fisicamente disegnare le forme di volta in volta richieste sfruttando lo stick analogico. Si tratta di un sistema che si incasella in modo armonioso con il più canonico gameplay condito con riuscitissimi elementi hack’n slash, platform, esplorativi e ruolistici. Il mondo di Okami HD è difatti grandissimo e ricco di luoghi da vedere e missioni da compiere, così come di oggetti nascosti da scovare. Si tratta di un riuscitissimo mix di generi che difficilmente potrà annoiare, a patto di sopportare una generale prolissità dei dialoghi che un po’ troppo spesso finiscono per interrompere le sezioni giocate, ma che almeno nelle fasi più corpose è ora (finalmente!) possibile skippare senza pietà. Un dovuto omaggio a coloro che desiderano unicamente percorrere questo delicato e pittoresco mondo.

Invecchiare con eleganza

Ed è difatti impossibile non rimanere completamente rapiti dal modo in cui le terre nipponiche sono state portate sullo schermo da Clover Studio che, sfruttando un cel shading ancora oggi sontuoso e che richiama le antiche stampe acquarellate ukiyo-e, riesce a restituire agli occhi del giocatore un vero e proprio quadro in movimento. Si tratta di una scelta stilistica che, a dispetto della sua veneranda età, sembra uscire corroborata dal ritrovato passaggio all’alta definizione, pur non riuscendo a nascondere in alcuni frangenti le sue origini visivamente ben più umili. A dispetto dei filtri utilizzati, difatti, permangono momenti in cui un persistente effetto blur finisce per impastare un poco le immagini, ma si tratta per l’appunto di momenti non certo in grado di rovinare l’effetto finale. E allora come mai, trattandosi di un titolo ottimo sotto ogni punto di vista, il voto in basso non raggiunge le vette dell’eccellenza? Beh, perché come sono solito fare quando mi trovo a dover recensire un remaster, preferisco concentrarmi sull’operazione in quanto tale piuttosto che sul titolo vero e proprio (che, ci tengo a ribadirlo, è ottimo e godibilissimo ancora oggi!). E sotto questo punto di vista il lavoro svolto da Capcom rasenta il minimo sindacale e non basta certo l’aggiunta dell’Ultra HD per renderlo un prodotto migliore di quello già visto su PS3 pochi anni fa. Spiace anche constatare come non siano stati presi in considerazione i nuovi sistemi di input, visto che il touch pad del DualShock 4 sarebbe stato perfetto per la gestione del Pennello Celestiale. E dire che il remaster PS3 si era sforzato di introdurre il supporto al Move. L’operazione risparmio è evidente anche nella mancata localizzazione in una lingua che esuli dall’inglese che, seppur non sia complesso, lascia un po’ di amaro in bocca. Insomma, un pigro lavoro che non ha fatto altro che prendere quanto di buono era già stato fatto sul monolite nero Sony, limitandosi ad aumentare semplicemente la risoluzione finale.

Okami HD torna in forma smagliante, forte del suo gameplay azzeccatissimo e curato, oltre che del suo impressionante impatto grafico che sembra migliorare man mano che passano gli anni. L’avventura di Amaterasu è ancora oggi intrigante e divertente, invecchiata benissimo ed in grado di salire in cattedra anche a 11 anni dal suo debutto. Peccato che questo remaster sia stato realizzato all’insegna del risparmio, limitandosi ad aumentare la risoluzione (per chi ha un pannello in grado di sfruttarla) rispetto al precedente recupero avvenuto su PS3. È ovvio che se non lo avete mai giocato non avete scuse per non acquistarlo, ma se come il sottoscritto avete già divorato le sue precedenti incarnazioni esistono davvero pochi motivi in grado di convincervi ad aprire nuovamente il borsellino.