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Recensione Little Nightmares 2

di: Simone Cantini

Sono passati quasi 4 anni da quando il giallo impermeabile della piccola Six comparve sulle nostre console, regalandoci uno dei titoli sicuramente più interessanti e peculiari degli ultimi tempi. Seppur non certo rivoluzionario in quanto a meccaniche, vista la somiglianza smaccata con i lavori firmati Playdead, il gioco sviluppato da Tarsier fu comunque in grado di ritagliarsi il proprio posto al sole, grazie ad uno stile quanto mai affascinante e calzante, capace di tratteggiare un mondo decadente ed oscuro, in cui suggestioni burtoniane si mescolavano con efficacia ed echi delle produzioni di Miyazaki, dando vita ad un grottesco incubo ad occhi aperti. Era pertanto logico aspettarsi un nuovo capitolo di questa piccola gemma, che grazie a Little Nightmares 2 prosegue (o inizia?) quel viaggio verso una salvezza che potrebbe, ancora una volta, non essere ciò che stavamo realmente cercando.

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In fuga dall’incubo

Questa recensione potrebbe anche chiudersi così, dato che sarebbe sufficiente linkare l’analisi del primo episodio (che trovate qua) per esaurire il discorso, e raccontare brutalmente la struttura che sorregge questo Little Nightmares 2. Degno figlio del proprio predecessore, il lavoro Tarsier Studios si muove, difatti, all’interno delle salde pareti che hanno circoscritto il debutto di Six, ma limitarsi a questa manciata di parole sarebbe alquanto ingeneroso nei confronti dell’avventura del giovane Mono, il protagonista della nostra storia. Una storia che, come già successo 4 anni fa, si muove tra i confini della libera interpretazione, nascondendo le proprie velleità narrative dietro all’analisi dei dettagliatissimi livelli di gioco, in cui ogni piccolo oggetto, ogni anfratto ed ogni ombra gettano in pasto al giocatore dei subdoli indizi. Un modo di raccontare volutamente criptico ed oscuro, che ancora una volta lascia campo libero alla discussione relativa ai perché ed ai percome, ma che proprio per tali atmosfere ed intenzioni riesce a catturare senza pietà il giocatore. Il viaggio di Mono è affascinante e crudele allo stesso tempo, capace di terrorizzare ancor più della fuga da The Maw, forte di una serie di scenari che non mancheranno di tormentare anche i sogni dei più avvezzi all’horror. Ognuno dei cinque livelli che compongono il titolo, difatti, è dotato di una propria precisa identità, ed al suo interno si muovono personaggi a metà tra il grottesco e l’inquietante, e che hanno nella Maestra sovrana del secondo stage una delle creature più disturbanti che mi sia mai capitato di incontrare in un videogioco. Sarebbe però un delitto non citare, anche solo di sfuggita, l’ospedale che segue la fuga dalla scuola, capace di incarnare alla perfezione la più malata interpretazione di questo luogo: so che sono solito citare ad oltranza Silent Hill, ma mai come in questo caso l’omaggio a ciò che Konami ha saputo costruire è così accorato e riuscito, forse anche in grado di superare l’originale. Ma è tutto il mondo che ruota attorno a Little Nightmares 2 a rappresentare un riuscito unicum, una deforme rivisitazione dei vizi umani, in cui due giovani anime innocenti (forse) si ritrovano loro malgrado a destreggiarsi. E come successo in origine, non si può che rimpiangere la rarefatta durata di questo incubo, che a meno di setacciare ogni angolo, in cerca dei vari collezionabili (utili a sbloccare un finale segreto), non porterà via più di 4-5 ore: mai risveglio è stato più traumatico.

Il fascino della decadenza

Ad una narrativa criptica e misteriosa, fa invece eco un gameplay quanto mai diretto e concettualmente semplice, capace di mescolare ancora una volta la progressione lineare di un platform a scorrimento con alcuni enigmi ambientali. In entrambi i casi non parliamo mai di situazioni complesse, trovandoci di fatto al cospetto di meccaniche quanto mai funzionali ed efficaci. A stupire in tal senso, però, è la contestualizzazione delle stesse, capaci di mutare a seconda del livello in cui ci troviamo a vagare, così da rendere sempre sorprendente e vario il modo in cui il gioco sceglierà di metterci alla prova: ciascuno stage, difatti, dovrà essere affrontato in maniera unica, con la Città del Segnale, ad esempio, che si baserà sull’utilizzo di un telecomando e di alcuni schermi televisivi per sbloccare l’incedere. Poco importa, pertanto, che siano le abilità di Mono oppure dei gadget temporanei a rubare la scena, quel che conta è il modo efficace con cui i ragazzi di Tarsier sono riusciti a gestire il ritmo della progressione, che a parte un piccolo sfilacciamento nelle battute finali, rimane sempre su ottimi livelli. Il difetto maggiore, pertanto, proprio come nel primo episodio, si nasconde all’interno di un set di controlli un po’ troppo legnosi, che hanno soprattutto nella gestione delle armi contundenti un vero tallone d’Achille, vista la lentezza dell’animazione. Si tratta, fortunatamente, di momenti che pur costringendoci a tollerare un paio di morti di troppo, non intaccano minimamente la bontà complessiva dell’avventura. A contribuire al successo della stessa troviamo anche un comparto tecnico/stilistico semplicemente sbalorditivo, che appoggiandosi ancora una volta all’Unreal Engine 4, riesce a superare in grandezza le già eccellenti vette del predecessore. Non mancano certo le sbavature, ma nel complesso il modo in cui gli artisti del team sono riusciti a tratteggiare il mondo di gioco ha davvero dell’incredibile: villain e personaggi sono caratterizzati alla perfezione, gli stage sono letteralmente ricolmi di dettagli, la gestione delle fonti luminose è eccellente, così come convincente è la resa visiva della pioggia e dei suoi effetti sulle superfici, al punto che sarà difficile trattenersi dal soffermarsi ad osservare alcuni degli incredibili scorci che Little Nightmares 2 sa offrire. Anche laddove la morte è una presenza putrescente ed implacabile. Sullo stesso, altissimo, livello troviamo l’accompagnamento audio, che torna a sottolineare con maestria il susseguirsi degli eventi grazie ad un’effettistica e ad una soundtrack cupamente affascinanti. E da non sottovalutare, ancora una volta, è l’intelligente implementazione della vibrazione del controller (non oso pensare cosa potrebbe essere una release tarata sulle feature del DualSense).

Si può amare un incubo? Beh, se questo risponde al nome di Little Nightmares 2 la risposta non può che essere affermativa. Con l’avventura di Mono, Tarsier ci ha regalato un secondo capitolo decisamente più dark e brutale del titolo originale, capace di superare in atmosfera e stile quanto vissuto sulla pelle di Six. Pur non discostandosi dal gameplay sperimentato in precedenza, il team è riuscito a confezionare un’avventura estremamente variegata, pur nella sua fisiologica brevità, i cui limiti sono da riscontrare unicamente in un sistema di controllo ancora un po’ troppo acerbo, che costringe ad un trial ed error leggermente più marcato di quello che il gioco propone. Little Nightmares 2, comunque, è un lavoro che sarà in grado di soddisfare tutti coloro che hanno amato il debutto originale, ma non dimeno potrà divertire e terrorizzare i sonni anche delle nuove leve. L’augurio è che i difetti appena elencati possano essere definitivamente accantonati nel prossimo capitolo, così da poter dar vita ad un vero e proprio classico.