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Recensione MARS 2120

di: Luca Saati

È un momento importante per gli sviluppatori dell’America Latina. Solo un mesetto fa mi trovavo su queste pagine a parlarvi del piacevolissimo Astor: Blade of the Monolith, opera prima dello studio colombiano C2 Game Studio, ed ora rieccomi in Sud America, più precisamente in Brasile da QUByte Interactive, per un viaggio sul pianeto rosso con MARS 2120. Peccato che questa volta non c’è la stessa piacevolezza che ho provato qualche tempo fa.

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Protagonista di MARS 2120 è la sergente Anna “Thirteen” Charlotte inviata su Marte in una missione presso la prima colonia degli umani. I primi momenti tentano a essere al cardiopalma senza riuscirci con la protagonista che dopo aver messo piede sul pianeta rosso si ritrova a scappare da una valanga di rocce e detriti con la telecamera che si muove per dare quel tocco cinematografico in più, ma già da questi primi istanti qualcosa nei controlli non funziona benissimo. Arrivata alla colonia, la protagonista scopre al suo interno umanoidi e mostruosità varie. La colonia è ormai perduta e spetterà alla protagonista trovare tracce di sopravvissuti e capire cosa ha causato questa distruzione. Quello imbastito dai ragazzi di QUByte Interactive è il classico racconto sci-fi tra esperimenti andati a male che hanno causato la caduta della colonia e una protagonista che ha un particolare legame con il luogo. Piuttosto banalotto e scontato, ma probabilmente la trama non voleva neanche essere il punto forte di un’esperienza di gioco che richiede circa 5 o 6 ore per poter essere completata.

Il problema è che anche il gameplay di MARS 2120 mostra sin dai primi istanti diverse lacune. L’ispirazione a Metroid Dread appare evidente e in effetti gli stessi sviluppatori hanno chiamato in causa i grandi esponenti del genere metroidvania 2D come Super Metroid, Castlevania: Symphony of the Night e Guacamelee. Innanzitutto i controlli in quei momenti cinematografici come all’inizio del gioco lasciano molto a desiderare mancando totalmente di precisione andando così a inficiare sulla qualità del platforming. La situazione è più solida quando la telecamera non fa strani giochetti, anche se non nascondo di aver avuto qualche grattacapo durante i salti da un muro all’altro.

Non va meglio con il combattimento con un sistema di mira che utilizza la levetta destra e il grilletto destro per fare fuoco molto impreciso a cui si aggiunge un attacco corpo a corpo con X. Ma pur volendo sorvolare sull’imprecisione del sistema di mira, c’è un altro elemento del gameplay che mi ha lasciato basito: l’intelligenza artificiale dei nemici solo abbozzata. La sensazione che non sappiano fare per metà del tempo standosene imbambolati ad assorbire interi caricatori prima di morire. I boss non che siano tanto meglio riducendosi a spugne per proiettili e con un livello di minaccia infimo visti i pochissimi pattern da memorizzare per evitare i loro attacchi.

Il level design è quello di un classico metroidvania con zone bloccate che si sbloccano solo una volta ottenuto l’apposito potere o abilità, ma nella sostanza si rivela molto elementare. Gli unici due elementi che salvo sono la varietà degli ambienti e la progressione con il potere degli elementi che va a modificare il comportamento dell’arma: elettricità per il fucile d’assalto, ghiaccio per il fucile a pompa, fuoco per il lanciafiamme. Ogni elemento poi include una serie di abilità utili sia per l’esplorazione che per il combattimento.

L’Unreal Engine 4 è al di sotto delle sue reali potenzialità e a tratti con la sua palette di colori tendente al marrone sembra di essere tornati ai tempi della generazione PS360 con quei giochi basati su Unreal Engine 3 tutti tendendi al grigio e al marrone. L’estetica alla fine può comunque risultare gradevole, ma niente da far gridare al miracolo.

Non c’è vita su Marte

Non basta chiamare in causa i mostri sacri del genere metroidvania per fare un buon gioco e MARS 2120 ne è la dimostrazione lampante. Quello di QUByte Entertainment è un disastro su tutta la linea con una narrativa debole, gameplay pieno di lacune e un comparto tecnico arretrato.