Recensione Garage: Bad Trip
di: Simone CantiniNon so perché, ma quando ho visto il trailer di Garage: Bad Trip la mente è subito corsa al mitico Alien Breed. Sarà perché con il classico Team 17 condivide la visuale a volo d’uccello, o forse perché nei pochi secondi di filmato ho intravisto un essere umano assalito da creature mostruose, il tutto condito da un po’ di sani proiettili. Gli strani scherzi della mente. Ecco, dopo qualche ora in compagnia del lavoro firmato tinyBuild Games, posso senza dubbio dire che le similitudini finiscono rapidamente qua, visto che Garage offre un’esperienza fondamentalmente diversa. Intrigante anche essa nelle sue premesse, ma rovinata da un bilanciamento generale completamente sballato e inutilmente frustrante. Peccato…
accettare i cookie con finalità di marketing.
Sotto la superficie
La vita di Butch è un vero casino, una di quelle che vorresti cancellare e far ripartire da zero, oppure anche solo concludere nel modo più rapido possibile. E proprio questa ultima possibilità sembra essere la più probabile per il nostro sciagurato protagonista, che ritroviamo ad inizio gioco all’interno del tetro garage di un gigantesco centro commerciale, grondante sangue ed oramai prossimo alla dipartita. Pochi passi incerti, che potrebbero essere gli ultimi, mentre tutto attorno è un cumulo di fiamme, macerie e corpi dilaniati. Cosa è successo? Perché si trova qua? E come mai quell’individuo apparentemente morto è tornato in vita? Inizia così Garage: Bad Trip, un survival horror in pixel art, condito con alcune meccaniche twin stick shooter, dotato di un innegabile fascino e che, pur basandosi su tematiche sin troppo abusate e ricche di cliché care ai B-movie, riesce a proporre un plot sicuramente intrigante, le cui carte si andranno a svelare man mano che procederemo lungo i 13 capitoli che ne scandiscono la progressione. Scoprire nuovi tasselli del passato di Butch e fare luce sulle misteriose forze che si celano dietro l’apparente quotidianità del centro commerciale da cui prende il nome il gioco, costituiscono una parte interessante dell’esperienza, a cui si accompagna un gameplay molto classico, per quanto arricchito da alcune marginali deviazioni, ma non per questo meno divertente. In Garage: Bad Trip ci muoveremo all’interno di mappe più o meno complesse, formate da varie stanze i cui accessi dovranno essere sbloccati attivando i classici interruttori, oppure falciando le creature poste a loro difesa, il tutto appoggiandosi ai controlli cari ai citati twin stick shooter. Ovviamente avremo a disposizione un cospicuo numero di armi (oltre ai nostri calci e pugni), che tra shotgun, mitragliatrici e granate sapranno rendere più agevole l’incedere di Butch. Almeno fin quando il gioco non deciderà arbitrariamente di diventare impossibile in maniera assurdamente gratuita.
Problemi di bilanciamento
Sì, perché a dispetto di una struttura in grado di mantenersi interessante per tutte le 4-5 ore richieste per arrivare alla conclusione, Garage: Bad Trip sembra voler fare di tutto per farsi odiare dai sui acquirenti, a causa di un bilanciamento della difficoltà studiato (per dirla in maniera oxfordiana) alla pene di segugio. Già al livello più basso, Garage: Bad Trip presenta degli sbalzi notevoli, alternando momenti estremamente semplici ad altri in cui il numero soverchiante di creature non ci farà sopravvivere che per una frazione di secondo. Gli stessi danni causati dalle creature sono spesso privi di senso, con normali topi in grado di ucciderci con due piccolissimi morsi, mentre ad uno zombie ne possono servire anche tre o quattro. E a peggiorare ulteriormente una situazione già così precaria ci pensa l’approssimativo sistema di mira, sin troppo impreciso e che rende davvero difficile direzionare con precisione i colpi, soprattutto quando ci troviamo ad affrontare le creature più veloci. Se a ciò si aggiungono situazioni in cui il trial and error la fa da padrone, non saranno rari i momenti in cui Garage: Bad Trip finirà per farvi infuriare come solo un Soulslike può fare, senza però che le colpe ricadano sulla nostra scarsa abilità. E non oso pensare come possa essere la situazione al livello di difficoltà più elevato. Sono tutti errori grossolani che, alla fine della fiera, finiscono per affossare in modo evidente una produzione dal fascino comunque pulsante, e che avrebbero potuto essere facilmente evitati. Poche le critiche da muovere, invece, al comparto tecnico di Garage: Bad Trip, ovviamente a patto di amare la pixel art: pur con il suo stile stilizzato, Garage: Bad Trip riesce a trasmettere tutto il senso di decadenza ed orrore del mondo in cui lo sventurato Butch si ritrova a vagare e, pur non ricorrendo ad artifici tecnici mirabolanti, è davvero difficile rimanere delusi dello scenario tratteggiato da ragazzi di tinyBuild Games. Peccato per l’assenza della lingua italiana.
Garage: Bad Trip è un titolo dalle due facce, ognuna opposta all’altra, che una volta metabolizzato finisce per lasciare in bocca l’agrodolce sapore dell’occasione malamente mancata. Setting e storia, per quanto non certo inediti, colpiscono nel segno, ed anche il gamplay potrebbe senza dubbio dire la sua nonostante la propria classicità. È per questo motivo che spiace vedere come simili premesse siano malamente azzoppate da un sistema di mira poco efficace e da una altalenante curva della difficoltà, elementi che di sicuro non possono essere messi in secondo piano e che finiscono, ahinoi, per inficiare il giudizio complessivo della produzione tinyBuild Games.