Recensione Metal Gear Survive
di: Simone CantiniChi vi scrive è un fan di Snake, come il 99% delle persone che bazzicano il mondo del gaming, ma di certo non di quelli appartenenti alla frangia più integralista. Apprezzo il mondo creato da Kojima, ma non sono ancora arrivato ai livelli di fanatismo pagano di cui il web è pieno, pertanto mi sono avvicinato a Metal Gear Survive con la testa completamente sgombra dai critici preconcetti che hanno, sin dall’annuncio, accompagnato questo controverso spin-off. Ed è proprio grazie a questa forma mentis che ho potuto esaminare con relativo distacco quanto offerto dal titolo made in Konami, una produzione che, non mi vergogno certo di ammetterlo, è stata in grado di sorprendermi e divertirmi molto più di quanto fosse lecito aspettarsi.
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C’è un buco nel cielo
Ok, magari l’incipit non sarà indimenticabile, visto che la già nota storia del wormhole che risucchia il nostro muto personaggio durante la distruzione di Mother Base ha un sapore decisamente surreale. Che poi, a ben vedere, visti i trascorsi talvolta assurdi della saga di partenza non è che sia un qualcosa di così imperdonabile. Comunque, dopo una corposa cinematica in pieno stile Kojima wannabe, ci ritroveremo sperduti e spaesati nella dimensione conosciuta come Dite, eco dantesco che non ha nulla da invidiare alla omonima controparte infernale. Demoni inclusi, anche se nel nostro caso hanno le fattezze di soldati mutati a causa di un misterioso organismo, che ha finito con il tramutarli in una sorta di stupidi zombie, la cui testa è stata sostituita da un violaceo cristallo. E sarà in questo mondo nato all’ombra del riciclo sfrenato degli asset di Metal Gear Solid V, che si dipanerà la corposissima campagna single player di Metal Gear Survive. A dispetto della tanta carne al fuoco, però, bisogna riconoscere come la messa in scena sia priva di un reale appeal, dato che il tutto sarà scandito attraverso anonimi dialoghi simil Codec e che avrà per protagonista un cast di personaggi decisamente dimenticabili. Tra i quali il nostro alter ego (del quale potremo decidere le fattezze grazie ad un versatilissimo editor) non avrà un ruolo di spicco, visto che si limiterà ad eseguire muto come un pesce i vari incarichi che ci verranno di volta in volta assegnati. Insomma, l’epica e pomposa narrativa che ha da sempre contraddistinto il filone Solid, è qua un triste ricordo, sostituita da una serie di scambi di battute didascalici e privi di mordente.
Nella vecchia fattoria
Abbiamo già chiarito a sufficienza come Metal Gear Survive rappresenti uno spin-off della saga, pertanto non stupisce più di tanto la volontà di proporre un gameplay capace di discostarsi in maniera marcata da quello tradizionale. Il che non rappresenta di certo un’eccezionalità all’interno di questo complesso universo, visto che ci avevano già pensato in passato i due Ac!d, Rising e, seppur in parte minore, Portable Ops. Nel caso di Metal Gear Survive, come indica già esplicitamente il titolo, tutto ruoterà attorno alla sopravvivenza del nostro avatar all’interno del mondo di Dite: nelle prime, ostiche, ore di gioco saremo pertanto focalizzati sulla ricerca di cibo ed acqua utili a tenere a bada gli indicatori di fame e sete che campeggiano spietati all’interno dell’hud, ed il cui valore tenderà a decrescere in maniera spietatamente rapida ad ogni nostro passo, con conseguente diminuzione della nostra resistenza ed energia vitale. Il tutto mentre dovremo guardarci le spalle dai Vaganti, i soldati mutati di cui ho parlato prima, dai quali però potremo ricavare la preziosa energia Kuban: questo rappresenta il carburante utile a sviluppare il nostro avamposto e a permetterci di aumentare il nostro livello, con conseguente sblocco di nuove abilità per il personaggio. L’impatto, almeno per le prime 3-4 ore di gioco, è davvero spiazzante, soprattutto se collocato all’interno di un moveset ed un ambiente che non fa niente per evitare di farci tornare alla mente il gameplay e l’ambientazione di The Phantom Pain. A questo si va ad aggiungere una curva della difficoltà non proprio calibrata in maniera ottimale, elemento che potrebbe spingere i giocatori ad abbandonare prima del tempo Metal Gear Survive: scendere a patti con la ricerca di cibo ed acqua, l’estrema fragilità del nostro personaggio (che dovremo curare se ferito in maniera simile a Snake Eater) ed un mondo di gioco che sembra fare di tutto per tranciare anzitempo il nostro entusiasmo. Il tutto è acuito anche da un ritmo di gioco non certo invidiabile, frammentato per di più da frequenti e talvolta fastidiosi tutorial in grado di rendere legnoso e sconnesso l’incedere. Si tratta fortunatamente di un momento, forse un po’ troppo dilatato, prima che la produzione Konami riesca a rendersi domabile e giocabile nella sua totalità senza (talvolta) troppi patimenti. Una volta che avremo superato una manciata di missioni principali, difatti, il nostro campo base avrà accumulato un sufficiente numero di strutture utili al suo autonomo sostentamento: campi coltivati, depuratori di acqua, focolari e molto altro, tutto realizzabile impiegando l’energia Kuban recuperata dai nemici ed i materiali saccheggiati in giro per la mappa. Ecco, quindi, che Metal Gear Survive andrà ad indossare i panni del gestionale, portandosi appresso la necessità di gestire le risorse accumulate, craftare armi ed accessori più potenti e performanti e sviluppare ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno, il tutto tenendo d’occhio anche il benessere dei sopravvissuti che avremo recuperato nel corso delle nostre sortite e che, da un certo punto in poi, potremo organizzare in piccoli gruppi da inviare in cerca di materiali e cibo.
Silent Hill e dintorni
Il grosso del gioco, comunque, è lontano dalle atmosfere quasi bucoliche della nostra base, dato che si dipanerà all’interno delle due corpose mappe in cui Metal Gear Survive è suddiviso. È in un simile frangente che il tutto finisce per mescolare assieme tre distinte anime, ognuna legata a particolari ed uniche situazioni ludiche. La fase esplorativa ci vedrà costretti a dosare le nostre forze, sottoposti come siamo ai morsi della fame e della sete, facendo bene attenzione ad evitare lo scontro fontale con le varie creature ostili. Queste, difatti, potranno essere facilmente sopraffatte sfruttando un approccio stealth per colpirle alle spalle, a patto che siano presenti in quantità limitata. Nel caso di gruppi numerosi converrà invece sviare la loro attenzione creando dei diversivi sonori, così da tramutare le minacce in una sorta di stupido gregge. È qua che l’ombra del Metal Gear di Kojima torna a fare timidamente capolino, pur senza raggiungere ovviamente le vette degli episodi principali della serie. Le cose cambiano notevolmente quando dovremo attivare i numerosi generatori di wormhole sparsi per la mappa, che saranno indispensabili per coprire distanze considerevoli in pochi minuti: attivarli attirerà inevitabilmente l’attenzione delle creature, ed è qua che Metal Gear Survive si tramuta in un vero e proprio tower defence. Prima di far partire il meccanismo, difatti, dovremo premurarci di piazzare barricate, mine di prossimità, cumuli di sabbia e molto altro a difesa della posizione, indi resistere per un determinato numero di minuti all’assalto dei vaganti. Lo stesso accadrà quando saremo chiamati a collocare degli estrattori di energia in particolari siti della mappa di gioco. Sebbene molto lontano dai canoni della saga, e gestito attraverso un moveset che dimostra palesemente il suo essere stato progettato per un’altra tipologia di gioco, il tutto finisce per funzionare in maniera convincente e non vi nascondo un certo senso di appagamento ogni qual volta si riesce a rendere disponibile un nuovo checkpoint. Fa tanto Dark Souls, davvero. Per arrivare a simili momento, però, sarà di volta in volta necessario attraversare particolari aree della mappa ricoperta dalla Polvere, un miasma mortale in cui potremo muoverci soltanto utilizzando una bombola di ossigeno, ed al cui interno le nostre già precarie prestazioni finiranno per calare drasticamente. Come se non bastasse, in tali frangenti non potremo contare sui segnalatori di posizione che è possibile piazzare sulla mappa, pertanto per orientarci dovremo fare affidamento alle luci bluastre delle varie strutture sensibili: si tratta di momenti in cui il senso di smarrimento ed impotenza è esaltato in maniera estremamente efficace, e che finiscono per rendere pienamente merito a quel Survive che campeggia nel titolo.
Compagnia trascurabile
Pur al netto della sua ripetitività, bisogna riconoscere come la campagna di Metal Gear Survive rappresenti il piatto forte dell’intera produzione, nonostante inizialmente Konami avesse presentato la cooperativa online come punto di forza del titolo. Dopo la prova, però, è innegabile come il multiplayer si configuri come una sorta di aggiunta marginale per Metal Gear Survive, principalmente a causa di un quantitativo di contenuti al momento assai risicato. Il tutto, una volta raggiunta la lobby, ha finito per rivelarsi una specie di Orda, in cui una squadra composta da un massimo di quattro giocatori dovrà difendere l’estrattore di energia da tre ondate di avversari. Si tratta, invero, di un’esperienza alquanto limitata, vista la penuria di mappe che contraddistinguono l’attuale pacchetto e che finisce per avere appeal soltanto in funzione della modalità single player. Partecipare ad una simile attività, difatti, permetterà di mettere le mani su di uno spropositato (rispetto allo story mode) quantitativo di energia Kuban, oltre che su di un’ingente quantità di materiali ed equipaggiamenti rari. Ecco, quindi, che il tutto finisce per divenire soltanto un modo per sviluppare in maniera più rapida del normale il nostro personaggio, vista l’estrema ripetitività di situazioni che contraddistinguono l’offerta. Vero è che Konami ha già tracciato una corposa roadmap degli aggiornamenti per il multiplayer, pertanto abbiamo la recondita speranza che le cose possano cambiare nell’immediato futuro. Per come è strutturato il tutto, inoltre, trovo quanto mai superflua ogni polemica in merito alle microtransazioni che Konami ha visto bene di inserire nel gioco, visto che si limita a dei boost tutto sommato dimenticabilil. Resta la questione degli slot personaggio aggiuntivi, ma sinceramente non ho mai sentito il bisogno di avere subito disponibile un ulteriore avatar, visto che non esistono build specifiche come nel caso di un Destiny. Va bene voler fare le pulci ad un titolo controverso, ma c’è un limite a tutto.
Floppone senza appello? Oltraggio imperdonabile alla memoria di una saga memorabile? No, mi dispiace deludere gli hater più incalliti, ma non è questo il caso di Metal Gear Survive. Che, ne sono sicuro, si fosse chiamato Master Pippo Contadino Falcia Zombie sarebbe stato accolto con meno astio e scetticismo. La produzione Konami, difatti, tiene fede al suo essere uno spin-off e finisce per proporci un’esperienza fondamentalmente differente dall’originale, riuscendo tutto sommato a portare a casa il risultato. Lo story mode, una volta tralasciata la narrativa non certo esaltante, rappresenta un boccone saporito ed abbondante, nonostante sia minato da un incipit davvero tosto e da un pizzico di ripetitività. L’essenza survival è però forte, ben riuscita e stemperata da una spruzzata di derivazioni ludiche capaci di integrarsi a dovere nel contesto. Da rivedere, invece, il multiplayer, attualmente davvero scarno e utile soltanto a rendere più agevole lo scorrimento della campagna principale. Insomma, le idee ci sono (a dispetto di quello che si potesse pensare) e risultano ben messe sulla scena, e nonostante sia palese la natura budget della produzione sarebbe davvero ingiusto bollare Metal Gear Survive come fallimento solo perché non porta impresso sulla confezione A Hideo Kojima Game.