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Recensione Gravity Rush: un titolo che vi farà letteralmente girare la testa

Killer app, killer app, killer app... simile ad un mantra ipnotico questa cantilena accompagna oramai da febbraio, almeno in Europa, la titubante vita di Vita. E scusate il gioco di parole di dubbio gusto. Però è innegabile che tra gli early adopter e coloro che aspettano solo l'occasione giusta per scucire i due centoni, più spiccioli, necessari per portarsi a casa il gioiellino nipponico serpeggi il folle desiderio di un titolo destinato a giustificare l'esborso. Certo, ci sono già gli ottimi UnchartedWipeoutFifa (e altri, checchè ne dicano i detrattori), ma la brama spesso ingiustificata di nuovi titoli è merce comune tra i player moderni. Ebbene, dopo averlo atteso con ansia, Gravity Rush sarà in grado di appagare la sete di un pubblico tanto esigente?

di: Simone Cantini

Killer app, killer app, killer app… simile ad un mantra ipnotico questa cantilena accompagna oramai da febbraio, almeno in Europa, la titubante vita di Vita. E scusate il gioco di parole di dubbio gusto. Però è innegabile che tra gli early adopter e coloro che aspettano solo l’occasione giusta per scucire i due centoni, più spiccioli, necessari per portarsi a casa il gioiellino nipponico serpeggi il folle desiderio di un titolo destinato a giustificare l’esborso. Certo, ci sono già gli ottimi UnchartedWipeoutFifa (e altri, checchè ne dicano i detrattori), ma la brama spesso ingiustificata di nuovi titoli è merce comune tra i player moderni. Ebbene, dopo averlo atteso con ansia, Gravity Rush sarà in grado di appagare la sete di un pubblico tanto esigente?


Mi gira la testa…

Una città sospesa nel cielo dalle architetture che non sfigurerebbero in una produzione di Hayao Miyazaki, un gatto dotato di misteriosi poteri, una nemico indefinito e una strana ragazza capace di distorcere a suo piacimento la gravità. Non si può certo dire che il canovaccio imbastito da Keiichiro Toyama (già autore del memorabile Silent Hill e dell’intrigante saga di Siren) sia avaro di trovate interessanti. Così come stuzzicante è la meccanica di gioco attorno a cui ruota tutta la produzione nipponica. Come già scritto Kat, la nostra protagonista, è una tipetta dal passato misterioso, precipitata dal nulla nella città di Heksville, che in seguito all’incontro con uno strano felino acquisirà la facoltà di alterare la forza tanto cara a Newton. Sarà sufficiente, infatti, la pressione del dorsale destro per vedere la nostra eroina iniziare a volteggiare nell’aria. Direzionandola tramite l’uso di uno dei due stick analogici, o utilizzando il giroscopio interno della console (efficace in spazi ampi ma decisamente più ostico in situazioni più anguste), la ragazza potrà alterare a suo piacimento l’attrazione terrestre, con conseguente ribaltamento dello scenario di gioco, ribaltamento gestito quasi sempre in maniera impeccabile da una camera virtuale assai efficace: le volte in cui ci siamo trovati disorientati dal cambio prospettico, seppur sporadicamente presenti, non inficiano in maniera così grave il lavoro svolto da Japan Studio. In pratica tutto l’ambiente è simile ad un’enorme scatola, pronta a trasformare nel pavimento ogni suo punto sensibile. Messa così sembra una cosa complicata, ma bastano pochi minuti di gioco per prendere confidenza con il sistema di controllo ed avere così accesso ad ogni anfratto della città, anche i più nascosti. Ma di certo Gravity Rush non si fa apprezzare solo per questo…

Sola me ne vo per la città…

Riprendendo, seppur in forma ridimensionata, la formula free roaming tanto cara alle produzioni Rockstar, il lavoro di Toyama ci impegnerà per circa 15 ore in una serie di missioni molto divertenti e sufficientemente variegate: spazieremo da incarichi stealth, a corse contro il tempo, a quest di ricerca o ad altre in cui Kat sarà chiamata a tirare fuori gli artigli. Non mancheranno poi compiti secondari decisamente impegnativi, sbloccabili proseguendo nel gioco, in cui potremo confrontare la nostra abilità con quella dei nostri amici virtuali, oltre che con quella dei player di tutto il mondo attraverso l’utilizzo di un sistema di ranking globale. È presente inoltre un sistema di crescita del personaggio che, attraverso l’utilizzo di alcune gemme (ottenibili sia girovagando per Heksville che completando le numerose side-quest), ci consentirà di potenziare la salute, i poteri e gli attacchi di Kat. Questi ultimi torneranno particolarmente utilii quando ci ritroveremo a combattere contro i Nevi, gli oscuri esseri che sembrano intenzionati a distruggere la città volante. Il combat system messo a punto dal team, per quanto semplice (in pratica si utilizza un solo tasto), non sfigura affatto con il resto della produzione, essendo ben amalgamato nel contesto e chiamato in causa soltanto al momento giusto: insomma, scordatevi di menare unicamente le mani!

Impatto vincente

Inutile girarci tanto attorno: il comparto tecnico di Gravity Rush è sontuoso, forte di una cura artistica maniacale e di un design che difficilmente vi lascerà indifferenti. Heksville è una città viva, ricca di suoni e colori, in cui vi troverete spesso a vagare soltanto per ammirane le bellezze, oppure spinti unicamente dall’irrefrenabile desiderio di raggiungere quel gruppo di gemme violacee che si intravedono in lontananza. Ma tutto questo avrebbe poco senso se non fosse accopagnato da un insieme di texture impeccabili, un set di animazioni curatissime (guardate i capelli di Kat reagire alle alterazioni gravitazioni e capirete di cosa stiamo parlando) e un motore incapace di perdere un singolo frame anche nelle situazioni più caotiche. Ottime anche le musiche, capaci di sposarsi alla perfezioni con i vari momenti di gioco e i vari ambienti in cui vi troverete ad interagire. Beh, messa così sembrerebbe proprio che il titolo di Japan Studio non presti il fianco neppure ad una critica. Ma dato che la perfezione, stando a quanto ci suggeriscono, non è di questo mondo ci troviamo a dover bacchettare lievemente le varie sequenze di intermezzo. Realizzate strizzando l’occhio alle bande dessinée francesi, queste ultime (fruibili tramite l’uso del touch screen) risultano talvolta realizzate in maniera un po’ grossolana, non rendendo così giustizia ad un impatto scenico capace davvero di rasentare l’eccellenza visiva. Fastidiosi anche i tempi di caricamento, davvero un po’ eccessivi che affliggono sia la versione retail che digitale, segno evidente di come la scelta operata da Sony di optare per un formato proprietario delle card di gioco non sia stata proprio azzeccata. Piccolezze, sia ben chiaro, ma ci sembrava brutto essere troppo buoni.

Killer app, killer app, killer app. Sembra proprio che Sony abbia lanciato il suo guanto di sfida ai player, dandogli in pasto un prodotto inappuntabile sotto (quasi) ogni aspetto. Longevità ottima, gameplay impeccabile, comparto tecnico maestoso: diciamo pure che se non avete Vita questa è davvero l’occasione buona per allentare i cordoni del borsello…