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Recensione Hunting Simulator

di: Simone Cantini

Sono sincero, veganesimo e vegetarianismo sono quanto di più lontano ci possa essere dalle mie consuete abitudini alimentari, che hanno nel maiale una delle espressioni supreme della bontà terrena. A dispetto di questo mio non disdegnare il cibarmi di animali, confesso che l’idea della caccia come mero divertimento non mi appartirn molto, sarà per questo che mi sono avvicinato ad Hunting Simulator con discreto interesse, visto che almeno in questo caso il ludico intrattenimento sarebbe coinciso soltanto con innocue uccisioni virtuali. Avrò fatto bene?

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Ucci ucci naso fino, sento odor di fucilino…

È ovvio che anche se già a partire dal titolo traspare la voglia di proporre un’esperienza il più possibile aderente alla realtà, tutti questi lodevoli propositi debbano trovare il giusto compromesso per risultare quanto mai appetibili per la platea videoludica. E tanto per levarsi subito questo fastidioso dente, Hunting Simulator ci riesce a metà, incespicando proprio in quello che dovrebbe essere il fine ultimo di un videogame: il divertimento. E dire che la carne (ah ah ah!) messa al fuoco dalla produzione Neopica sarebbe anche parecchia: già la campagna, con circa un centinaio di differenti sortite di caccia in alcune zone del globo, ognuna caratterizzata fedelmente dalla propria geografia e dalla propria fauna, potrebbe rappresentare un ottimo biglietto da visita. Così come il corposo arsenale da sbloccare, che può fregiarsi di 17 differenti armi, alcune concesse anche su licenza, tra le quali spiccano fucili, balestre e tanto altro. Il problema principale che affligge però Hunting Simulator, pur a dispetto di un piatto così ricco, risiede tutto nel suo gameplay, incapace di trovare il giusto compromesso tra simulazione estrema ed elementi videoludicamente più consoni al pubblico a cui si rivolge. Se è vero che assai lodevole il proporre un meccanismo che implica lo studio di tracce, l’analisi della direzione del vento e del punto di vista delle varie prede, non si può chiudere un occhio al cospetto di un’estrema intransigenza del sistema, oltre che sulle contraddizioni che lo animano. Già il fatto che gli strumenti atti a rendere più semplice la lettura dell’ambiente, da cui troppo spesso dipende il buon esito della battuta, debbano essere acquisiti tramite il superamento di task secondari, che consistono nell’abbattere prede opzionali in ogni missione, genera un paradosso non di poco conto. Le prime missioni, difatti, sono caratterizzate in maniera totale dalla casualità, dal riuscire ad imbroccare al primo colpo il corretto percorso da seguire, tutto per non allertare i sensibilissimi sensi degli animali, capaci di percepire la nostra presenza anche a distanze considerevoli.

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Chi ha fatto palo?

Tutto, comunque, se armati di pazienza si può agevolmente superare. Ciò che lascia maggiormente perplessi, però, è la bizzarra gestione delle hit box delle prede, ovvero uno degli elementi che avrebbe dovuto essere curato in maniera decisamente più marcata. Hunting Simulator, difatti, basa il suo sistema di reward sul punteggio accumulato in seguito ad ogni uccisione: colpire un animale in un punto vitale garantirà un bonus maggiore, mentre centrare una zona non letale, pur portando alla morte dell’animale in tempi più lunghi, frutterà un bottino minore. Ebbene, non sono state rare le occasioni in cui colpi apparentemente andati a segno hanno finito con il concludersi in un nulla di fatto, così come proiettili conficcati palesemente nel terreno sono bastati per uccidere la bestia in questione. Assai incomprensibile, tanto quanto l’intelligenza artificiale che regola la fauna, dato che non sempre uno sparo andato a vuoto finirà per allertarla. Le stesse reazioni, inoltre, hanno comportamenti discutibili: spesso mandrie di cervi prenderanno a correre in circolo, rimanendo facile preda dei nostri colpi, mentre in altre occasioni potrebbero darsela a gambe a velocità supersonica. Poco male, comunque, visto che basterà il più delle volte allontanarsi dalla zona di caccia per veder ricomparire tutto come in principio. Peccato che un simile sistema, unito ad una mobilità del nostro avatar ridotta ai minimi termini (bastano 5 secondi di corsa per farlo rallentare in maniera drammatica), fa in modo che Hunting Simulator sia caratterizzato da un cospicuo numero di tempi morti, situazioni alquanto concrete nella realtà venatoria, ma che in questo caso si accompagnano ad incongruenze comportamentali che stridono fortemente con le velleità simulative. A risollevare in parte un’offerta corposa, ma assai poco gratificante, poteva pensarci il comparto multiplayer, in cui sino a quattro cacciatori sono chiamati ad aiutarsi per uccidere il maggior numero di prede possibili. Anche qua le cose sono però decisamente sbilanciate, dato trattandosi comunque di un’esperienza caratterizzata da punteggi individuali, vedere come questi vengano assegnati solo a colui che raccoglierà la carcassa e non all’uccisore materiale, rende questa cooperazione competitiva alquanto frustrante. Per sfogare la rabbia accumulata, allora, tanto vale cimentarsi all’interno del poligono di tiro, di modo da sperimentare e prendere confidenza con gli equipaggiamenti ottenuti. Almeno è bello da vedere questo Hunting Simulator? Beh, la risposta è NI, dato che pur presentando un colpo d’occhio tutto sommato gradevole, ad uno sguardo attento non possono sfuggire animazioni sin troppo old gen, texture rivedibili, episodi di pop up ed un frame rate tutt’altro che solido. Rilassante il sonoro, visto che può vantare unicamente campionamenti di suoni animali e fenomeni naturali.

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Il ragazzo si applica ma non riesce. Ecco, già così dovrei aver detto tutto quello che c’è da sapere su Hunting Simulator. Il titolo Neopica, difatti, è animato da intenzioni più che ottime, a cui si accompagna una sostanza contenutistica di tutto rispetto. Peccato che a tradire queste stuzzicanti premesse intervenga un gameplay che combina il peggio della simulazione con il lato più oscuro del gaming. Un vero smacco, dato che se il bilanciamento del gameplay fosse stato maggiormente curato, ci troveremmo al cospetto di un titolo longevo e tutto sommato divertente.