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Recensione Lethal VR

di: Simone Cantini

Che gli horror si sposino alla perfezione con le tecnologie di realtà virtuale è un fatto oramai assodato e che, sono sicuro, acquisterà una maggiore consapevolezza alla fine del mese di gennaio. Tra i generi capaci di trarre un boost ulteriore grazie ai vari visori, però, è più che lecito annoverare anche quello degli shooter, come già è stato ampiamente in grado di dimostrare Until Dawn: Rush of Blood e, seppur in maniera decisamente più contenuta, il neo arrivato Lethal VR.

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Proiettili retrò

Le light gun mi sono sempre piaciute, sia quelle casalinghe che (e qua piango al pensiero dei decenni che sono trascorsi) quelle capaci di stupire il mio io bambino agli albori delle defunte sale giochi. Parimenti, per quanto ovviamente compresso, anche il gameplay legato a questi passati strumenti di piacere puramente videoludico è sempre stato in grado di esercitare un discreto fascino sul sottoscritto. Fascino che si è nuovamente presentato, seppur in una confezione sin troppo spartana, in Lethal VR, la nuova produzione dei ragazzi (ex Criterion) di Three Fields Entertainment. Nel titolo verremo brutalmente calati all’interno di un poligono di tiro virtuale, dove potremo esercitare la nostra abilità nell’utilizzo di un corposo set di armi da fuoco e da lancio: sia che si tratti di maneggevoli calibro 9, colt a sei colpi, machete, shuriken o mitragliette, saremo chiamati a colpire (quasi) qualsiasi oggetto o sagoma ci comparirà sullo schermo, con l’obiettivo di ottenere il maggior numero di punti, in una caccia all’high score dal sapore fortemente retrò, purtroppo limitata ad un ambiente locale. Una delle criticità più evidenti di Lethal VR, data la sua natura fortemente arcade, risiede infatti nell’assenza di una qualsiasi forma di leaderboard online, elemento che limita in maniera troppo consistente il divertimento finale del titolo Three Fields Entertainment: in assenza di compagni umani in carne ed ossa, la semplice ricerca della perfezione personale potrebbe perdere rapidamente di interesse. La stessa struttura ludica non fa molto per scavalcare questa limitazione, proponendo delle semplici sessioni di tiro al bersaglio dalla difficoltà fortunatamente crescente, ma prive di un personalità marcata. Al netto di alcune varianti che ci vedranno interagire in ambienti strutturalmente più complessi, in cui dovremo girarci rapidamente per colpire attraverso finestre, anelli di metallo o piccole fessure, il divertimento finale risiede tutto nel riuscitissimo tracking delle bocche da fuoco e nella reattività del sistema di controllo. Escludo da questi complimenti la gestione delle armi da lancio che, soprattutto negli elementi periferici dell’area di gioco, hanno evidenziato dei difetti di tracciamento brutalmente marcati ed in grado di rendere sin troppo frustranti alcune specifiche missioni. Messa così Lethal VR potrebbe, dunque, apparire come un disastro completo, ma come sempre, laddove permangono alcuni difetti strutturali, a farla da padrone è il divertimento. E sotto questo punto di vista la produzione inglese è in grado, superati i primi blandi schemi, di garantirne in maniera proporzionata al contenuto prezzo di vendita. E poi, diciamoci la verità, imbracciare un paio di mitragliette e sentirsi anche solo per una manciata di minuti come dei novelli Chuck Norris non ha davvero prezzo.

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Fredde pareti virtuali

L’asciuttezza del gameplay proposto da Lethal VR è accompagnata da una altrettanto scarna realizzazione tecnica generale: ad un solo ambiente di gioco, sin troppo lineare e spartano, si accompagna una messa in scena comunque non certo esaltante che, nonostante i limiti tecnici del PlayStation VR, avrebbe potuto beneficiare di una cura maggiore, soprattutto in virtù della staticità dell’azione. Ottimo invece l’audio posizionale, indispensabile per capire sempre con estrema precisione dove rivolgere il nostro sguardo. Peccato per la totale assenza di un qualunque accompagnamento sonoro, ad eccezione degli essenziali effetti delle armi e dei bersagli.

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Lethal VR non è certo un titolo perfetto o ricco di virtuosismi tecnici, ma ha comunque l’indubbio pregio di proporre un’esperienza arcade comunque solida e dal retrogusto piacevolmente old school. Divertente, in relazione al prezzo, finché si impugna una fredda sputafuoco, decisamente frustrante quando è richiesta la precisione di un ninja, il titolo Three Fields Entertainment dimostra comunque come la tecnologia virtuale ben si sposi con le meccaniche shooter. Un titolo onesto che punta tutto sull’immediatezza e sulla voglia di migliorare le proprie performance. Il problema è che mi ha fatto venire una voglia matta di qualcosa di sensibilmente più complesso.