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Recensione Journey to Foundation

di: Simone Cantini

Isaac Asimov non ha certo bisogno di presentazioni per chiunque sia appassionato di letteratura sci-fi, visto l’enorme contributo che lo scrittore di origini russe ha fornito al genere in questione. Influenza che, dato l’indiscusso talento, è riuscita agilmente a debordare oltre i confini della pura carta stampata, andando a contaminare gli aspetti più disparati della nostra società, con particolare riferimento al mondo del cinema, grazie alla trasposizione di alcune delle sue numerosissime opere. Ed ovviamente l’onda lunga del suo estro non poteva non coinvolgere anche il mondo del gaming, con esempi meno diretti come Detroit: Become Human, ma anche esponenti esplicitamente tratti dai suoi scritti, come nel caso del recentissimo Journey to Foundation, titolo diretto alla realtà virtuale e che prende spunto dal celeberrimo Ciclo delle Fondazioni.

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Ago della bilancia

Nella produzione sviluppata dai veterani della VR Archiact (Doom 3 VR, Blasters of the Universe e molti altri), andremo ad impersonare l’agente Ward, membro della Commissione per la Sicurezza Pubblica, una fazione legata all’Impero Galattico, il cui compito sarà quello di trarre in salvo la figlia scomparsa di una dignitaria imperiale. Quello che inizia come un tutto sommato banale episodio di rapimento, finirà ben presto per tramutarsi in un qualcosa di ben più grande e complesso, i cui risvolti porteranno ad enormi ripercussioni sulle sorti dell’Impero stesso. Un destino di cui noi, nei panni di Ward, saremo gli effettivi fautori, grazie alle numerose ramificazioni presenti all’interno della sceneggiatura di Journey to Foundation che, pur non presentando la complessità dei titoli Quantic Dream, riesce a fornire un buon quantitativo di spunti in chiave di rigiocabilità. I meriti sono da ritrovare, in primis, nella bontà della scrittura che accompagna le vicende del titolo Archiact, complessa al punto giusto ed in grado di rendere giustizia all’immaginario creato da Isaac Asimov. Il tutto ruoterà attorno al concetto di Psicostoria, una scienza basata sulle equazioni del matematico Hari Seldon e che ha previsto la caduta dell’Impero Galattico ed un successivo periodo di anarchia della durata di 30.000 anni. Un personaggio scomodo agli occhi imperiali, ma capace di dare vita ad una sorta di culto scientifico che porterà all’istituzione della Fondazione, una delle forze in campo con cui entreremo in contatto nel corso del gioco. Una lotta di potere che avrà noi/Ward come ago della bilancia, grazie soprattutto alle facoltà psichiche del nostro avatar, che sarà in grado di leggere e manipolare la mente degli altri, così da piegarla al proprio volere. Un viaggio intrigante e sfaccettato quello che ci accompagnerà lungo le circa 8 ore necessarie a giungere ai titoli di coda, ma che nessuno ci vieterà di ripercorrere per sperimentare le varie situazioni possibili, tutte legate alle nostre azioni. Un immaginario sci-fi coerente e ben delineato, che non potrà che affascinare tutti i fan del genere e, ovviamente, dei lavori di Asimov.

Di tutto un po’ 

Non di sola narrazione vive Journey to Foundation, nonostante gran parte del tempo la si trascorra a dialogare con i vari personaggi, visto che i ragazzi di Archiact hanno pensato bene di inserire all’interno del contesto ludico anche fasi shooting, di scalata ed elementi puzzle. Sebbene non preponderanti all’interno del contesto, si tratta di momenti in grado di spezzare con efficacia le sezioni più discorsive, che restano comunque la maggioranza, sebbene le meccaniche messe in scena siano tutto sommato standard, prive di particolari guizzi. Le sparatorie sono sorrette da un gunplay estremamente basico, e poggiano sull’utilizzo di un blaster in grado di ospitare tre distinte modalità di fuoco (shotgun, mitragliatore e fucile di precisione), intercambiabili tramite l’inserimento di vari chip. A sparigliare le carte in tavola, in simili momenti, ci pensano le capacità psichiche di Ward, che potranno essere sfruttate per distruggere la mente dei nemici, così da eliminarli senza sparare un colpo. Naturalmente non si tratta di una capacità spammabile all’infinito, dato che sarà soggetta ad un apposito indicatore (ricaricabile nel tempo) e non ci permetterà di colpire più di un bersaglio alla volta. Se gestita in abbinamento al blaster, però, consentirà di superare indenni anche le situazioni più intricate. Le meccaniche di scalata sono simili, per quanto in forma ridotta, a quanto visto in Call of the Mountain e simili e per i più pigri esiste la possibilità di bypassarle semplicemente premendo un tasto. Più interessanti i puzzle presenti per aprire vari lucchetti, che per mezzo di un reticolo tridimensionale ci chiederanno di collegare tra di loro vari nodi colorati. A completare il tutto ci pensa una torcia laser che, in particolari situazioni sarà impiegata per aprire pannelli di controllo ed altro, il tutto in modo molto pratico ed immersivo. La parte del leone, comunque, la fanno i poteri psichici di Ward, che ci permetteranno di scandagliare la mente dei personaggi per scoprire indizi utili al proseguimento dell’avventura, oppure ad aprire nuove possibilità di dialogo, oltre a dare vita ad esilissimi momenti stealth, invero la parte più blanda del pacchetto. In definitiva Journey to Foundation propone un mix di elementi ludici che, se presi singolarmente risultano alquanto canonici, con punte anche basse in quanto a qualità, ma che una volta amalgamati assieme danno vita ad un’esperienza sfaccettata ed intrigante, capace di andare oltre i propri limiti proprio in virtù di questo perfetto amalgama.

Il piacere della lettura?

Trattandosi di una produzione dal budget contenuto, il comparto tecnico di Journey to Foundation non si concede sperticate evoluzione estetiche, ma si attesta comunque su di un livello di pulizia ed essenzialità apprezzabile. I modelli dei personaggi, per quanto basilari, godono comunque di una pregevole caratterizzazione, così come piacevoli sono i vari ambienti di gioco, nonostante l’estrema linearità del level design, davvero ridotto ai minimi termini. Spiace constatare il marcato utilizzo di schermate statiche nella resa dello spazio esterno e del cielo, con i pianeti ammirabili dai vetri dei veicoli tristemente immobili nel vuoto cosmico. Molto buono il doppiaggio in inglese, al netto di un paio di elementi che ho trovato non troppo convincenti in quanto a recitazione, così come è da lodare la presenza della localizzazione testuale in italiano, nonostante i sottotitoli utilizzati ricorrano troppo spesso allo spezzettamento delle parole, a causa di un riquadro di lettura inspiegabilmente molto risicato. Fan e neofiti del Ciclo delle Fondazioni non potranno, inoltre, non apprezzare la presenza dell’Enciclopedia Galattica, un corposo addendum testuale utile a districarsi tra nozioni e personaggi presenti nel mondo di gioco.

Pur con tutti i suoi limiti, Journey to Foundation rappresenta un convincente e sentito omaggio all’immaginario creato da Isaac Asimov, che si è concretizzato in un’esperienza ludica divertente ed intrigante al punto giusto. Certo, se presi singolarmente i vari elementi di gameplay non spiccano per chissà quale recondita qualità, ma il mix che scaturisce da questa unione è in grado di andare oltre simili limiti. Il quadro generale è quello di un’avventura dal forte impianto narrativo, le cui numerose divagazioni ludiche riescono a conferire al tutto un ritmo ben distribuito, a cui si aggiunge la rigiocabilità garantita dai vari bivi presenti.