Recensione Halo Infinite
di: Simone CantiniSono state davvero poche le volte che mi sono trovato in difficoltà nel dover scrivere una recensione, e nella maggior parte dei casi si è trattato di produzioni che mi erano piaciute davvero molto (per i motivi più disparati), con il rischio di essere sin troppo soggettivi ad attendermi al varco. Il problema non si è mai posto con i giochi orribili in ogni loro parte, invero i più divertenti da trattare, al contrario di quello che si potrebbe pensare (in quel caso la tortura è il provarli). Nel caso in questione, però, non si è verificata nessuna delle due opzioni, ma la problematica maggiore è data dal nome che campeggia sulla confezione (virtuale nel mio caso) del gioco oggetto di queste righe: sarei un bugiardo se liquidassi come semplice la disamina di Halo Infinite, vuoi per l’importanza del brand in questione, vuoi per quelle storture che non ho potuto fare a meno di constatare durante la mia travagliata prova. Almeno questo aspetto, però, non è legato alla qualità del titolo 343 Industries, quanto alle peculiari modalità di accesso che sono state riservate a noi recensori (e sulle quali eviterò di spendere parole non proprio gentili).
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L’inizio dalla fine
Difficile parlare della storia di Halo Infinite senza corre il rischio di incappare in spiacevoli, quanto vietati esplicitamente, spoiler. Vi basterà sapere che tutto prende il via circa 18 mesi dopo la fine degli eventi narrati nel quinto capitolo, con il nostro Master Chief che, dopo essere sfuggito alla morte grazie all’intervento di un pilota dal passato misterioso, si ritroverà catapultato sul celebre Anello Zeta. Inutile dire come il luogo diventerà ben presto il teatro di una lotta sanguinaria, che vedrà contrapposto il nostro Spartan preferito alle forze degli Esiliati, i quali però non rappresenteranno l’unica minaccia: nascosto all’interno dell’Anello, difatti, si cela un potente ed antico pericolo. Aiutati dall’Arma, una nuova IA che fornirà supporto al nostro futuristico soldato nella sua impresa, dovremo lanciarci in una serie di missioni caratterizzate dalla consueta dose di adrenaliniche sparatorie, che potranno però contare sul benvenuto intervento di nuove meccaniche di locomozione ed esplorazione. Sono questi, difatti, gli aspetti più riusciti ed intriganti della produzione, che almeno per quanto mi riguarda non è risultata parimenti avvincente sul piano narrativo, principalmente a causa di una regia ed una scrittura generale non in grado di evidenziare a dovere i passaggi più intensi ed i colpi di scena di questa corposa campagna.
Il mondo è mio
Superato questo piccolo scoglio, è finalmente giunto il momento di parlare dell’aspetto più succoso del nuovo lavoro targato 343 Industries, ovvero la struttura ludica del gioco: Halo Infinite, quasi come se volesse essere un accorato omaggio alle origini del brand, sceglie di proporre un approccio molto simile al primo, storico capitolo, abbandonando l’incedere più lineare e blindato in favore di un approccio open-map. Tutto ruoterà attorno all’alternanza di momenti all’aperto – ambientati in estese macroaree liberamente esplorabili, e caratterizzate da elementi comuni agli shooter open world moderni – e sezioni al chiuso, caratterizzate da un approccio FPS decisamente più old school. Nel primo caso troveremo ad attenderci le canoniche strutture da conquistare, che oltre a garantirci punti per il viaggio rapido, ci permetteranno di evidenziare sulla mappa di gioco le varie attività collaterali: queste spazieranno dai classici avamposti da liberare dai nemici, a mid boss da uccidere, passando per spot per la raccolta di collezionabili e quanto altro. Insomma, niente che non si sia già visto, anche se il tutto qua è declinato all’interno della più genuina esperienza made in Halo. A movimentare un po’ le cose, pertanto, ci pensa la conformazione stessa della mappa di gioco, capace di puntare molto sul fattore della verticalità e della libertà di approccio, così da esaltare l’utilizzo del rampino in possesso di Master Chief. Questo utile strumento ci permetterà di raggiungere, letteralmente parlando, qualunque punto visibile all’interno dell’Anello, oltre a poter essere utilizzato come strumento di combattimento ravvicinato. Pensate ad una sorta di Spartan dotato di parte della mobilità del Rico Rodriguez di Just Cause, ed avrete subito un quadretto più preciso delle possibilità offerte. Pad alla mano tutto si è rivelato estremamente reattivo e divertente da utilizzare, soprattutto per eliminare rapidamente i nemici più elementari, pertanto a limitare un po’ la libidine del meccanismo ci ha pensato la caratterizzazione stessa dell’area di gioco: per quanto non manchino le attività da svolgere, l’esplorazione fine a se stessa si è rivelata davvero blanda in tal senso, e sebbene sia sciocco anche solo pensare di assistere all’abbondanza garantita da un Assassin’s Creed o un Ghost of Tsushima (tanto per fare un po’ di sana console war), spiace constatare come il girovagare per l’Anello si sia rivelato davvero piatto e poco stimolante. Vero che in fondo parliamo di un Halo, ma introdurre una simile meccanica per sacrificarla vistosamente in questo modo appare una scelta un po’ superficiale. Le stesse attività collaterali sono risultati, ad eccezione delle varie taglie, invero non troppo variegate, con avamposti e basi da conquistare che non sono immuni da una pressante sensazione di riciclo di geometrie e situazioni ludiche. Questo senso di prevedibilità si ripercuote anche nelle sezioni al chiuso, con il design dei livelli che è risultato davvero anonimo e prevedibile, oltre che caratterizzato da delle architetture che sembrano divertirsi a costringere il buon Chief ad incastrarsi con estrema frequenza, situazione evidente soprattutto negli scontri con alcuni boss.
Un proiettile per ogni evenienza
La sensazione che ci viene restituita da Halo Infinite, una volta sperimentate le varie possibilità, è quella di un titolo che sembra voler volenterosamente mettere sul piatto un insieme di elementi quanto mai differenti, così da diversificare la classica esperienza, ma che mancano però di una coesione ed una direzione solida. Un esempio ci viene fornito dalle basi conquistabili, tramite le quali è possibile avere accesso (accumulando punti ottenuti completando le attività secondarie) ad armi, veicoli ed unità di fanteria. Queste ultime, stando al gioco, dovrebbero accompagnare Master Chief durante le spedizioni, ma a meno di trasportarle a bordo di un veicolo, tenderanno a perderci di vista dopo pochi passi. Peccato, però, che i mezzi terrestri siano davvero ostici da gestire, dato il bizzarro sistema di guida scelto, che demanda l’accelerazione allo stick sinistro, e lo sterzo al destro, situazione che rende il tutto a tratti inguidabile. Fortunatamente ci pensano i mezzi volanti a rendere giustizia al tutto, ma si tratta di una pecca davvero strana. Laddove la situazione, fortunatamente, si eleva verso vette decisamente differenti, è per quanto concerne il binomio gameplay/gunplay, questo sì davvero degno di accompagnarsi al nome di Halo Infinite: le sparatorie, difatti, sono risultate sempre divertenti e stimolanti, grazie ad un corposo set di bocche da fuoco, capaci di garantire possibilità di offesa sempre differenti. Tutto si accompagna, come già anticipato, all’utilizzo attivo del rampino, che ci permette di agganciare i nemici, che poi potremo finire con un devastante colpo esplosivo, a patto di aver sbloccato il giusto potenziamento. Già, perché nell’area di gioco potremo rinvenire un discreto numero di Nuclei Spartan, da impiegare per sbloccare i power up della nostra tuta: questi, oltre al rampino migliorato, comprenderanno una barriera energetico piazzabile, dei boost per la velocità ed un rilevatore di minacce, il cui uso potrà essere switchato in qualunque momento tramite la croce direzionale. A completare il tutto abbiamo la possibilità di upgradare il nostro scudo ricaricabile. Insomma, sotto questo punto di vista, quello più strettamente legato al DNA di Halo, si può davvero rimproverare molto poco ai ragazzi di 343 Industries, che sono riusciti a portare avanti in modo egregio gli elementi fondanti dell’eredità lasciata loro in mano da Bungie.
Si può dare di più?
No, non troveremo ad attenderci il famigerato Craig the Brute, l’involontario protagonista del complicato reveal del titolo avvenuto lo scorso anno. È però innegabile come, trattandosi del titolo che avrebbe dovuto accompagnare il nuovo corso del brand Xbox (a dispetto della sua natura cross-gen), sarebbe stato lecito aspettarsi un po’ di più dal comparto tecnico di Halo Infinite. Che però, per dovere di cronaca, si è dimostrato capace di superare in larga parte le perplessità della presentazione di cui sopra. A colpire nel segno è sicuramente la fluidità generale dell’azione, che in modalità Qualità è rimasta ancorata ai 60 frame al secondo, anche quando lo schermo era letteralmente invaso di avversari e proiettili (e ce ne saranno spesso tantissimi, fidatevi), il tutto mentre era all’opera una risoluzione in 4K dinamico. Confesso di non aver potuto testare la modalità Prestazioni, che offre un’esperienza a 120 FPS, abbassando il pixel count, ma non avendo un TV compatibile dovrete accontentarvi delle dichiarazioni del team. Gli unici tentennamenti, in tal senso, li ho riscontrati soltanto in occasione di qualche filmato di intermezzo, che è risultato caratterizzato da un leggerissimo stuttering, ma si tratta davvero di inezie, sia chiaro. Buonissima anche la profondità di campo, che nelle sezioni aperte garantisce un orizzonte visivo davvero considerevole, capace di rendere al meglio il fascino delle varie ambientazioni. La superficie dell’Anello, difatti, garantisce sempre un colpo d’occhio molto soddisfacente, e pur non presentando una varietà ambientale poi così smisurata, è in grado di caratterizzare a dovere le differenti porzioni della campagna. Più anonimi, invece, gli interni, sia per costruzione che per caratterizzazione generale. Alla luce di tutto ciò, pertanto, non posso che esprimere ancora una volta tutto il mio rammarico per le scelte generazionali intraprese (soprattutto da Microsoft), che per non voler abbandonare ancora l’utenza passata finiscono per sacrificare in modo evidente i titoli attuali: non posso fare a meno di pensare a come avrebbe potuto essere Halo Infinite se non fosse stato zavorrato dal dover giocoforza girare anche su di un hardware oramai troppo obsoleto. E questo scotto da pagare traspare in vari elementi, come la resa di certi effetti, animazioni non sempre eccellenti e qualche situazione sin troppo grossolana (l’esplosione dei silos in una delle prime missioni è emblematica in tal senso). Vero che parliamo del capitolo più vasto ed ambizioso di sempre (ed in questo senso l’obiettivo è stato centrato ampiamente), ma è altresì lecito chiedersi quanto di ciò avrebbe potuto essere evitato con uno sviluppo current gen esclusivo. Va comunque detto che, visto come si presentava il gioco solo un anno fa, i passi avanti compiuti sono davvero notevoli. Buona, ma meno epica del previsto, la soundtrack, capace di alternare brani davvero esaltanti ad altri che paiono a tratti fuori fuoco, mentre poco si può rimproverare al buonissimo doppiaggio nostrano (anche se personalmente continuo a non apprezzare la prova del buon Giorgio Melazzi nei panni di Master Chief).
Con Halo Infinite, Microsoft e 343 Industries hanno deciso di fondere assieme il passato ed il futuro di quello che è, senza dubbio, il brand di punta dell’ecosistema Xbox, così da dare vita ad un’esperienza in divenire che, almeno allo stato attuale, non riesce ad esprimere tutto il suo pieno potenziale. La scelta di proporre un approccio misto, in grado di mescolare sezione standard a porzioni open map, è sicuramente intrigante e benvenuta, ma finisce anche per segnare qualche piccolo passaggio a vuoto, così da non mettere pienamente a fuoco la visione ludica del team. Se è vero che la campagna scorre solida e senza intoppi per un corposo numero di ore, la libertà di esplorazione concessa al giocatore tendere a diluirsi in attività non sempre entusiasmanti, situazione che annacqua non poco la solidità generale. Certo, trattandosi di un progetto a lungo termine, almeno nelle intenzioni, non mancheranno interventi volti a migliorare il quadro complessivo, ed in tal senso non posso fare altro che pensare all’inserimento della modalità cooperativa prevista per il prossimo anno. Allo stato attuale, però, il single player di questo Halo Infinite non riesce a colpire perfettamente il bersaglio, pur rimanendo un episodio coraggioso all’interno della corposa storia del brand.