Recensioni

Recensione Gray Down

di: Simone Cantini

Sono un videogicatore semplice, che quando legge religione ed horror affiancati alla parola videogioo non può che tuffarsi a capofitto, curioso di vedere se un simile connubio riesca a mettere in piedi un’esperienza spaventosa degna di questo nome. Già, perché quando si tratta di non lasciar stare i santi, gli spunti per imbastire una vicenda interessante ci sono sempre tutti, visto il terreno spinoso in cui ci si trova a muovere, ma che offre tantissimi spunti degni di nota. Ecco, sono questi i motivi che mi hanno spinto ad avvicinarmi con curiosità a Gray Down, avventura che (purtroppo) ha davvero poco di spaventoso, ma che presenta una storia decisamente intrigante e ben costruita, sebbene il gameplay di base finisca per non rendere giustizia a tale aspetto.

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A te e famiglia!

La Vigilia di Natale, un momento gioioso e felice, in cui ci si stringe attorno ai nostri cari, spinti da una calorosa voglia di fare festa assieme. Un giorno spensierato, in cui si celebra la nascita del Bambinello, in un clima di serenità e pace interiore. Concetti che, in quel 24 dicembre del 1920 che è teatro delle vicende di Gray Down, non appartengono certo a Padre Abraham, il protagonista della nostra storia che, in seguito all’accusa di aver ucciso un chierichetto, si troverà costretto a mettere assieme i frammenti del proprio passato, in cerca delle prove necessarie a scagionarlo da questa infamante accusa. Un compito tutt’altro che semplice quando a metterci i bastoni tra le ruote troveremo il demonio in persona che, per mezzo di allucinazioni e suadenti frasi, stuzzicherà costantemente la psiche del nostro parroco, instillando in più di un’occasione il seme del dubbio all’interno della sua fede. In bilico tra cristianesimo ed ortodossia, blasfemia e misticismo, il racconto che accompagna le circa 2-3 ore necessarie a giungere ad uno dei due finali presenti di Gray Dawn, scorre via mantenendo sempre desta l’attenzione del giocatore, anche lui curioso di conoscere la reale natura di Padre Abraham: colpevole od innocente? Una domanda che non avrà una risposta netta, in perfetta armonia con il titolo del gioco, e che ci restituirà un protagonista assai simile all’enigmatico James Sunderland, piuttosto che ad un uomo di fede nudo e crudo.

Dritti al punto

Uscito originariamente nel giugno del 2018, pertanto non più fresco come in origine, Gray Dawn propone un gameplay alquanto lineare e minimalista, in cui l’orrore non prenderà mai il pieno controllo dell’avventura che, a causa dell’assenza di una qualsiasi forma di game over, risulterà più misteriosa che spaventosa. Non che ci sia niente di male, sia chiaro, ma viste le tematiche trattate il team di sviluppo avrebbe potuto spingere un poco di più in tale direzione, pur senza dover ricorrere a jumpscare gratuiti. La progressione risulterà quindi assai blindata, più simile a quella dei classici walking simulator, con il giocatore che si troverà semplicemente ad incedere lungo gli stage, dovendo di tanto in tanto risolvere alcuni semplici enigmi ambientali. Interessante, a proposito di puzzle, è l’introduzione di un peculiare carillon che, se attivato in determinate location, ci permetterà di alterare il clima, con conseguente variazione dell’area di gioco. Un espediente, questo, che servirà proprio in ottica risolutiva e che, almeno a mio avviso, avrebbe potuto essere sfruttato in modo leggermente più massiccio, data la sua indubbia bontà ludica. Per il resto siamo nei confini del minimo indispensabile per simili produzioni, con il grosso dell’esperienza che poggerà pertanto sulla sceneggiatura, lasciando in disparte la parte più ludica della produzione. Così come non certo esaltante è risultato essere il comparto tecnico che, a dispetto di una caratterizzazione grafica tutto sommato pregevole, ricca di elementi ben definiti ed in grado di dare vita a momenti estremamente suggestivi ed evocativi, lascia alquanto a desiderare in fatto di prestazioni. A spiccare in negativo è il lentissimo caricamento delle texture di gioco, che nella maggior parte dei casi si paleseranno anche dopo 30 secondi, costringendo il giocatore a muoversi in ambienti low poly assai sgradevoli alla vista. Lo stesso frame rate, a dispetto di ambienti di gioco tutto sommato contenuti, si è rivelato incerto in più di una situazione, sacrificando in modo assai evidente la fluidità del tutto. Di tutta altra pasta il comparto audio, in virtù di una soundtrack assolutamente in linea con le atmosfere trattate e di un doppiaggio in lingua inglese estremamente convincente. Peccato per l’assenza di una traduzione in lingua italiana che, soprattutto in produzioni così fortemente story driven, potrebbe rappresentare un limite per una parte dell’utenza.

Si può senza dubbio raccontare una storia interessante, pur senza ricorrere ad elaborati artifici di gameplay, ed in fondo è questo quello che Gray Down riesce a fare. La vicenda di Padre Abraham, difatti, riesce a mettere al centro tutti gli elementi in grado di mantenere vigile l’attenzione del giocatore, ma finisce per lasciare un po’ troppo in secondo piano il fronte puramente ludico. La produzione firmata Interactive Stone, difatti, giunge su console forse un po’ fuori tempo massimo rispetto al suo debutto originale su PC, situazione che rende le meccaniche di gioco oramai sin troppo abusate ed obsolete. Il tutto si lascia comunque giocare senza problemi, ma anche senza particolari sussulti, situazione che potrebbe lasciare con l’amaro in bocca chi è in cerca di un titolo più stratificato, oltre che un pizzico più longevo.