
Recensione Mandragora: Whispers of the Witch Tree
di: Simone CantiniSolo qualche settimana fa vi avevamo raccontato del nostro incontro preliminare con Mandragora: Whispers of the Witch Tree, che si era aperto con una chiacchierata con gli sviluppatori, per poi chiudersi con una corposa demo. Demo che aveva lasciato addosso sensazioni decisamente positive, assieme a quella sana voglia di vedere come sarebbe proseguita l’avventura in quel di Faelduum. E dopo quasi 40 ore in compagnia dell’inquisitrice creata per l’occasione, non viene difficile confermare come l’attesa sia valsa il prezzo del biglietto, seppur con qualche piccola riserva.

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Morte alle streghe!
Il regno di Faelduum ci aveva lasciato intravvedere la sua brutale cupezza, un mix di dark fantasy spietato ed oscuro che, in più di un’occasione, strizza fortemente l’occhio alla decadenza tratteggiata dal compianto Miura-san in Berserk. L’universo che fa da sfondo alle vicende di Mandragora: Whispers of the Witch Tree, si è confermato essere uno degli elementi di spicco della produzione Primal Game Studio e, seppur sorretto da una storia tutto sommato non stratosferica, si è dimostrato capace di tenere ben salde le fila di questo racconto di morte e rinascita. L’incipit vissuto in occasione della demo, che ha portato il personaggio che andremo a sviluppare ad assorbire i poteri di una strega, trova il suo giusto sfogo nella versione completa del gioco, portandoci a scoprire cose si celi dietro la figura del nostro sovrano e cosa sia realmente l’Entropia.

Un viaggio che ci farà incrociare la strada con un corposo numero di personaggi, ogniuno dotato di un fascino suadente e di una propria storia da raccontare, sia essa un piccolo frammento di questo arazzo plumbeo, oppure un elemento portante delle sorti dell’universo. Il cast è sicuramente un altro punto di forza di Mandragora: Whispers of the Witch Tree, anche per il modo in cui va a costruire poco a poco il nostro hub che, strizzando l’occhio al Nexus di Demon’s Soul, ci porterà a reclutare tutti le professionalità di cui avremo bisogno per superare indenni le mostruosità che infestano Faelduum. Un contesto narrativo dall’impatto palpabile ed ispirato, che ci accompagnerà con efficacia lungo le ore necessarie a giungere ad uno dei finali previsti dal gioco, prima di lasciare spazio all’immancabile New Game+.

Libertà al potere
La prima cosa da fare una volta avviato Mandragora: Whispers of the Witch Tree, sarà dare vita al nostro avatar tramite un semplice editor, per poi andare a selezionare la nostra classe di partenza tra le 6 disponibili. Ciascuna sarà dotata delle proprie brave abilità uniche, che andremo a sbloccare man mano che aumenteremo di livello (tramite il canonico sistema di anime), e che saranno coadiuvate da una serie di corposissimi alberi di potenziamento dedicati a ciascuna specializzazione. Le possibilità offerte sono molteplici, e spazieranno dalla possibilità di calarci nei panni di venefici e rapidi assassini, oppure di pesanti e massicci guerrieri, non disdegnando classi più inclini alla magia. La parola d’ordine, però, sarà ibridazione, dato che a partire da un certo punto di gioco saremo in grado di avere liberamente accesso a ciascuna delle classi trascurate in avvio, così da poter dare vita a specializzazioni miste, in grado di assecondare a dovere il nostro stile di gioco. Le opzioni possibili sono davvero tantissime, e lasciano al giocatore una libertà di sviluppo indubbiamente variegata.

Come logico che sia, alle abilità attive che potremo equipaggiare in setup switchabili al bisogno (ne avremo due da 3 slot ciascuno), non mancheranno anche perk passivi che forniranno ulteriori tratti al nostro personaggio. Il tutto fa coppia con un nutrito numero di pezzi di equipaggiamento, rinvenibili direttamente giocando, o che potremo creare una volta recuperati i materiali necessari e reclutati i personaggi adatti da inviare all’Albero della Strega, la nostra base operativa. Ovviamente ciascuno avrà i propri punti di forza e debolezze, oltre al peso di cui dovremo tenere conto in ottica di mobilità, e spetterà sempre al giocatore capire quale sia il più adatto al proprio stile. Sotto questo punto di vista, Mandragora: Whispers of the Witch Tree propone un set di meccaniche ruolistiche molto canoniche, ma codificate in maniera efficace funzionale.

L’anima della lotta
Sul fronte del combat system, il titolo Primal Game Studio riprende l’impostazione tipica dei soulslike, traslandole in una struttura bidimensionale, come già visto in Salt and Sanctuary. Tutto, come prevedibile, ruoterà attorno alla gestione della stamina, a cui si abbinerà una barra del mana legata all’utilizzo delle skill che esulano dal semplice attacco corpo a corpo. Per quanto limitato alle due dimensioni, il sistema di lotta funziona a dovere, grazie ad un’ottima reattività e ai moveset variegati degli avversari. Lo stesso bestiario vanta un notevole numero di nemici sempre differenti, che spaziano dai classici MOB base a miniboss e boss. Su questi ultimi si potrebbe avere qualcosa da dire in merito ad un marcato riciclo di tipologie, con determinate classi che ricorrono in maniera un po’ troppo ridondante, per quanto i boss principali risultino comunque divertenti e ben studiati. Si potrebbe esprimere anche un po’ di perplessità in merito al bilanciamento generale, visto che la prima metà di gioco scorre in maniera molto snella, per poi subire un incremento della difficoltà sensibile nel secondo troncone, per chiudere con l’ultimissima sezione che manda ulteriormente tutto all’aria con una potenza disumana dei nemici base. Vero che ci sono opzioni di accessibilità in grado di regolare il danno subito e causato, ma gli scossoni restano comunque molto evidenti.

Tra le caratteristiche peculiari di Mandragora: Whispers of the Witch Tree, abbiamo anche la struttura stessa della mappa di gioco, che presenta tutte le caratteristiche dei metroidvania. Il mondo di Faelduum si aprirà poco alla volta al giocatore, presentando le classiche aree accessibili solo dopo aver sbloccato l’abilità richiesta, rendendo così necessario un pizzico di backtracking (mai invasivo). Tra doppi salti, ali che ci consentiranno di planare, rampini ed altro, il set accessorio è assai canonico, ma ben amalgamato nel contesto, e riesce a fornire al titolo un’identità sicuramente peculiare ad azzeccata. A stonare, invece, è uno degli aspetti su cui gli sviluppatori sembrano aver puntato molto: sto parlando dell’Entropia. In definitiva, si tratta di squarci dimensionali che, in maniera analoga a quanto visto nel reboot di God of War, ci permettono di raggiungere luoghi assai distanti tra di loro. A differenza del titolo Santa Monica, però, queste sezioni non saranno inoffensive, bensì popolate di minacce e piattaforme da superare, il tutto mentre un timer ci richiederà di essere alquanto rapidi, pena il dover ricominciare da capo. L’idea non sarebbe neppure male, visto che tali sezioni presentano anche ricompense e boss unici, ma la struttura fortemente trial and error che li accompagna li rende solo inutilmente frustranti e tediosi da superare: un vero peccato.

La dimensione del fantasy
Sul fronte tecnico, Mandragora: Whispers of the Witch Tree si presenta in forma davvero smagliante, grazie ad una struttura 2D basata su elementi tridimensionali che riesce a garantire un colpo d’occhio assolutamente d’impatto. La scena è sempre molto curata e ricca di particolari, oltre che dotata di una direzione artistica puntuale ed azzeccata, che riesce a trasmettere tutta la decadenza e la disperazione che albergano in Faelduum. Lo stesso frame rate accompagna a dovere l’azione, non prestando mai il fianco a rallentamenti evidenti, in grado di compromettere la fluidità di gioco. Ottimo anche il comparto audio, che vanta una soundtrack calzante e d’atmosfera, ma che ha soprattutto nel voice over ispiratissimo in lingua inglese una vera marcia in più. Presente anche la localizzazione testuale nella nostra lingua che, vista la mole di testo presente, fa davvero piacere trovare.

A metà strada tra un soulslike bidimensionale ed un metroidvania, Mandragora: Whispers of the Witch Tree propone un’esperienza ruolistica indubbiamente azzeccata ed originale, oltre che molto divertente da giocare. A meccaniche di lotta solide ed appaganti, si accompagna una progressione sempre stimolante e ben strutturata, che ha unicamente nei rivedibili livelli entropici e nella difficoltà non troppo omogenea le sue uniche, piccole pecche. Superati questi ostacoli, il titolo Primal Game Studioci regala un’avventura appassionante e realizzata con cura, capace di intrattenere per un corposo numero di ore. Un titolo da non sottovalutare e che si è dimostrato in grado di offrire una visione dei soulslike originale e alquanto variegata.