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Recensione Game Builder Tycoon

di: Luca Saati

Ammettiamolo: ogni videogiocatore, almeno una volta, ha sognato di fondare il proprio studio di sviluppo e dare vita a idee rivoluzionarie. Con Game Builder Tycoon, il gestionale firmato AM Playhouse e recentemente approdato su console, questo sogno può finalmente diventare realtà — almeno virtualmente.

Da One Man Team al Tripla A

L’anno è il 2005: è tempo di entrare nell’industria videoludica fondando il proprio team indipendente. Prima, però, Game Builder Tycoon ci invita a creare il nostro avatar – scegliendone l’aspetto (tra una manciata di opzioni), distribuendo i punti attributo e assegnando un nome allo studio. Si parte come un One Man Team, nella propria stanza, con l’obiettivo di sviluppare un piccolo gioco indie.

Inizialmente le possibilità sono limitate: si può scegliere tra alcuni generi, concept e stili visivi, per poi distribuire punti di priorità su vari aspetti dello sviluppo, come design, narrativa, intelligenza artificiale e altro. La strategia qui è fondamentale: ad esempio, un platform con animali e grafica cartoon privilegerà gameplay e comparto artistico, mentre un’avventura punta e clicca ambientata in un mondo distopico richiederà più enfasi sulla trama.

Stabilito il framework del gioco, si passa alla scelta della piattaforma (inizialmente solo PC), del marketing (limitato al passaparola) e del prezzo di vendita. Dopo aver confermato tutte le impostazioni, il progetto entra in sviluppo. Al termine, il gioco viene pubblicato e riceve recensioni da parte degli utenti, con una media voto che può determinare il successo commerciale. È inoltre possibile, pagando una somma, sbloccare un report dettagliato che evidenzia le aree di forza e debolezza del titolo, utile per eventuali sequel o progetti futuri.

Dopo qualche pubblicazione riuscita, si potranno investire i guadagni per espandere lo studio, assumere personale e dedicarsi alla ricerca e sviluppo. Questo apre a un ventaglio di possibilità decisamente più ampio: giochi single player o multiplayer, modelli free-to-play con microtransazioni, pubblicazione di demo pubbliche e rilascio su più piattaforme.

La fama dello studio cresce (o crolla) a seconda dei giochi pubblicati. Un catalogo di successi farà aumentare il seguito e la considerazione del pubblico, mentre i flop danneggeranno la reputazione. Per spezzare la monotonia dei cicli di sviluppo, il gioco introduce eventi occasionali che possono influire positivamente o negativamente sulla propria azienda: collaborazioni, investimenti esterni, imprevisti e scelte morali che, pur offrendo vantaggi, comportano anche dei rischi, come deludere i fan con partnership sbagliate.

Semplicità e funzionalità

Game Builder Tycoon rappresenta una sorta di compendio degli ultimi vent’anni di produzione videoludica, traducendo in maniera semplice ma efficace i retroscena dello sviluppo di un videogioco. L’esperienza scorre piacevolmente e sperimentare con generi, temi e strategie può rivelarsi sorprendentemente divertente.

Tuttavia, l’impianto di gioco si rivela anche piuttosto minimale. La staticità della telecamera, l’interfaccia essenziale e un comparto sonoro monotono tendono a generare una certa ripetitività nel lungo periodo. Si passa quasi tutto il tempo tra menu e schermate, con pochi stimoli visivi o interattivi a movimentare la scena.

C’è da dire che il gioco è completamente tradotto in italiano — anche se con qualche lieve refuso — e che la versione console offre un’interfaccia ben adattata al controller, sempre chiara e accessibile.

Miglior software house del mondo

Game Builder Tycoon è un gestionale onesto e accessibile, che riesce a trasmettere in modo semplice e intuitivo le sfide dietro la creazione di un videogioco. Nonostante un impianto piuttosto essenziale e una certa ripetitività che emerge nel lungo periodo, il titolo di AM Playhouse riesce comunque a intrattenere, specialmente per chi ama i simulatori e ha sempre sognato di mettersi nei panni di uno sviluppatore.

L’interfaccia ben pensata per console e la traduzione italiana lo rendono ancora più fruibile, anche se si avverte la mancanza di maggiore profondità, varietà visiva e stimoli durante le fasi passive. Non un capolavoro del genere, ma una piacevole sorpresa per chi cerca un’esperienza leggera ma appassionata.