Recensione Loot River
di: Simone CantiniÈ innegabile come ci siano giochi in grado di rivoluzionare in modo assai marcato il mondo del gaming, e di esempi in tal senso ne è pieno il mondo: ad un Super Mario Bros per il settore dei platform si contrappone un Doom per gli shooter ed uno Street Fighter 2 per i picchiaduro ad incontri, tanto per citare un trittico niente male. Personalmente, però, ho sempre visto nell’olimpo di simili produzioni un prodotto come il sempreverde Tetris, lavoro che ha segnato in maniera indelebile i puzzle game. E se di cloni del capolavoro di Aleksej Leonidovič Pažitnov ne sono piene le fosse, discorso differente deve essere fatto per i videogiochi in grado di reinterpretarne in maniera originale le peculiari meccaniche. Un ristretto gruppo di eletti a cui appartiene, seppur con qualche difetto, il bizzarro Loot River.
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Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare
Non so se lodare oppure odiare Hidetaka Miyazaki e From Software, per aver sdoganato e reso a tratti insopportabile il voler costruire sceneggiature criptiche a livelli assurdi, relegando la comprensione del racconto all’analisi minuziosa di dettagli in apparenza insignificanti (magari ricamandoci pure sopra in modo assurdo). Un modus operandi che ritroviamo anche in Loot River, che dai lavori del team nipponico prende anche la oramai classica meccanica a base di morti e repentine resurrezioni. Nel gioco impersoneremo il classico individuo sperduto che, in seguito alla propria dipartita, si troverà prigioniero di questo eterno loop, espediente necessario per riuscire ad arrivare alla fine del gioco e mettere per sempre la parola fine alla maledizione che flagella il cupo mondo alla base dell’esperienza sviluppata da Straka Studio. E così, tra sibillini personaggi, dungeon procedurali da attraversare e boss di fine livello non certo semplici da domare, ci troveremo al cospetto di un’esperienza roguelike con elementi souls e puzzle davvero tosta ed impegnativa, che richiederà una massiccia dose di pazienza per essere portata a termine. Ma che se avrete la pazienza di assecondare, saprà mettere in scena un gameplay sicuramente originale e particolare.
Hack and Slide
L’esperienza roguelike di Loot River si baserà su di un flow di gameplay di stampo action, con il nostro protagonista che dovrà farsi largo attraverso orde di nemici per mezzo della consueta combo attacco leggero/pesante, a cui si accompagneranno magie ed il canonico incremento delle sue statistiche base. Un loop che, come vuole il genere in oggetto, ci vedrà perdere i progressi ed il bottino ottenuto ad ogni run in seguito alla nostra morte. L’unico modo che avremo per semplificarci la vita sarà quello di investire presso il santuario che funge da hub principale le risorse ottenuto nel corso della partita, donandole ai vari NPC che sarà possibile reclutare nel corso dell’avventura, così da avere acceso ad armi, magie e potenziamenti permanenti. Nulla di nuovo sotto il sole, se non fosse che la curva di progressione risulta essere estremamente ripida, fattore che potrebbe scoraggiare chi è in cerca di una produzione impegnativa ma comunque un pizzico più permissiva: nel suo essere un roguelike, difatti, Loot River non guarda in faccia a nessuno, e si propone al player in forma davvero ostica ed intransigente, complice anche la difficoltà media degli scontri, che strizzano più di un occhio ai citati soulslike. A movimentare il tutto, pertanto, ci pensano due meccaniche assai peculiari che animano il gioco, e che risiedono nella gestione delle pozioni curative e nella struttura stessa dei livelli. Nel primo caso, all’inizio di ogni mondo, troveremo ad accoglierci un determinato personaggio, che ci permetterà di investire i nostri medikit, così da raddoppiarli al raggiungimento dello stage successivo: no pain, no gain, come si suole dire.
L’idea più bizzarra e riuscita di Loot River, comunque, risiede nella conformazione del mondo di gioco, che si baserà su piattaforme semoventi che hanno la forma dei classici tetramini. Tale espediente rende la progressione all’interno della mappa di gioco simile ad un vero e proprio puzzle game, con il giocatore che sarà chiamato a far scorrere letteralmente simili piattaforme, così da creare un vero e proprio percorso verso l’uscita (ed il relativo boss finale). Un espediente che si presta anche ad imprevisti risvolti tattici, dato che la possibilità di alterare in tempo reale la conformazione del campo di battaglia può essere impiegata anche per isolare i vari mob, così da eliminarli in relativa sicurezza. Nulla, però, ci vieterà di segregarli alle nostre spalle, sacrificando bottino e quanto altro in favore di una fuga non certo onorevole, ma scevra di ferite e colpi vari.
Schiaffi in faccia
Insomma, il mix di elementi messi sul piatto da Loot River è sicuramente intrigante ed originale, ma non tutto purtroppo ha finito per scorrere via senza intoppi. I limiti principali della produzione sono da ritrovare, come già detto, nel tasso di sfida a tratti davvero schizofrenico che, unito alla natura procedurale dei livelli, rende le varie run un vero terno al lotto. Una frustrazione che scaturisce anche dal lentissimo senso di progressione che avvolge il tutto, elemento che potrebbe portare i meno pazienti ad abbandonare rapidamente l’avventura. Gli stessi scontri con i vari nemici base sono caratterizzati da un pizzico di caoticità, acuita dalla peculiare pixel art impiegata che, per quanto gradevolissima alla vista, rende a tratti poco leggibili le mosse avversarie. Unite il tutto ad una massiccia imprevedibilità dei moveset nemici (boss in primis) ed ecco che le proverbiali sette camicie da sudare potrebbero aumentare vertiginosamente di numero. Nessun difetto intrinseco lato gameplay, pertanto, solo scelte puramente stilistiche dall’impatto alquanto soggettivo, ma che finiscono per rendere meno appetibile ai più il riuscito mix di elementi messo assieme dai ragazzi di Straka.
Forte di un amalgama di intuizioni davvero particolari, Loot River è un roguelike sicuramente interessante, oltre che dotato di una personalità ben distinta ed originale. Ibridare in maniera convincente elementi action, ruolistici e puzzle non era certo compito facile, ma i ragazzi di Straka Studio hanno dimostrato di avere le idee assai chiare in fatto di game design. Peccato, pertanto, per il tasso di sfida davvero troppo sbilanciato che, unito ad un senso di progressione alquanto parsimonioso, rendono l’esperienza di gioco adatta soltanto a chi ama le sfide degne di questo nome. Oltre a chi sa armarsi di tanta, tantissima pazienza.