Recensione Furi
di: Federico LelliNato dalle mani di The Game Bakers, Furi unisce le dinamiche degli Shoot’em Up Twin Stick e di Hack & Slash in una combo mortale. Vediamo cosa ne esce fuori.
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Chi rimane in piedi vince sempre
Non è la prima volta che dal mondo indie arriva un titolo che fa suo il gameplay di due diversi generi e li fonde insieme per creare un nuovo ibrido. Basta guardare il video qui sopra per rendersi conto che il bullet hell a cui siamo esposti in Furi è pari solo ai grandi classici di Treasure (che dio li abbia sempre in gloria), solo che in questo caso invece di muovere un’astronave/aereo/elicottero siamo nei panni di un uomo che può attacare anche sulla corta distanza grazie alla sua spada.
Ma andiamo con ordine, Furi si introduce grazie ad un primo boss che fa da tutorial e che ci inizia subito a tutte le modalità di gioco e alla storia: il nostro eroe senza nome è infatti prigioniero all’interno di uno strano carcere che comprende diverse sezioni, ognuna presidiata da un nemico differente. Presto scopriremo che la parte relativa al gameplay sarà solo quella dedicata alle boss battle, dove ci troveremo ad affrontare il nemico di turno in arene quasi sempre circolari, anche se a volte percorse da muri, fossati e altri ostacoli.
Il modus operandi è generalmente il medesimo in ogni livello: il nostro samurai può sparare dei colpi usando le dinamiche già viste negli sparatutto twin stick, quindi muovendosi con uno stick e sparando con l’altro, questo è di solito il primo attacco che possiamo effettuare dalla distanza per indebolire il nemico, che intanto ci sta mandando una pioggia di proiettili da evitare grazie agli spostamenti del primo stick e alla possibilità che ha il nostro eroe di teletrasportarsi di qualche metro nella direzione prescelta. Una volta indebolito l’avversario possiamo avvicinarci e attaccarlo con una semplice combo della nostra spada. Allo stesso modo sulla corta distanza il nemico continua ad attaccare con proiettili, da evitare con le solite schivate, o con attacchi fisici, che andranno parati con il bottone della difesa.
Ad eccezione della parata, tutte le azioni che abbiamo possono essere caricate e generano una mossa dall’efficacia maggiore: un proiettile più forte, una schivata più lunga, un attacco fisico più imponente e dal danno più elevato. In molti casi l’uso dell’azione potenziata è richiesto per sconfiggere il boss o per evitare al meglio i suoi attacchi.
Come da tradizione SHMUP i nemici, i loro proiettili e i loro attacchi si muovono fondamentalmente grazie a pattern predefiniti, spesso abbastanza semplici da inquadrare ma non altrettanto facili da contrattaccare, e hanno a disposizione una serie di vite che equivalgono al numero di trasformazioni che affronteremo. Ogni volta che lo sconfiggeremo con successo infatti il nemico diventerà più forte e ci sarà la possibilità che i suoi attacchi diventino più veloci, più estesi, o che siano completamente differenti. Come da tradizione SHMUP anche Furi parte come un gioco impegnativo e si evolve come un gioco decisamente difficile, dedicato alla gente più paziente, anche perché le vite a nostra disposizione saranno sempre minori rispetto a quelle del nemico.
Forte di un visual design brillante fatto di colori al neon vivacissimi e di un character design molto interessante e curato, a Furi non serve fare sfoggio di particolari tecnicismi per rendere l’esperienza di gioco più che gradevole alla vista.
Sicuramente dedicato ad una nicchia di giocatori, Furi riesce comunque a stupire per le idee che propone e per il modo in cui esegue il tutto. Certo, la storia è solo un pretesto senza grandi sviluppi ed è raccontata da noiose fasi semi-interattive che potevano benissimo essere dei filmati e oltre alle boss battle non c’è altro da fare, dall’altro lato i nemici sono così vari, interessanti e curati che è quasi una gioia passare direttamente alla prossima sfida, senza doversi sorbire quello che poteva essere l’eventuale livello preparatorio.