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Recensione Moons of Darsalon

di: Marco Russi

Moons of Darsalon risponde a una domanda curiosa: cosa succede quando un DJ internazionale con una passione per il retro gaming dedica otto anni allo sviluppo di un videogioco? La risposta arriva da Dr. Kucho! Games, software house fondata nel 2014 dal musicista e produttore Daniel Manzano.

Dopo venticinque anni nella scena della musica elettronica, Manzano ha deciso di entrare nel mondo del game development, portando con sé una visione precisa: creare esperienze che richiamano l’era d’oro degli 8 bit. I suoi titoli precedenti, come Asteravoids, Ghosts’n DJs e Pilots of Darsalon, già mostravano questa impronta nostalgica, ma il vero salto di qualità arriva con Moons of Darsalon, ambientato nello stesso universo. Dopo quasi due anni dalla release su PC, il titolo sbarca su console (PlayStation, Xbox e Nintendo Switch).

Un gameplay che mette alla prova ingegno e riflessi

L’ispirazione ai classici del passato è evidente sin dai primi minuti di gioco. Il giocatore veste i panni di un soccorritore spaziale, il cui obiettivo è salvare il maggior numero possibile di astronauti dispersi su un pianeta alieno. Questi personaggi, tuttavia, non brillano per istinto di sopravvivenza e metteranno a dura prova la pazienza del giocatore.

Il gameplay richiama titoli come Lemmings, Worms e Oddworld: bisogna guidare gli astronauti attraverso livelli sempre più complessi, impartendo loro ordini tramite una radio, illuminando i percorsi con una torcia e superando ostacoli grazie a strumenti come jetpack e pistola laser. La varietà di situazioni è arricchita da veicoli terrestri e dalla possibilità di modificare il terreno attraverso la distruzione dinamica degli ambienti.

Il gioco propone un level design progressivo che introduce nuove sfide e strumenti in modo organico, mantenendo alta la curva di apprendimento. La fisica realistica e la simulazione dei fluidi aggiungono ulteriore profondità alle meccaniche, rendendo ogni soluzione di livello un piccolo puzzle da risolvere.

Uno stile retrò che brilla di luce propria

Lo stile visivo di Moons of Darsalon è un perfetto connubio tra nostalgia e modernità. Sprite 2D e modelli 3D si fondono grazie a un’illuminazione moderna, mantenendo un’estetica fedele agli anni ’80, con tanto di filtro CRT. Tuttavia, gli scenari tendono a risultare ripetitivi, segno delle limitate risorse del progetto.

Dove invece il gioco brilla è nel comparto sonoro: Daniel Manzano ha composto una colonna sonora synth-wave autentica, utilizzando il chip MOS 6581 del Commodore 64. Anche la sintesi vocale è filtrata in 8 bit, contribuendo a un’atmosfera retro assolutamente riuscita.

Una sfida per veri nostalgici

Il gameplay è fortemente basato sul trial and error, un aspetto che potrebbe risultare frustrante per chi non ha familiarità con questo genere. Alcuni livelli sono particolarmente impegnativi, e l’intelligenza artificiale degli astronauti non sempre è impeccabile, portando a situazioni di frustrazione involontaria. Inoltre, il sistema di controllo mostra qualche imprecisione, richiedendo una certa dose di pazienza.

Il gioco offre comunque un buon grado di rigiocabilità, grazie alla possibilità di migliorare i propri punteggi in base agli astronauti salvati, al tempo impiegato e al completamento degli obiettivi opzionali. Per i completisti, Moons of Darsalon offre circa dieci ore di contenuti.

 

Moons of Darsalon è un titolo che sa esattamente cosa vuole offrire: un’esperienza moderna ispirata al retrogaming. Tuttavia, proprio questa sua natura lo rende un prodotto di nicchia, non adatto a tutti i giocatori. La difficoltà elevata, l’IA non sempre affidabile e qualche limite tecnico potrebbero scoraggiare il pubblico meno paziente. D’altro canto, chi ama le sfide e i riferimenti ai classici degli anni ’80 troverà in questo gioco un piccolo gioiello indipendente.