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Recensione Grow Up

di: Luca "RukaManni" Manni

Dopo il successo di Grow Home, Reflections, costola inglese del colosso francese Ubisoft, tenta di battere nuovamente la strada percorsa con il rosso robotino BUD, protagonista indiscusso di questo peculiare sandbox platform con Grow Up, un gioco che amplia l’esperienza del primo capitolo portando con se pregi, difetti e un vago senso di déjà vu.

CRESCERE CHE FATICA

A differenza del primo capitolo, in Grow Up Ubisoft Reflections ha introdotto una parvenza di impianto narrativo che, seppur banale, risulta efficace nello spingere il giocatore ad esplorare ogni angolo del pianeta su cui BUD è suo malgrado “atterrato”. Durante una tempesta di asteroidi, infatti, la navicella spaziale del piccolo robottino rosso finisce in pezzi e sarà compito del giocatore aiutarlo a ricostruire lei e M.O.M., il computer di bordo della navicella, recuperandone ogni singola parte precipitata sul pianeta. L’intero mondo/livello di gioco è suddiviso in tante micro-aree (ognuna con la sua fauna e le sue peculiarità) ciascuna delle quali è, per lo più, sviluppata in verticale. Se da un lato questo espediente amplia in maniera esponenziale le dimensioni di ogni singola zona, dall’altro trasforma l’esplorazione in una vera e propria tortura a causa di un gameplay che porta con sé i medesimi pregi e difetti di Grow Home. Anzitutto, è il caso di spendere qualche parola sul più basilare dei comandi: il sistema di controllo. Purtroppo i movimenti del piccolo BUD sono così sgraziati e innaturali che è quasi impossibile riuscire a controllarne gli spostamenti in maniera precisa. Fortunatamente nel corso del gioco si potrà dotare il piccolo robot di una lunga serie di accessori che in parte compensano a questo difetto, come un piccolo jetpack o un aliante che gli consentirà di planare in lungo e in largo sul pianeta che lo ospita, non riuscendo pur tuttavia ad eliminarlo del tutto.

grow-up-2A questo, si aggiunge la possibilità di poter analizzare e successivamente “riprodurre” la flora del pianeta, generando piante e funghi di ogni forma e funzione: si passa da dei veri e propri tappeti elastici a cactus giganti da scalare. È infatti possibile arrampicarsi su ogni parete (rocciosa o vegetale che sia) semplicemente alternando la pressione dei tasti dorsali del pad. Ma qui si incorre nel secondo e più fastidioso problema da cui è affetto Grow Up: spesso e volentieri il robottino perderà la presa senza alcun apparente motivo costringendo il giocatore a ripetere l’intera scalata dal principio. Una vera e propria piaga (tenendo conto delle esorbitanti altezze che avremo bisogno di raggiungere) a cui si accompagna una gestione delle telecamere non sempre precisa, fastidiose compenetrazioni poligonali e, dulcis in fundo, una cattiva collocazione dei checkpoint. C’è da dire, comunque, che quest’ultimi fungono anche da teletrasporto tra una zona e l’altra del pianeta ma prima sarà comunque necessario raggiungerli, il che attenua solo parzialmente il problema e ancor prima, la frustrazione generata dalle continue cadute.
Interessante, invece, l’introduzione del robottino P.O.D., non presente nel primo capitolo, che consente al giocatore di poter visualizzare dall’alto la porzione del mondo nella quale ci si trova in quel preciso momento facilitando la ricerca dei componenti della nave e degli oggetti collezionabili. Oltre a delle particolari sfide a tempo, sono presenti ben centocinquanta cristalli da raccogliere grazie ai quali sarà possibile potenziare ulteriormente il proprio robottino, ad esempio aumentando le sue scorte di batteria, indispensabili per compiere qualsiasi azione come generare piante o utilizzare il jetpack.

grow-up-3È COME UN VOLO A PLANARE…

Graficamente parlando, il gioco non si discosta molto da Grow Home, e pecca dei medesimi difetti di quest’ultimo. Anzitutto, il robottino BUD non è assolutamente un bel vedere e, per quanto all’inizio possa suscitare simpatia, il sistema di controllo e la frustrazione generata dalle meccaniche di gioco porterà presto ad odiarlo. Al contrario, per quanto non proprio eccelso, il pianeta risulta estremamente vario e visivamente appagante, soprattutto quando si raggiungono altezze elevate. Guardare il mondo sottostante attaccati al fusto di una pianta regala emozioni a palate, senza contare il senso di vertigine che non tarderà a farsi sentire.

CONCLUSIONI

Grow Up è il degno seguito di Grow Home, nel bene e nel male.
L’idea alla base del gioco è davvero intrigante e il comparto artistico rende l’esperienza complessiva davvero piacevole… se non fosse che il pessimo sistema di controllo genera frustrazione in ogni singolo istante.
Il franchise di “Grow” era e rimane una gemma grezza con un alto potenziale ma che fatica a risplendere, complici delle scelte di gameplay davvero incomprensibili, ma riconferma comunque l’intenzione di Ubisoft di voler lasciare ampio spazio ai progetti minori dei propri studi di sviluppo.