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Recensione Kingdom Come: Deliverance

di: Luca Saati

Di solito quando parliamo di un RPG ci riferiamo a un videogioco con ambientazione fantasy tra draghi, elfi, nani e altri elementi magici, oppure di un qualcosa di più fantascientifico con ambientazioni post-apocalittiche, alieni, tecnologia super avanzata e molto altro. Warhorse Studios però voleva creare qualcosa che si staccasse dalla normale routine e così nel 2014 diete vita a una campagna di raccolta fondi su Kickstarter per un titolo in grado di proporre un setting realistico ambientato nel medioevo. La campagna crowdfunding si rivelò un grande successo e Warhorse Studios aveva tutto quel che gli serviva per pubblicare l’anno successivo Kingdom Come: Deliverance. L’ambizione di questo gioco però crebbe moltissimo ed ecco quindi che il team di sviluppo preferì rimandare tutto a data da destinarsi con tanto di uscita su console. Così eccoci qui a parlarvi di Kingdom Come: Deliverance uscito da qualche settimana su PS4 e Xbox One dopo averci tenuti impegnati per molto tempo immergendoci nella Boemia del XV secolo.

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Figlio di un fabbro

Alla base di Kingdom Come: Deliverance troviamo una storia di vendetta che però ha origini molto più profonde che vedono Re Venceslao IV, figlio di Carlo IV, ereditare il trono di Boemia e diventare il leader del Sacro Romano Impero. Sono però diversi i nobili che non vedono di buon occhio Venceslao spingendo così Sigismondo ad aizzare contro la Boemia un’impressionante forza militare composta non solo da soldati ungheresi, ma anche da mercenari e la feccia criminale della peggior specie.

La storia di Henry, protagonista del gioco, inizia in quello che sembra un giorno qualunque, il sole è alto nel cielo e lui si sveglia dopo una serata di baldorie passata con gli amici e la sua ragazza. I primi momenti li passiamo svolgendo semplici commissioni per il padre, il fabbro di Skalica, e qualche ragazzata con gli amici. Henry è un ragazzo come tanti altri: ha una famiglia, degli amici, una ragazza e ha il sogno di viaggiare, vivere delle avventure nonostante dinanzi a lui si prospetti una vita tranquilla ereditando il mestiere del padre. Quella che però sembrava una qualsiasi giornata di una normale ragazzo, ben presto di trasforma in un vero e proprio inferno con i Cumani che attaccano la città razziando qualsiasi cosa e uccidendo ogni persona che capita a tiro. Tra le persone coinvolte nell’attacco cumano c’è anche la famiglia di Henry che finisce per essere uccisa, mentre il protagonista si salva quasi per miracolo.

Ha così inizio la storia di vendetta di Henry, un ragazzo qualsiasi senza particolari doti che finisce più di una volta col cadere a terra ma sempre pronto a rialzarsi grazie alla sua volontà. Di solito nei videogiochi di oggi siamo abituati ad utilizzare soldati d’élite, uomini eletti da una profezia e destinati a fare grandi cose, o più in generale persone dotate di grandissime abilità. Non è questo il caso di Kingdom Come: Deliverance, ed è proprio per questo motivo che ci auguriamo che in futuro i videogiochi si ispirino proprio all’opera di Warhorse Studios nella costruzione dei loro protagonisti perché è proprio grazie al suo non saper fare nulla che ci ha fatti legare subito ad Henry e immedesimarci nei suoi panni. Pian piano impareremo addirittura a leggere (stiamo pur sempre parlando del figlio di un fabbro), combattere con la spada, tirare con l’arco, cavalcare un cavallo, scassinare serrature, ad usare la dialettica per ottenere informazioni dalle altre persone, e molto altro ancora.

Ma non è solo la caratterizzazione e la crescita del protagonista ad averci catturato in Kingdom Come: Deliverance. Warhorse Studios ha infatti svolto un egregio lavoro in fase di scrittura con personaggi sempre credibili, convincenti e ben caratterizzati che contribuiscono ad arricchire una storia che, nonostante una premessa molto classica come quella della vendetta, svolge in modo eccellente il suo compito di intrattenere. Ma Warhorse non si è limitato a dedicare le sue risorse alla sola quest principale, perché vi capiterà in più di un’occasione di essere coinvolti in missioni secondarie non banali che raccontano altre storie che possono vantare un altrettanto ottimo livello di scrittura. Tra quest principali e secondarie avrete pane per i vostri denti per decine di ore.

Diventare un cavaliere

Kingdom Come: Deliverance non è un RPG come tanti altri, il realismo dell’ambientazione dell’opera di Warhorse Studios coinvolge infatti anche diversi elementi del gameplay. Il gioco parte infatti molto lento prendendosi il suo tempo per introdurre al giocatore ogni caratteristica. Ecco quindi che le prime ore di gioco le passerete tra una addestramento e l’altro imparando tecniche fondamentali per poter sopravvivere alla vita di avventuriero che aspetta il coraggioso Henry. Questi primi momenti con Kingdom Come: Deliverance rischiano addirittura di farvi odiare l’opera di Warhorse Studios poiché mette in mostra diversi elementi piuttosto macchinosi di cui parleremo più avanti. C’è però un momento in cui qualcosa cambia ed ecco che tutti i limiti che tanto fastidio hanno dato inizialmente diventano un lontano ricordo.

Lo sviluppo del personaggio ricorda molto da vicino quello visto in Skyrim: in pratica non dobbiamo scegliere una classe, semplicemente la progressione è completamente libera e ogni azione compiuta dal protagonista serve per migliorare le sue abilità. Combattendo si sviluppano le apposite abilità dedicate alla spada, alla difesa e più in generale all’arte bellica; più si scassinano le serrature e più si diventa bravi; più si vincono duelli dialettici con gli altri personaggi ed ecco che si assiste a una crescita dell’arte oratoria; più si va a spasso con il proprio cavallo e più migliora l’abilità cavallerizzo. Questi sono solo alcuni esempi delle varie abilità che potrete sviluppare. Oltre al classico livello del personaggio, anche le varie abilità hanno il proprio livello personale con tanto di possibilità di sbloccare una serie di bonus passivi per ognuna.

Il combattimento è sicuramente uno degli aspetti più interessanti del gioco risultando profondo, tecnico e dannatamente appagante una volta padroneggiato fino in fondo con parate, contrattacchi, combo con fendenti e affondi tipici della scherma; il tutto tenendo sempre sotto controllo la barra della stamina. Anche in questo caso il realismo che permea tutta la produzione si fa sentire e quando ci si trova dinanzi un gruppo di nemici ben equipaggiati visto che l’unico modo per sopravvivere è darsi alla fuga. L’unico problema lo abbiamo trovato nel sistema di lock on che proprio in presenza di due o tre nemici si è rivelato non sempre affidabile e preciso.

La profondità del gioco la si avverte anche nel sistema di dialoghi che tiene conto di diversi fattori come l’abilità, la fedina penale, la fama e i vestiti indossati. Ecco dunque che con dei vestiti sudici del sangue dei nemici magari potrete ottenere dei vantaggi minacciando gli altri personaggi, mentre per un approccio più diplomatico è consigliabile essere sempre lindi e puliti. Proprio per questo motivo bisogna tenere sempre a mente alcuni aspetti della vita di tutti i giorni come dormire, mangiare e lavarsi presso gli appositi bagni delle città.

Non tutto è oro che luccica visto che ci sono alcuni aspetti di Kingdom Come: Deliverance che non ci hanno convinto pienamente come il tiro con l’arco, lo scassinamento, il borseggio e lo stealth. Specie nelle prime ore ci siamo sentiti scoraggiati nello sviluppo di queste abilità proprio a causa della loro macchinosità: ecco quindi che abbiamo mancato una lepre con una freccia a due passi per l’ennesima volta; abbiamo fallito l’ennesimo scassinamento di una serratura o il borseggio di un personaggio col rischio di finire in carcere; i nemici ci hanno beccato nascosti nelle ombre per non si sa quale motivo mettendo in mostra delle dinamiche non sempre comprensibili. Con lo sviluppo delle apposite abilità questi problemi vengono in parte risolti, ma inizialmente ci si sente troppo scoraggiati per dedicarsi alla professione di ladro. Persino il sistema di salvataggio è un qualcosa di così astruso da chiedersi come sia arrivato il team di sviluppo a concepirlo: in pratica il gioco salva in automatico quando si arriva a una svolta importante di una missione, quando si va a dormire o infine si può utilizzare una speciale bevanda chiamata grappa del salvatore. Il problema è che quest’ultima è piuttosto costosa e il modo più facile per procurarsene è con l’alchimia, ma Henry inizialmente non sa leggere e quindi non può seguire la ricetta. Bisogna quindi prima andare da uno scrivano per imparare a leggere e poi imparare le basi dell’alchimia per creare questa bevanda. Gli sviluppatori stanno comunque già ascoltando i feedback degli utenti e sono al lavoro su alcuni aggiornamenti per rendere alcune feature (scassinamento e sistema di salvataggio) più user friendly.

Il fascino del medioevo

Graficamente Kingdom Come: Deliverance alterna elementi da tripla A ad altri da titolo indie. L’impatto visivo è molto piacevole grazie a un ottimo sistema d’illuminazione e un’atmosfera davvero ispirata tra piccoli villaggi, vaste pianure, boschi e imponenti castelli. Le città di primo acchito appaiono vive con i vari abitanti che svolgono i loro affari tra chi si dedica al proprio lavoro e chi invece si trova costretto a mendicare. Con uno sguardo più attento però si notano alcune routine comportamentali limitate con i personaggi fermi sul posto per ore. Anche le animazioni non fanno gridare al miracolo. Di ottima fattura invece le cutscene che spiccano grazie alla regia e a una qualità visiva di molto superiore rispetto a quanto si vede nel gioco in movimento.

Peccato per l’ottimizzazione che aveva bisogno di qualche settimana in più: ad oggi il gioco presenta infatti numerosi problemi di natura tecnica tra bug, cali di frame rate, compenetrazioni poligonali e continui caricamenti prima di un dialogo. Anche in questo caso gli sviluppatori sono comunque al lavoro con continui aggiornamenti per rendere l’esperienza di gioco più stabile e fluida.

Infine di ottimo livello il comparto sonoro grazie a musiche ispirate e un doppiaggio di qualità (segnaliamo la presenza dei testi tradotti in italiano).

Commento finale

Kingdom Come: Deliverance è un’opera a tratti sorprendente che prende il coraggio del mondo indipendente e lo mescola con la qualità produttiva tipica dei tripla A. Resta un pizzico di amaro in bocca per alcuni elementi eccessivamente macchinosi e i diversi problemi tecnici, tuttavia non si può non restare ammaliati dai numerosi pregi del titolo di Warhorse Studios a partire dalla storia coinvolgente, un’ambientazione affascinante e infine un gameplay profondo e realistico. Kingdom Come: Deliverance è quindi un RPG unico, una perla rara e preziosa che lascerà sicuramente il segno in questa generazione videoludica.