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Recensione Metro: Awakening

di: Simone Cantini

Sentirsi sporchi e stanchi, ricoperti di sangue e polvere, mentre il respiro affannoso va piano piano regolarizzandosi, non appena si inizia a respirare aria pura. Gli occhi fanno fatica ad abituarsi nuovamente alla luce del sole, costretti come sono stati a scrutare una perenne penombra, rischiarata di tanto in tanto dalla fluorescenza di un fungo radioattivo o dal tremolante neon di un tempo che pare perduto. No, non è l’inizio di un discutibile racconto post apocalittico, ma la cronaca di come mi sono realmente sentito quando mi sono tolto dalla testa il PSVR2, dopo aver trascorso le prime ore in compagnia di Metro: Awakening.

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Sento la gente morta?

La storia di Metro: Awakening si svolge qualche anno prima degli eventi narrati nel capitolo principale della serie (oltre che del romanzo da cui tutto ha preso il via), e ci calerà nei panni di Serdar, un medico relegato a vivere nelle gallerie che si snodano sotto la città di Mosca. Perennemente costretto a scendere a patti con la morte, resistendo agli attacchi di predoni e dei famelici Nosalis, il nostro alter ego dovrà anche tenere a bada la psiche della moglie, convinta di sentire costantemente la voce del figlioletto, morto oramai da anni. E saranno proprio queste allucinazioni (?) a spingere la donna a lasciare la propria stazione, costringendo Serdar ad intraprendere una pericolosissima missione di salvataggio, che lo porterà ad esplorare gli anfratti più remoti e letali della metro moscovita.

Gi ingredienti che hanno fatto la fortuna della saga di Dmitry Glukhovsky (autore anche della storia in questione) ci sono tutti nella produzione firmata Vertigo Games Amsterdam: morte, desolazione, sopravvivenza, mutanti, violenza ed una spruzzata di esoterismo e sovrannaturale ci accompagneranno in maniera serrata nel corso delle circa 8 ore necessarie a giungere ai titoli di coda. L’atmosfera respirata nei capitoli maggiori è avvertibile e palpabile ad ogni passo, amplificata in maniera esemplare da una VR in gran forma: sembra quasi di respirare la decadenza di questa sciagurata società sotterranea, così come tangibile come non mai è l’ansia nata da un filtro per la nostra maschera che si sta lentamente esaurendo. Sotto questo aspetto, il lavoro svolto dal team è davvero encomiabile, al punto che si può tranquillamente soprassedere ad un evidente riciclo di asset e soluzioni di design, così come su di una durata complessiva in parte un po’ troppo stiracchiata. Ma visto il risultato finale, viene davvero difficile lamentarsi.

L’arte di arrangiarsi

Un altro degli aspetti della serie che Metro: Awakening ha dimostrato di aver compreso alla perfezione è quello relativo al puro gameplay, che è riuscito a replicare in modo convincente le meccaniche che hanno reso celebre la saga. Ci troviamo al cospetto di uno shooter con elementi survival in cui si avverte in modo sensibile la precarietà figlia di questo futuro martoriato. È impossibile scacciare la sensazione di impotenza e pericolo che ci bracca ad ogni passo, complice l’oscurità che avvolge il tutto, unita alla perenne scarsità di risorse. Non mancano anche tutte quelle soluzioni tecnologiche artigianali figlie dell’ingegno umano, che trovano la loro sublimazione nel nostro fidato generatore a dinamo, alleato indispensabile per ricaricare quella torcia, preziosa alleata contro le tenebre, che pare divertirsi a consumare la propria energia in un lampo. Uno strumento fisico, quello appena citato, che servirà anche ad alimentare quadri elettrici e carrelli su rotaie, in modo da rendere sempre immersivo ed attivo il coinvolgimento del giocatore, così come fanno tutte le meccaniche legate alla gestione dell’inventario e degli altri oggetti.

Un engagement che esce amplificato anche dalle armi da fuoco a nostra disposizione, dannatamente soddisfacenti e fisiche da impugnare ed utilizzare, anche se non in grado di farci sentire onnipotenti, come è giusto che sia. Uccidere o essere uccisi è questione di attimi, e non c’è sensazione migliore quando siamo chiamati ad esplorare i cunicoli della metro. Certo, lato combattimenti si potrebbe avere qualcosa da ridire in merito ad uno stealth non proprio eccellente, a cui si accompagnano sparute sezioni in odor di trial and error, ma nel complesso l’amalgama generale è solido, visto il modo in cui alterna fasi più rilassate ad altre decisamente maggiormente frenetiche. Ad eccezione del quantitativo di nemici che saremo chiamati ad affrontare, giocoforza ridotto rispetto alle installazioni principali, Metro: Awakening è in tutto e per tutto una riuscita esperienza in salsa Metro, il che è un fattore davvero da non sottovalutare.

Il peso delle parole

Ovviamente, date le dimensioni ridotte del team di sviluppo, non certo in grado di vantare centinaia di sviluppatori, ci sono alcuni compromessi tecnici con cui bisogna scendere a patti. Questi impattano, come già detto, prevalentemente sulla varietà degli elementi messi sulla scena, che tendono a ripetersi in maniera evidente, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti secondari e di contorno. I personaggi principali, invece, godono di una buonissima cura realizzativa, a cui si accompagna un livello di dettaglio sopra la media. Il vero plus, però, è rappresentato dal sistema di illuminazione e dal comparto sonoro, con quest’ultimo che si attesta su eccellenti livelli, grazie al modo in cui riesce ad avvolgere il giocatore e farlo sentire ancor di più protagonista dell’avventura di Serdar. Peccato per l’assenza della localizzazione sia vocale che testuale nella nostra lingua che, data la presenza di una corposa mole di parlato, potrebbe rendere difficoltosa la comprensione di alcuni passaggi della trama.

Il maggior pregio di Metro: Awakening risiede nella sua capacità di rendere dannatamente tangibile ed opprimente il disastrato mondo creato da Dmitry Glukhovsky, mai come in questo caso in grado di trasportare il giocatore nelle profondità della metro moscovita. Sporco, brutto e cattivo, il titolo sviluppato Vertigo Games Amsterdam riesce a far sentire il giocatore un vero sopravvissuto, costantemente impotente ed in balia delle oscure minacce che popolano il sottosuolo. E lo fa costruendogli attorno uno shooter con elementi survival tutto sommato canonico, ma anche assai efficace, caratterizzato da meccaniche interessanti ed immersive al punto giusto. Forse si diverte a girare un po’ troppo su se stesso nelle battute finali, ma se amate la serie non ci sono davvero motivi per rimandare un acquisto che non può che essere altamente consigliato.