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Recensione Observer: System Redux

di: Simone Cantini

In una nuova generazione che sembra partire con il freno a mano tirato in quanto ad uscite esclusive, è toccato ai ragazzi di Bloober Team dare una scossa al parco titoli di Xbox Series X/S e PlayStation 5 (anche se in modo parziale), grazie a Observer: System Redux, corposo remake del loro titolo uscito nel 2017, che torna oggi in una nuova versione più smagliante che mai.

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È tempo di morire…

Cracovia, anno 2084. Il detective Daniel Lazarski è in forza alla polizia locale come membro degli Osservatori, particolari unità dotate di un sofisticato innesto cibernetico, chiamato Dream Eater, che consente loro di hackerare la mente delle persone, siano esse vive o morte da poco, per carpirne i segreti ed eseguire indagini ancora più approfondite. In una città futuristica in preda al caos, in seguito agli effetti devastanti di un’epidemia chiamata Nanofagia, un disturbo che ha causato un’impennata dell’uso delle droghe ed il conseguente aumento della criminalità, il nostro eroe riceve all’improvviso una chiamata da Adam, il figlio che non vede da molti anni. Senza fornire troppe spiegazioni, il giovane invita il padre a recarsi nel suo appartamento situato nelle Cataste, uno dei sobborghi malfamati di Cracovia, in quanto in pericolo. Daniel si precipita sul luogo, ma una volta entrato nel complesso e ritrovato un cadavere nella stanza del figlio, finirà per rimanere imprigionato nella struttura a causa di una presunta emergenza da Nanofagia, che ha imposto un blocco dell’intera zona. Solo e con un killer spietato alle calcagna, Daniel dovrà far luce sulla misteriosa richiesta di Adam, lanciandosi in un’indagine che lo porterà più volte sull’orlo della pazzia, con i ricordi del suo passato che finiranno spesso per contaminare gli interrogatori neurali, in un viaggio allucinante alla ricerca della verità. Come vuole il pedigree del team polacco, la storia di Observer: System Redux rappresenta sicuramente il punto di forza dell’intera produzione, grazie ad uno sviluppo quanto mai intrigante, aiutato in modo molto marcato dall’eccellente cornice cyberpunk con tratti retrò in cui tutto è calato, che non può che riportare alla mente i fasti del Blade Runner di Scott, grazie anche al leggendario Rutger Hauer, chiamato a dare corpo e voce allo stesso Daniel. Quello che scaturisce da tale incontro è, pertanto, un thriller psicologico con una spruzzata di horror, che proprio grazie alla natura crime della sua narrazione riesce a mascherare i limiti del suo essere, fondamentalmente, un walking simulator arricchito da alcune sequenze più interattive.

Vorrei toccarti, ma non posso

Per poter far luce sulla sorte di Adam, Daniel potrà contare, come già detto, sul Dream Eater, con il quale entrare nella mente di vittime e testimoni in cerca di indizi per il proseguimento delle indagini. Si tratta di sequenze sicuramente spettacolari ed ottimamente orchestrate, volutamente frammentate nella messa in scena e dotate di una regia estremamente coerente, in grado di dare vita ad un’atmosfera davvero difficile da spiegare a parole, ma che pad alla mano rende molto bene l’idea di un viaggio attraverso la memoria. Sono momenti sicuramente d’impatto, ravvivati in un paio di frangenti da alcune brevi sequenze stealth oppure da semplicissimi puzzle ambientali, ma che rappresentano una vera gioia per gli occhi del giocatore, anche se in certi momenti sembrano dilungarsi un po’ troppo. Il Dream Eater, però, non sarà l’unico alleato di Daniel, dato che i suoi innesti prevedono anche la presenza di sensori biometrici (indispensabili per analizzare le tracce biologiche), uno scanner elettromagnetico (utile per scovare dispositivi e potenziamenti bionici), in aggiunta ad una utilissima vista ad infrarossi per orientarsi al buio. Si tratta di tre strumenti che si riveleranno indispensabili per venire a capo dei vari snodi narrativi proposti dall’avventura, ma il cui utilizzo è purtroppo fiaccato in maniera preponderante da un sistema di aggancio dei vari hotspot davvero da dimenticare: una volta individuato l’oggetto con il quale è necessario interagire, difatti, dovremo barcamenarci con il pad per agganciare il punto giusto, così da far comparire il comando dell’interazione, non sempre posto in corrispondenza di quanto ci interessa gestire. Si tratta di una pecca che, parlando di un remake, mi aspettavo venisse curata in modo maggiore, dato che non sono stati rari i momenti in cui mi sono trovato bloccato perché non sono riuscito a capire come attivare un determinato dispositivo. Fortunatamente il grosso del gioco ci vedrà impegnati nell’esplorazione del condominio (e non solo) in cui abita Adam, questa sì resa davvero intrigante dall’architettura generale, oltre che dalla possibilità di scovare alcuni casi secondari, oppure dall’interazione con i vari inquilini (per mezzo di inquietanti videocitofoni), utili ad ampliare la lore del titolo Bloober Team. Al di là delle pecche di gameplay, pertanto, è l’atmosfera generale a fare la voce grossa, unita alla curiosità che ci spinge ad arrivare ad uno dei due finali previsti dal gioco, grazie alla sceneggiatura quanto mai incalzante. Trattandosi di un titolo diretto alle nuove console, sicuramente c’era molta curiosità in merito a quella che sarebbe stata l’estetica complessiva e, da questo punto di vista, considerando anche la grandezza del team, possiamo ritenerci decisamente soddisfatti. Esaminando i video della release originale, difatti, le migliorie apportate all’aspetto grafico sono tangibili, oltre che impressionanti, grazie a nuovi modelli poligonali, una illuminazione riscritta da zero e dotata di un convincente ray tracing, a cui si accompagnano degli effetti volumetrici in grado di accrescere il senso di decadenza delle Cataste. A fiaccare il tutto troviamo soltanto alcuni piccoli scatti della scena, circoscritti però in un paio di location specifiche, con il resto dell’esperienza che garantisce comunque una fluidità impeccabile. A dire la verità mi ha un po’ deluso il voice over del compianto Hauer, che non ho sempre trovato a fuoco rispetto a quanto il suo personaggio si trovava a vivere, ma nel complesso l’audio svolge un ottimo lavoro (tutto è localizzato in italiano a livello testuale).

Chiamato per certi aspetti a battezzare la nuova generazione di console, Observer: System Redux riesce a fornirci, almeno a livello puramente visivo, un discreto assaggio di quello che aspetta negli anni a venire. Se sul versante squisitamente tecnico possiamo solo apprezzare il lavoro di ammodernamento svolto da Bloober Team, visti i palesi e benvenuti upgrade apportati alla visione originale, qualche mugugno non può essere risparmiato alla pessima interazione ambientale, colpevole di rendere inutilmente frustranti i gesti più semplici di Daniel. Fortunatamente ci pensa la sceneggiatura a tenere desta l’attenzione dei giocatori di questo thriller cyberpunk, capace di regalare momenti davvero esaltanti e ben orchestrati, in grado di far passare sopra più volentieri ad alcune ingenuità di programmazione.