Recensioni

Recensione Mosaic

di: stefano.pet

Mosaic è un titolo di Krillbite studio che ha avuto uno sviluppo abbastanza lungo, se paragonato alla tipologia di gioco: il suo annuncio è avvenuto, infatti, nel 2016. Non ci si presenta come videogioco classico, ma più come walking simulator il cui scopo principale è raccontarci una storia e stimolare un sentimento critico verso gli argomenti trattati. Parlandoci attraverso metafore e mostrandoci la vita di un essere anonimo in modo onirico ci fa ragionare sulla società moderna e su come viviamo nel quotidiano, provando a stimolare, empatizzando con il nostro personaggio, una rivoluzione personale che porti all’uscita dal loop in cui la maggior parte di noi vive. Argomento degno di un film d’autore, di difficile trattazione in un media come un videogioco.

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La ragnatela della vita quotidiana 

Un lavoro monotono e pressante, bollette che si accumulano e conto in rosso perenne, un telefono che squilla in continuazione con messaggi inutili, un mini appartamento in un enorme palazzo, la vita che si ripete sempre uguale giorno dopo giorno… È questa la routine con cui ha a che fare il nostro personaggio. Una situazione estremizzata, ma che rispecchia la situazione in cui si vive al giorno d’oggi. Lo stress che si accumula giorno dopo giorno, il lavoro che chiede sempre di più minacciando il licenziamento in caso di scarso rendimento, la solitudine. Il nostro anonimo personaggio vive così, con la ripetizione dei gesti quotidiani e la noia che la fa da padrona durante l’intera giornata. Ed è così che inizia il gioco: dal risveglio, alla preparazione in bagno, fino al percorso che porta al lavoro, il gioco chi da immediatamente un senso di claustrofobia, che porta il personaggio a volare con la fantasia e a sfruttare ogni occasione possibile per perdere tempo ed uscire dalla realtà, con il risultato di un perenne ritardo sul posto di lavoro che mette a rischio il suo impiego. Inizia così un percorso interiore che ci porta ad affrontare la strada che ci porterà al risveglio psicologico, al ritrovare noi stessi e la felicità, guidati da un immaginario pesce rosso, che sarà la nostra unica interazione vivente per tutto il gioco.

Quando il gameplay è secondario… 

Mosaic riesce a dare un ruolo marginale a quello che solitamente è la cosa che più mi interessa in un gioco, cioè al gameplay. Una scelta degli sviluppatori che, però, non è funzionale alla volontà di centrare l’attenzione sulla narrativa, ma, di contro, rende tutto il percorso piuttosto pesante. Ci si limita a spostarsi e premere un tasto per interagire, a risolvere percorsi con enigmi appena accennati, a interagire con il telefono e a lavorare. Quest’ultima attività è una delle rare occasioni di impegnarsi in qualcosa che può dare la sensazione, se pur accennata, di essere in un gioco. Si tratta di un minigioco gestionale in cui bisogna portare l’energia da un punto all’altro creando dei nodi e gestendo la quantità di energia a disposizione. Molto presto questa attività diventa stucchevole e non si vede l’ora di finire per proseguire con la storia. Altra attività di gameplay è il percorso per andare al lavoro, durante il quale ci si ritrova a dover effettuare dei percorsi con degli enigmi da risolvere  estremamente semplici. Inoltre sarà possibile accedere a un gioco per smartphone: un semplice tap game molto basilare che ha la funzione di imitare l’atteggiamento odierno delle persone di usare il telefono durante la maggioranza delle proprie attività quotidiane. Il gameplay si ferma qui. Ci si sveglia, si effettuano le abluzioni mattutine, si va a lavoro seguendo percorsi a tratti realistici, a tratti onirici, si lavora partecipando al minigioco. Sicuramente l’effetto di ripetizione e ritualità della vita è reso alla perfezione, ma di contro non da alcuno stimolo al giocatore, che è spinto ad andare avanti solo per seguire la narrazione.

Essenziale, ma efficace

L’aspetto tecnico di Mosaic non è nulla di eclatante, ma, nel complesso, la sua semplicità rende perfettamente l’atmosfera cercata dagli sviluppatori. Modelli semplici, colori assenti nella quasi totalità se non nei rari momenti di felicità del personaggio, in cui c’è un’esplosione vera e propria di tonalità, ambientazione claustrofobica con strade piene di gente o di traffico, vagoni della metropolitana stracolmi o corridoi stretti. Seppur semplice, funziona alla perfezione ed aiuta il giocatore ad immedisimarsi nella situazione. A completare il cerchio ci sono le musiche, belle e azzeccate, che coincidono perfettamente a quelle che dovrebbero essere le emozioni provate dal personaggio, aiutandoci ad entrare a pieno nella testa del nostro impiegato.

Bella idea, ma corta e poco coinvolgente 

In un gioco che non punta al gameplay, ma a consegnare un messaggio a chi ne usufruisce ci si aspetterebbe un coinvolgimento molto forte con la storia. Anche l’argomento trattato, molto comune nel mondo di oggi, dovrebbe facilitare l’empatizzazione del giocatore con il personaggio e la sua condizione psicologica. Purtroppo non è così in Mosaic. Il gameplay scarno, l’assenza totale di dialoghi (esclusi quelli con il pesce rosso), la lentezza dei movimenti del personaggio, la ripetitività del minigioco del lavoro sono tutti aspetti che portano il giocatore a non farsi prendere dalla storia. È vero che la ripetitività è voluta, è vero che la sensazione di tedio serve ad empatizzare con il personaggio, ma alla fine tutto questo si traduce in un  non giocare che fa passare in secondo piano il bel messaggio che il gioco intende dare. Per questo a inizio recensione ho parlato di un argomento di difficile trattazione in un videogioco: come si fa a rendere la ripetizione e la noia quotidiana divertenti a tal punto dal far continuare a giocare a un titolo? Un’impresa quasi impossibile. Oltre a questo il gioco è breve e non offre alcuno spunto per rigiocarlo. Cosa resta? Il messaggio che Krillbite ha voluto dare a chi giocherà Mosaic: un messaggio che arriva forte e chiaro grazie allo stile del gioco e alla narrazione. La software house dimostra ancora una volta di avere buone idee e di voler sfruttare il proprio lavoro per far di più che intrattenere il giocatore, purtroppo fallendo in questo secondo aspetto, che dovrebbe esserecentrale in questo media.