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Recensione Fated: The Silent Oath

di: Simone Cantini

Mi capita raramente di rimanere basito davanti ad un videogioco, di arrivare ai titoli di coda con un espressione perplessa. Come nelle più classiche delle storie d’amore tormentate mi ritrovo a chiedermi se la colpa sia mia oppure sua, sforzandomi di trovare anche il più piccolo appiglio in grado di aiutarmi in questa difficile valutazione. Ed è proprio questo il caso di Fated: The Silent Oath, titolo da poco sbarcato sul PlayStation VR e che stato in grado, pur nella sua breve durata, di mettere a dura prova il mio io redazionale.

https://youtu.be/UBcpnajX0X4

Il silenzio del guerriero

Ambientato in territorio norreno, Fated: The Silent Oath ci narra la brevissima (si parla di poco più di un’ora) storia di Ulfr, un vichingo salvato dalla morte dalla mistica valchiiria Freya in cambio della propria voce. Strappato magicamente dalle porte del Valhalla, il nostro silenzioso protagonista si ritroverà ben presto a dover affrontare il tragico destino del proprio clan, ridotto allo stremo in seguito ad un misterioso attacco. Costretto a lasciare le proprie terre, Ulfr si imbarcherà in una viaggio della speranza, che lo porterà ad affrontare mitologici giganti, risolvere antichi enigmi e difendere la propria famiglia, come promesso a Freya. E sarà proprio il nucleo affettivo a costituire uno dei punti salienti di questa sintetica avventura fortemente emozionale, che proprio a causa di questi condensati limiti temporali fallisce nel tentativo di coinvolgere in maniera considerevole il giocatore/spettatore. Suddiviso in quattro distinti atti, Fated: The Silent Oath ha più l’aspetto di un corposo prologo di quella che ha tutte le caratteristiche di un’avventura decisamente più consistente, dato che il sopraggiungere inaspettato dei titoli di coda segna il brusco e definitivo punto di arresto di un climax che sembra nascondere molto più di quanto non mostri. E a corroborare tale sensazione ci hanno pensato le voci che volevano il titolo in questione come il primo capitolo di un’esperienza di ben altro spessore. Peccato che sia trascorso un anno dal suo originale debutto su PC senza che gli sviluppatori abbiano rilasciato ulteriori informazioni a riguardo. Pur essendo un gioco profondamente story driven, caratterizzato da una componente narrativa passiva molto marcata, Fated: The Silent Oath non manca di presentare momenti più giocosi, mettendo sul piatto un gameplay davvero efficace nella sua semplicità. Oltre a muovere la testa per rispondere alle varie domande poste dagli altri personaggi, Ulfr potrà contare sulle sue mani, controllate rispettivamente attraverso i due pulsanti dorsali del pad. Queste potranno essere impiegate per utilizzare un arco, guidare il nostro carro in una folle corsa per la sopravvivenza, oppure per risolvere alcuni elementari enigmi mnemonici. Si tratta di tre semplici digressioni che servono principalmente a spezzare il ritmo della narrazione, che lasciano però l’amaro in bocca a causa della loro brevità. Tutto assume l’aspetto di generoso tutorial che, similmente a quanto visto in Horizon, sembra quasi voler aiutare il giocatore a calarsi all’interno di un contesto di più ampio respiro, finendo però per disilludere le attese. E ciò si riflette anche sull’emotività della storia, che finisce per scivolare via senza lasciare tracce palpabili, dato che manca proprio il tempo sufficiente per affezionarsi ai nostri compagni di avventura. Un vero peccato, visto che Fated: The Silent Oath riesce, in una manciata di minuti, a tratteggiare situazioni e character di spessore.

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La semplicità paga

I limiti computazionali del binomio PS4/PSVR sono oramai noti, ma se opportunamente affrontati riescono comunque a restituire risultati più che soddisfacenti. La scelta di proporre una caratterizzazione grafica fortemente cartoonesca, dunque, aiuta molto in questa direzione, permettendo ai ragazzi di Frima Studio di proporre una quadro estetico gradevolissimo e pulito. Pur caratterizzati da linee e geometrie estremamente essenziali, ambienti e personaggi offrono un colpo d’occhio assai convincente, permettendo al giocatore di non avvertire in maniera così brusca lo stacco visivo causato dal PlayStation VR. Convincente anche il comparto audio, che può vantare una main theme struggente e perfettamente in linea con le atmosfere trattate. Buono anche il voice over in lingua inglese, peccato che non sia accompagnato da sottotitoli, pecca che limita enormemente la fruizione ed il coinvolgimento.

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Fated: The Silent Oath mi ha fatto davvero arrabbiare, ma non perché brutto o mal realizzato, anzi. La delusione scaturisce dal suo essere semplicemente un rozzo bozzetto di un gioco che avrebbe dovuto essere ben più grande e stratificato, capace di rendere giustizia a setting, personaggi e gameplay decisamente ben costruiti. Così come è presentato il titolo Frima Studio va ad inserirsi nell’affollato panorama delle occasioni mancate, oramai una triste consuetudine per il bistrattato mondo della realtà virtuale.