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Recensione Kunitsu-Gami: Path of the Goddess

di: Simone Cantini

In un ambiente come quello videoludico, da anni in crisi creativa e per lo più incline a percorrere all’infinito sentieri già ampiamente battuti, fa sempre piacere quando ci si imbatte in un prodotto capace di offrire un’esperienza diversa dal solito. E non è certo un caso che, parlando di Kunitsu-Gami: Path of the Goddess, le idee in questione provengano da quella Capcom che, in barba ai trend attuali, pare incapace di sbagliare anche un singolo colpo. Vabbè, Exoprimal escluso, che quello si capiva sin dall’annuncio che sarebbe stato un sonoro buco nell’acqua…

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Una montagna di guai

Di Kunitsu-Gami: Path of the Goddess ve ne avevo parlato giusto una manciata di giorni fa, in occasione dell’uscita della demo dell’ultima fatica firmata Capcom, rimandando il giudizio finale di questa promettente esperienza alla recensione vera e propria. Ed ora che ho finalmente avuto modo di mettere mano al codice review, non posso che confermare quanto di buono si era intravisto in quel fugace incontro. Di sicuro non è stata la narrazione a tenermi incollato al pad, visto che la struttura narrativa dell’avventura di Soh e Yoshiro si tiene sempre debitamente in disparte, in maniera squisitamente nipponica, quasi come se avesse il timore di risultare invadente ed oppressiva. Il viaggio che ci porterà a purificare il monte Kafuku dalla corruzione causata dalle Furie, gli Yokai della tradizione folkloristica giapponese, si dipana delicato ed evanescente, lasciando che siano le immagini ed i colori a dare vita ad un quadro in cui sono forti i topoi tipici della cultura popolare dell’arcipelago: ogni villaggio, fiume o cimitero visitato, lascia intravedere quel rispetto per la natura ed i suoi doni che fanno parte della spiritualità del popolo del Sol Levante, permeando di suggestioni che spaziano dall’ecologia, all’onore e al rispetto per tutto ciò che ci circonda, siano esseri umani, animali o elementi naturali.

In bilico tra gli orrori di Ushio e Tora, l’immaginario messo in piedi dal sensei Miyazaki ne La Principessa Mononoke, senza rinunciare al chiassoso pout pourri di bizzarri spiriti tratteggiati in modo decisamente sopra le righe da Rumiko Takahashi in Lamù (o Uruseyatsura se si vuole fare gli snob), il racconto si mantiene asciutto ed essenziale per tutte le circa 25-30 ore necessarie a giungere al termine. Un haiku videoludico, capace di condensare in pochissimi concetti un mondo variopinto e stratificato, in cui anche il più piccolo ed insignificante dettaglio che anima una delle Furie, riesce a trasportarci in un vortice di storie.

Non c’è spazio per la noia

Come detto in occasione del precedente provato, il gameplay di Kunitsu-Gami: Path of the Goddess mescola con estrema perizia elementi presi di peso dal mondo dei tower defense, degli RTS e degli action più puri. Ad un Soh che potrà liberamente combattere, per mezzo di un set di combo da ampliare per mezzo di un ricchissimo numero di abilità accessorie (sia attive che passive), si alterna la possibilità di assegnare dei ruoli agli abitanti della montagna che andremo a purificare (e liberare) in ciascuno degli stage. Tutto ruoterà attorno ad un loop costante per l’intera durata del gioco, che ci vedrà intenti a tracciare il sentiero che condurrà Yoshiro al portale torii da purificare, mentre andremo a rimpolpare le nostre fila e a setacciare le sfere energetiche necessarie a costruire il percorso e a formare la nostra armata. Nel mentre, avremo anche a nostra disposizione un falegname, che da inviare a costruire trappole e protezioni, in grado di rallentare l’avanzata delle minacce che ci verranno vomitate contro durante la notte.

Al di là delle abilità di spadaccino di Soh, gran parte del divertimento è legato alla gestione del nostro party di supporto, che grazie ad un set di classi che si andrà ad ampliare giocando, ci permetterà di assemblare una piccola armata capace di offrire numerose opzioni: tra unità specializzate nel corpo a corpo, buffer e debuffer, healer e capaci di attacchi a distanza, Kunitsu-Gami: Path of the Goddess non mancherà mai di offrire sempre qualcosa di nuovo da sperimentare, e potenziare con i Musubi (l’equivalente dei punti esperienza) che ci verranno elargiti scovando forzieri o completando missioni e task opzionali. Tra questi, oltre agli obiettivi che regolano le missioni principali (e che ci verranno svelato solo dopo il primo completamento di ognuna), troveremo le operazioni di ricostruzione delle location liberate, che sfruttando gli abitanti tratti in salvo ci chiederanno di riportare all’antico splendore vari punti di interesse. 

A dispetto di gameplay loop così strettamente modificato e rigido, Kunitsu-Gami: Path of the Goddess non presta mai il fianco all’incedere della monotonia, visto il modo intelligente con cui la produzione Capcom ha strutturato ciascuna missione principale. La progressione, difatti, è continuamente impreziosita da piccoli elementi in grado di modificare costantemente l’approccio agli stage: si passa da zone in cui dovremo accendere delle lanterne per mettere agli alleati di combattere, a scontri a bordo di navi pronte a ribaltarsi se non saremo rapidi a sconfiggere le minacce, arrivando persino a scontrarci contro un enorme ciliegio infestato, capace di rendere una sortita di routine una complessa boss battle. E a proposito di boss, anche questi ultimi sono un vero inno alla diversità, in virtù di meccaniche e situazioni ludiche che richiederanno di adottare di volta in volta strategie di formazione amica in grado di sfruttare i vari punti deboli. Il tutto, poi, proprio in virtù dei vari task segreti (che non è detto si riesca a soddisfare al primo tentativo) è permeato di un palpabile incentivo alla rigiocabilità immediata, così da poter mettere le mani sulle ricompense più preziose, siano esse Musubi aggiuntivi che equipaggiamenti per Soh (in grado di garantire tanto buff passivi che vere e proprie mosse speciali).

Meravigliose creature

I giocatori più superficiali, vedendo come il prezzo di lancio di Kunitsu-Gami: Path of the Goddess sia leggermente più basso della media, potrebbero avere lo sgradevole sospetto di avere a che fare con un titolo minore. E così facendo non potrebbero che compiere il più grossolano degli errori, che può essere tranquillamente confutato anche solo dal puro comparto tecnico della produzione. Senza perdersi in inutili giri di parole, è il caso di dire come l’ultimo titolo Capcom sia una vera e propria gioia per gli occhi, non tanto per mera forza bruta, ma più che altro per l’eccellente direzione artistica che lo caratterizza, a metà strada tra un Okami ed un NiOh. A bucare letteralmente lo schermo, una volta rimasti comunque colpiti dal design generale di stage e personaggi umani, saranno le Furie che attenteranno continuamente alla vita di Yoshiro.

Parliamo, senza timore di essere smentiti, di una delle migliori caratterizzazioni che sia siano viste in questa generazione (ma anche in assoluto), grazie ad una cura maniacale per i dettagli che le animano, a cui si accompagna una realizzazione estetica di altissimo spessore. Come detto già in fase di anteprima, ho trascorso le mie ore di gioco costantemente con addosso la voglia di vedere cosa avrei incontrato nel livello successivo, venendo puntualmente sorpreso in positivo. E poi si potrebbe spendere davvero un mare di parole per la resa dei livelli e dei personaggi, ma ogni lettera tracciata virtualmente non può rendere completamente giustizia agli sforzi compiuti dal team. Resta più sottotraccia il comparto sonoro, che ad una manciata di linee di dialogo recitate alterna unicamente silenzi ed una soundtrack minimale ma altamente evocativa, in cui il suono dei taiko (i tamburi tipici del folklore giapponese) risultano essere un piacevolissimo fil rouge.

Kunitsu-Gami: Path of the Goddess mi ha riportato alla mente il florido periodo a 128 bit, anni in cui il panorama videoludico era lontano dal rincorrere il successo a tutti i costi ed in cui sembrava sempre esserci abbastanza spazio per tutti, anche in termini di pura sperimentazione. Ed è proprio il suo essere così lontano dai canoni attuali del gaming il principale punto di forza del titolo Capcom, che riesce a regalarci un’esperienza così dannatamente inusuale, ma non per questo meno rifinita e divertente. Non lasciatevi spaventare dal suo blindatissimo flow di gameplay, dato che le sorprese che la casa di Osaka ha in serbo per voi sono pronte a stupire ad ogni passo di Yoshiro e Soh. Sorretto da un comparto tecnico assolutamente pregevole e da una giocabilità impeccabile (non sempre comodissimo il menu di gestione delle unità, ma ci possiamo stare su console), Kunitsu-Gami: Path of the Goddess non può mancare all’interno della ludoteca di chiunque ami i titoli giapponesi, ma anche in quella di coloro che sono stufi delle produzioni che sembrano divertirsi a ripercorrere pedissequamente imperturbabili gli stessi sentieri.