Recensione FRU
di: Luca "RukaManni" ManniParafrasando un certo Nietzsche, “Kinect è morto”.
Non che abbia mai goduto di buona salute (per lo meno in ambito videoludico) sia chiaro, ma in questa generazione Microsoft aveva dato l’impressione di puntare molto sulla sua periferica tanto da implementarne le funzionalità nel sistema operativo di Xbox One. Purtroppo le cose non sono andate come il colosso americano aveva pronosticato e, vuoi la mancanza di titoli interessanti, o vuoi l’elevato costo di vendita, si è visto costretto a relegarla in secondo piano dapprima realizzando bundle console privi di Kinect e, in tempi recenti, eliminando persino la porta d’ingresso dedicata dalla nuova Xbox One S, nonostante la possibilità di utilizzare un apposito adattatore (gratuito con il passaggio dalla vecchia alla nuova console) che probabilmente la maggior parte degli acquirenti lascerà a prendere polvere nella scatola. Un vero peccato visto che le potenzialità del Kinect 2.0 sono innegabili e non stupisce che venga usato, con successo, in numerosi settori che di ludico hanno ben poco, come quello medico, tanto per citarne uno.
È fisiologico, pertanto, il disinteresse di buona parte degli sviluppatori nell’utilizzo di questo particolare sensore di movimento la cui implementazione all’interno dei giochi ha un costo di non poco conto: una minor potenza di calcolo della console da poter sfruttare. E, nel mercato attuale, dove risoluzione e frame rate sono diventati terreno fertile per flame e console war, la scelta a monte di non voler più supportare il Kinect da parte di Microsoft è quanto mai condivisibile.
Eppure, qualche sparuto sviluppatore che pensa che la suddetta periferica abbia ancora qualcosa da dire, c’è. È il caso della software house olandese Through Games e del loro FRU, un puzzle-platform bidimensionale il cui prototipo è stato sviluppato durante la Global Game Jam di Breda del 2014 in sole quarantotto ore e che fa ampio uso del Kinect senza però mettere da parte il controller tradizionale.
Curiosi? Beh, continuate a leggere allora.
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IL CANTO DEL CIGNO
FRU è probabilmente, il canto del cigno di una periferica che non ha mai davvero scalfito il cuore dei fan Xbox 360/One. Un “accrocco” costoso e per di più scomodo da usare in ambienti piccoli, a causa dello spazio richiesto dal Kinect per riconoscere il giocatore e ciò che lo circonda ma che, come ha dimostrato Through Games, è in grado di offrire un’esperienza unica nel panorama videoludico contemporaneo.
In FRU, la periferica riproduce sullo schermo la sagoma del giocatore mentre, attraverso il pad, è possibile muovere e far saltare il proprio alter ego, una bambina con una maschera da volpe sul viso.
Ma come interagiscono tra le loro queste due componenti?
La silhouette del giocatore scopre porzioni di scenario che altrimenti non sarebbero visibili e consente di creare percorsi e piattaforme utili per permettere al protagonista di proseguire.
Se inizialmente ci si limita ad “allungare” una mano per aiutare la bambina, andando avanti sarà necessario dare prova di tutte le proprie abilità atletiche assumendo pose contorte ma indispensabili per giungere alla fine di ciascuno dei quattro livelli in cui è suddiviso il gioco. In ognuno di essi la figura del giocatore acquisterà capacità specifiche, come trasformarsi in una massa di acqua nella quale far nuotare il personaggio, diventando egli stesso un’elemento inscindibile del gameplay. Sfortunatamente però, oltre a liberare il passaggio per far avanzare la bambina, la propria sagoma metterà in evidenza anche pericoli di diversa natura, come lava o tralicci acuminati, rendendo la progressione sempre più complessa ma al tempo stesso estremamente divertente.
Il gioco vanta anche una modesta componente narrativa che viene “illustrata”, al termine di ciascun livello, attraverso parole e immagini dipinte sul muro. Un aspetto che, per quanto poco marcato in una produzione che fa del gameplay il suo punto forte, dona un tocco di personalità al titolo sviluppato da Through Games.
UN TOCCO D’ITALIANITÀ
Da quella G.G.J. del 2014 FRU ha subito un restyling radicale e fondamentale in tal senso è stato l’innesto nel team olandese di un nostro connazionale, Mattia Traverso (oggi tra le fila di Ovosonico) che, in qualità di Game Designer, ha ridisegnato e curato ogni aspetto del gioco senza però intaccare in alcun modo l’idea intorno alla quale è stata plasmata l’opera di Through Games: fondere Kinect e Pad in un unico, grande controller. E i miglioramenti, da un punto di vista puramente estetico, sono innegabili. Purtroppo, però, la ripetitività degli scenari, in particolar modo dei fondali, incrina l’atmosfera fiabesca e a tratti onirica che il titolo tenta di costruire, smorzando l’impatto emotivo del giocatore. Un vero peccato.
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CONCLUSIONE
Diciamocelo chiaramente, FRU è un piccolo capolavoro. Non un titolo che da solo può spingere all’acquisto della periferica ma pur sempre un’esperienza imprescindibile per qualsiasi possessore di Kinect, nonostante la durata complessiva si aggiri sulle cinque, sei ore. Un finto problema in realtà, visto che il titolo in questione non è stato pensato per essere giocato tutto d’un fiato ma per essere fruito poco alla volta, a fronte anche dello “sforzo fisico” che viene richiesto al giocatore.
Divertente, complesso e con livello di difficoltà sempre in crescendo, FRU è il canto del cigno di una periferica ormai relegata ai margini di un mercato che, purtroppo, non gli ha mai dedicato lo spazio che avrebbe meritato.