Recensioni

Get Even

di: Simone Cantini

Mi capita assai raramente di terminare un titolo e passare diversi minuti a chiedermi cosa abbia mai giocato. In questo 2017 affatto avaro di sorprese, simili sensazioni mi avevano già attanagliato al termine dell’avventura in compagnia di Nier: Automata e oggi, dopo una dozzina di ore passate assieme al misterioso Black, mi ritrovo ad arrovellarmi in merito alla natura del curioso Get Even. Difficile, infatti, collocare in maniera univoca l’opera di The Farm 51 all’interno di un genere ben definito, dato che le sfaccettature di questa particolare e riuscita avventura sono davvero molteplici.

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Nel labirinto della mente

Quella che state per leggere è una recensione che era già pronta da diverse settimane, tante difatti sono quelle che realmente mi separano dai titoli di coda di Get Even. Però, per i motivi che ben sappiamo, Namco Bandai ha deciso di far slittare questo debutto di un mesetto, sia per rispetto nei confronti dei tragici eventi di Manchester, sia (mio umile pensiero) per evitare di alimentare le assurde polemiche che sin troppo spesso vedono il nostro hobby preferito come una causa diretta della follia umana. Eppure sono certo che lo sciagurato salvataggio di una giovane ragazza, a cui è ancorato un giubbotto esplosivo, da parte del già citato Black, non sarebbe potuto sfuggire agli avidi occhi dei cacciatori di untori, pur se collocato all’interno di un contesto quanto mai differente. Ma non ci curiamo di loro e passiamo tranquillamente oltre, visto che non è certo questo l’obiettivo delle righe che sto scrivendo. Già, perché l’attenzione merita di essere tutta dedicata al nostro oscuro protagonista che, in seguito all’esplosione dell’ordigno di cui sopra, si ritrova disteso all’interno di quello che ha tutto l’aspetto di un manicomio dismesso, la testa fasciata da un bizzarro congegno elettronico: cosa è mai quel luogo? A cosa serve quella strana apparecchiatura? E perché si trova rinchiuso tra quelle mura fatiscenti? A fare parzialmente luce su tutti questi dubbi interviene, attraverso alcuni monitor disseminati nella struttura, l’altrettanto misterioso Red. Questi rivela al nostro sbigottito protagonista di essere oggetto di una terapia volta a ripristinare la sua memoria, andata danneggiata in seguito allo scoppio e per farlo sarà costretto a rivivere i propri ricordi grazie alla tecnologia Pandora. Sbigottito e preda di mille dubbi, Black inizierà suo malgrado un viaggio in cui i contorni della realtà finiranno sin troppo spesso per fondersi con allucinazioni ed esperienze altrui, all’interno di un bizzarro gioco di scatole cinesi che, sorpresa dopo sorpresa, ci condurrà ad un inaspettato, quanto riuscito finale, in cui tutti frammenti di quello che è un intricato puzzle troveranno finalmente la loro giusta collocazione.

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Dietro l’angolo

E così come la narrazione anche il gameplay di Get Even ha un’identità quanto mai sfumata, dato che nel corso dell’avventura passeremo più volte dal walking simulator, al FPS, non disdegnando incursioni nel mondo degli stealth game. Il modo in cui simili universi differenti vanno a fondersi è stato sapientemente cesellato dal team, oltre che cucito in maniera magistrale attorno alla trama. Qualunque sia la sfaccettatura che andremo a vivere, nostro compagno inseparabile di avventura sarà un sofisticato smartphone: dotato di un corposo set di applicazioni, questo ci permetterà di analizzare l’ambiente circostante in cerca di prove, sfruttare la visione termica (utilissima per risolvere alcuni enigmi), illuminare l’area di gioco, leggere gli strani messaggi che di tanto in tanto ci verranno recapitati e, infine, controllare la mappa delle aree e la posizione dei nemici. Quest’ultima feature risulterà fondamentale qualora si scelga di adottare un approccio silenzioso, ma anche nel caso in cui decideremo di impiegare la nostra ulteriore compagna di viaggio, la Pistola Angolare. Recuperata dopo pochissime ore di gioco, quest’arma ci permetterà di colpire gli avversari da dietro ai ripari, grazie alla possibilità di ruotarne di 90° la canna. Tramite un pratico monitor integrato saremo in grado di sbarazzarci, senza essere visti, dei vari ostacoli che si frapporranno tra noi e il prossimo obiettivo. Al di là della sua indubbia utilità, però, l’utilizzo della Pistola Angolare (e di tutte le altre bocche da fuoco standard presenti in Get Even) va fortemente a scontrarsi con un gunplay alquanto blando e non certo in grado di rivaleggiare con gli FPS più blasonati del panorama. Si tratta anche della critica più macroscopica che si possa muovere al prodotto The Farm 51, dato che la rozzezza delle fasi shooting stride molto con la qualità generale del gameplay che, in ognuna delle altre derivazioni, si è rivelato quanto mai solido ed ottimamente calibrato. Anche la presunta inefficacia dell’IA avversaria, invero alquanto schematica e prevedibile, trova una sua giustificazione all’interno della narrativa: mero escamotage volto a mascherarne le lacune? Il dubbio è lecito, ma il tutto risulta così perfettamente amalgamato con il contesto che è davvero difficile indicarlo come un difetto. Anche perché salvo alcune particolari situazioni l’agire nell’ombra in Get Even sarà sempre consigliabile, vista anche la scarsa resistenza del nostro alter ego. Quindi, se pensate di acquistare il gioco unicamente per soddisfare la vostra sete di azione avete sbagliato i calcoli: la produzione Namco Bandai, difatti, è un titolo che dietro a questa sua apparenza da duro nasconde un’esperienza alquanto riflessiva, interamente incentrata sulla narrativa e la volontà di venire a capo di una vicenda quanto mai intricata e contorta che, in più di un momento, strizza l’occhio ad Inception. Arrivare alla fine è comunque alquanto gratificante, vuoi per l’intelligenza dell’intera costruzione, vuoi a causa di un setting capace di stuzzicare il player ad ogni passo. Per non parlare della rigiocabilità che, se si è intenzionati a sviscerare ogni segreto del titolo, vedrà il contatore delle ore impennarsi in maniera sensibile. E per un titolo già longevo di suo, soprattutto in relazione al prezzo budget a cui viene proposto, può solo far piacere.

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Musica per le orecchie

Avendo cambiato natura più e più volte dal primo annuncio, passando da velleità multiplayer a compatibilità con la VR, fino a giungere alla forma attuale fortemente ancorata ad un’esperienza in solitaria, aspettarsi il tracollo anche sotto il profilo tecnico non era poi così improbabile per Get Even. E pur non riuscendo a guardare dall’alto in basso gran parte delle produzioni attuali, il titolo The Farm 51 presenta più di una sfaccettatura riuscita. Se è vero che la modellazione generale dei vari personaggi lascia alquanto a desiderare, la resa degli ambienti (grazie anche alla tecnologia proprietaria, applicata all’Unreal Engine 3, sviluppata dal team) è ottima, soprattutto per quanto riguarda gli interni. La fluidità generale è buona, non prestando il fianco ad apparenti situazioni di rallentamento o tearing, così come azzeccata è la direzione artistica generale. A svettare su tutto, però, è il comparto audio, sia per quanto concerne il voice over che la colonna sonora. Quest’ultima, curata da Olivier Derivière e eseguita dalla filarmonica di Bruxelles, si incastra alla perfezione all’interno delle vicende, grazie alla sua capacità di adattarsi in maniera dinamica al mutare della situazione. Pur non essendo un amante dei titoli non localizzati a livello vocale, non posso fare altro che togliermi il cappello al cospetto di una recitazione in lingua originale semplicemente stratosferica, grazie ad attori in grado di restituire in maniera tangibile tutto il pathos delle vicende, senza mai scadere nel ridicolo o nell’overacting. Se avete un buon home theater non potete esimervi dal giocarlo a tutto volume.

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Lo abbiamo atteso a lungo, solo per vedercelo sfuggire di mano a poche ore dal suo debutto ufficiale, ma alla fine Get Even è giunto tra noi e non possiamo che gioirne. Già, perché il lavoro di The Farm 51 riesce a colpire nel segno, grazie ad un mix di generi interessante e costruito attorno ad una narrazione intrigante al punto giusto. Peccato per quella caduta di stile per quanto concerne il gunplay, ma pur al netto di questa evidente defaillance, soprattutto se confrontata con le altre sfaccettature ludiche, la bontà complessiva di Get Even non può certo essere messa in discussione. E per una volta anche le nostre tasche sorrideranno: cosa chiedere di più?