Recensione Metal Slug Tactics
di: Simone CantiniNe ho spesi tanti, tanti, tanti di denari nei cabinati di Metal Slug, per non parlare delle versioni emulate disponibili sugli hardware casalinghi. In fondo la serie SNK è riuscita a farsi volere bene da subito, complice il suo stile grafico azzeccatissimo (che tra l’altro pare non invecchiare mai) ed il gameplay bastardo, ma divertentissimo, come solo i vecchi coin-op nati per macinare monete sanno fare. Non è certo difficile capire, pertanto, come si tenda ad avvicinarsi sempre con estremo piacere ad ogni nuova sortita del brand, soprattutto se, come nel caso di Metal Slug Tactics, le premesse ludiche sembrano puntare in una direzione diametralmente opposta a quanto siamo da sempre abituati a giocare.
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Alle armi!
Non si scende in campo in compagnia di Marco, Eri e Fio perché desiderosi di vivere assieme a loro, e a tutti gli altri compagni d’arme, la più incredibile delle avventure. Ed in tal senso Metal Slug Tactics si inserisce perfettamente all’interno del modus operandi della serie, mettendo sul piatto i consueti e malvagi piani di Morden che, come tradizione vuole, spetterà a noi sventare. Non c’è una vera e propria progressione narrativa nel lavoro firmato Leikir Studio, anche per motivi intrinsechi alla sua stessa natura, ma non per questo non ci sarà da leggere ed approfondire in questa peculiare versione del brand di casa SNK. Data la natura roguelike dell’esperienza, non ci troveremo al cospetto di una cornice narrativa vera e propira, ma non mancherà il materiale da sviscerare, incarnato da scenette tra personaggi ed approfondimenti biografici, utili per farci conoscere un pizzico meglio i nostri eroi. Pertanto, se vi avvicinate a Metal Slug Tactics perché animati dal desiderio di tuffarvi in una narrazione appassionante, finirete per rimanere delusi. Vero è che se i motivi che spingono a giocarci sono questi, non è certo il gioco ad avere dei problemi…
Un giorno crescerò?
Detto questo, purtroppo per noi, Metal Slug Tactics non è certo esente da magagne, le quali sono più figlie dell’impostazione roguelike che lo accompagna, piuttosto che del modo in cui la componente tattica è stata implementata in una saga smaccatamente votata all’azione più sfrenata. Perché per quanto fosse improbabile questo salto stilistico, il modo in cui il team di sviluppo è riuscito a declinare l’anima run and gun di Metal Slug all’interno di una improbabile e ragionatissima cornice strategica, ha davvero dell’incredibile. Partendo dalla classica base delle mappe a quadretti, al cui interno dovremo piazzare i nostri 3 eroi, ognuno dotato dei propri equipaggiamenti e delle proprie abilità, i ragazzi di Leikir hanno costruito attorno un set di meccaniche che riprende in tutto è per tutto il costante movimento proprio dei fratelli maggiori da sala.
La chiave per poter scatenare gli attacchi più potenti e le varie skill del nostro party, difatti, risiederà nel muoversi continuamente all’interno dell’area di gioco: farlo, difatti, ci permetterà di accumulare dei punti, che potranno essere spesi durante il nostro turno per attivare i perk attivi in nostro possesso. Optare per la locomozione, inoltre, sarà indispensabile per andare ad accrescere l’efficacia del nostro scudo, oltre che per poter raggiungere le varie coperture di cui le zone di guerra sono ricche, in modo da poter ridurre o annullare del tutto gli attacchi nemici.
Si tratta di una trovata che rompe in parte la consuetudine del genere, in cui spesso si tende a stazionare ad libitum in posizione sicura, una volta individuato lo spot più adatto alle caratteristiche del nostro personaggio. Per il resto tutto funziona come è lecito aspettarsi, con alleati e nemici che, durante il proprio turno, potranno decidere se spostarsi, attaccare o usare oggetti ed abilità, il tutto in modo assai canonico. Laddove Metal Slug Tactics sceglie di sparigliare ulteriormente le carte è relativamente al meccanismo di progressione degli eroi, che andrà ad abbracciare in pieno la natura roguelike dell’esperienza: al termine di ogni missione andremo a conteggiare i punti esperienza guadagnati che, in caso di level up, ci permetteranno di selezionare un perk, che andrà così a potenziare il nostro eroe. A questo si aggiungerà la possibilità di scegliere un ulteriore abilità per ciascuno dei membri del party, tra un set di 3, così da renderci sempre più performanti man mano che porteremo a termine le missioni.
Queste spazieranno all’interno di un set di preset definiti, che ci chiederanno di uccidere tutti i nemici presenti nello schema, eliminare bersagli particolari, o magari scortare un personaggio all’uscita. Saranno anche accompagnate da obiettivi opzionali che, se soddisfatti, ci ricompenseranno con ulteriori bonus. Ciascuna delle aree in cui è diviso il gioco ci chiederà di superarne 3, prima di sbloccare lo scontro con il boss di turno, sconfitto il quale potremo accedere alla zona successiva, non prima di aver fatto rifornimento presso il nostro quartier generale. Il tutto finchè non accederemo all’area finale, al termine della quale dovremo vedercela con Morden stesso, come è lecito aspettarsi.
Ecco, ed una volta fatto tutto ciò, considerando che a seconda delle nostre abilità potremo riuscirci in meno di un’ora? Beh, è in questo frangente che la natura rogulike di Metal Slug Tactics emerge con prepotenza, assieme ai limiti di questa curiosa operazione: sia che si parli di successo, che di game over, il gioco azzererà tutti i nostri progressi in fatto di crescita di personaggio, limitandosi a mantenere il denaro raccolto durante la run. Denaro che potrà essere investito per sbloccare nuovi perk da rinvenire durante le partite, oppure nuovi equipaggiamenti o altro. Riavviare il tutto, quindi, ci vedrà sempre ripartire da zero, andando ad annullare quel senso di progressione e crescita che si respira in ogni strategico classico, con relativo processo di affezione nei confronti delle unità che si riesce a sviluppare in maniera massiccia.
L’incentivo che avremo nell’inanellare una partita dopo l’altra, pertanto, risiederà nella possibilità di sbloccare nuovi personaggi giocabili (in caso di run completata), oltre alle citate scenette narrative e schede biografiche. Considerando che, dopo una manciata di sessioni, avremo già sviscerato tutte le tipologie di obiettivo e le ambientazioni, viene davvero difficile ipotizzare di trascorrere del tempo prolungato in compagnia del lavoro Leikir. Il che è comunque un vero peccato, visto che le meccaniche strategiche messe sul piatto, per quanto non elaboratissime, funzionano a dovere, grazie anche alle marcate differenze di approccio che caratterizzano i vari personaggi giocabili. Quello che si avverte, pertanto, è l’assenza di una campagna single player maggiormente strutturata, in grado di garantire tanto la giusta varietà di situazioni, quanto il senso di crescita vero e proprio delle nostre unità. Pertanto, se avete intenzione di approcciarci a Metal Slug Tactics, fareste bene a tenere a mente questa sua ulteriore peculiarità. Relativamente all’aspetto tecnico/visivo, il lavoro del team si lascia apprezzare a 360°, visto il modo in cui è riuscito a declinare secondo una nuova prospettiva (nel vero senso della parola) lo storico design che, sin da quel lontano 1996, è riuscito a fare strage di cuori, oltre che di soldati e veicoli. Peccato per quella localizzazione testuale italiana che non ne vuole sapere di accompagnarsi alle altre lingue presenti nel gioco…
Trasformare un brand puramente action come quello dei classici firmati SNK Playmore in un tattico ragionato era un’impresa davvero ostica, e proprio per questo motivo i ragazzi di Leikir Studio hanno finito per mancare in parte il bersaglio. Ad un’esperienza strategica interessante ed in grado di replicare i toni run and gun dei capitoli principali, si accompagna però un senso di progressione che viene pesantemente ridimensionato dalla natura roguelike della produzione. Per quanto divertente sul breve periodo, il senso di ripetitività eccessiva che emerge già dopo poche run ha finito per appiattire in modo marcato l’appeal della produzione che, in assenza di un gameplay più stratificato e dal respiro più ampio, potrebbe rapidamente stancare chi non è in cerca di un’esperienza improntata ad una fruizione mordi e fuggi.