Recensione My Brother Rabbit
di: Simone CantiniTornano i ragazzi di Artifex Mundi e la loro peculiare visione delle avventure grafiche, anche se stavolta il tutto è declinato in una maniera leggermente atipica se paragonata agli standard a cui lo studio polacco ci ha abituato nel corso degli anni. Con My Brother Rabbit, difatti, scelgono di proporci una nuova declinazione del loro consolidato meccanismo a base di oggetti nascosti ed enigmi, scegliendo di calare il tutto all’interno di una storia che mescola in maniera efficace dolore e spensieratezza.
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Cuore di bimbo
Contraddistinta da toni fiabeschi e delicati, la storia narrata in My Brother Rabbit ruoterà attorno all’amore di due fratelli, con il maschietto di casa che tenterà di alleviare i tormenti causati alla sorella da una misteriosa malattia. Strumento di questo struggente impegno sarà un tenero coniglietto di peluche, amico inseparabile della bambina, che verrà sfruttato dal ragazzino per dare vita ad un’immaginaria serie di avventure, vera e propria trasposizione sognante dei momenti vissuti dalla giovane ammalata. Spassionato elogio della fantasia infantile, la cornice narrativa saprà accompagnare con delicatezza e sentimento gli enigmi che ci verranno proposti dal team, risultando sempre convincente e a tratti emozionante. Peccato soltanto per quello scivolone proprio in occasione del finale che, in modo alquanto maldestro, liquida assai sbrigativamente tutto quanto è stato messo sulla scena nel corso delle circa tre ore che serviranno per giungere ai titoli di coda. Un vero peccato, visto che una conclusione leggermente più emotiva ed articolata della brevissima sequenza che chiude l’avventura sarebbe stata decisamente la benvenuta.
Aguzzate la vista
Dicevo in apertura di come, con My Brother Rabbit, Artifex Mundi abbia deciso di modificare un poco la struttura dei propri prodotti, proponendo una progressione ludica suddivisa in due distinte modalità di approccio: la prima ci vedrà impegnati nel recupero di un determinato numero di oggetti, che saranno abilmente nascosti all’interno dei vari stage, così da poter sbloccare l’enigma vero e proprio. Questi ultimi sono risultati tutti estremamente interessanti, oltre che differenti tra loro, anche se è impossibile non ravvedere una certa semplicità di risoluzione che, difficilmente, ci porterà via più di una manciata di minuti. Per lo meno ad eccezione di un singolo puzzle, che troveremo nelle fasi finali dell’avventura, di cui ancora non ho ben compreso il meccanismo (pur avendolo casualmente superato). Il team ha, quindi, deciso volontariamente di non premere troppo sul pedale della difficoltà, cercando di venire incontro anche alle esigenze cognitive dei giocatori più piccoli. A dimostrazione di ciò abbiamo anche una chiara indicazione relativa agli oggetti da recuperare, che sapremo sempre in quale schermata potremo ritrovare, grazie alla colorazione della loro relativa icona qualora ci trovassimo nello stage giusto. Insomma, rimanere bloccati per troppo tempo non sarà mai un problema e, qualora non riuscissimo proprio a rinvenire quell’ultimo, dannatissimo oggetto, sarà sufficiente rispolverare la vecchia tecnica del pixel hunting tanto cara alle avventure grafiche del passato. Certo, magari disabilitare completamente gli aiuti avrebbe fatto la gioia dei duri e puri, ma non ne farei più di tanto un dramma.
Come un libro di fiabe
Particolare e differente dal solito anche lo stile grafico adottato in My Brother Rabbit che, ovviamente per meglio aderire al modo in cui la narrazione si sviluppa, sceglie uno stile pittorico carinissimo e azzeccato. Estremamente colorato e con un design che a tratti ricorda le oniriche creature di un ideale Paese delle Meraviglie, il mondo messo in piedi dalla fantasia dell’anonimo fratellino convince al primo sguardo, e ci guida per mano attraverso i tormenti che cerca di stemperare con quella spensieratezza ed innocenza di cui soltanto i bambini sono capaci. Degna di lode anche la soundtrack che funge da delicato corollario alle vicende, mai invasiva ma ciò nonostante ideale proseguimento sonoro di quanto avviene sullo schermo, oltre che forte di un main theme davvero struggente.
My Brother Rabbit mi è proprio piaciuto, sia per il modo delicato con cui ci racconta la malattia, sia per il suo stesso gameplay. Questa (semi) nuova declinazione del genere caro ai ragazzi di Artifex Mundi si è rivelata convincente e ben costruita, anche se purtroppo il tutto è modellato attorno ad una longevità ed una difficoltà complessiva non certo stellari. Sono questi, difatti, gli unici difetti che è possibile riscontrare nel codice propostoci dal team polacco che, se ulteriormente affinati, avrebbero garantito a My Brother Rabbit una valutazione ancora più convincente.