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Recensione Far Cry 6

di: Luca Saati

Che la serie Far Cry con le ultime uscite abbia sofferto un po’ dei fantasmi del suo passato (l’eccellenza del terzo capitolo è un lontano ricordo) era chiaro già con il quarto capitolo uscito nel 2014. Da quel momento la serie non è più riuscita ad esprimersi al meglio proponendo buoni titoli, ma non qualcosa in grado di rimanere davvero impresso nella memoria dei giocatori. Nonostante un calo sempre più evidente, le vendite hanno sempre aiutato Ubisoft che non ha mai mollato e, anzi, ha sempre cercato di alzare l’asticella delle ambizioni. E se ingaggi Giancarlo Esposito e proponi la mappa più grande che la serie abbia mai visto, diciamo che l’asticella delle ambizioni di questo Far Cry 6 punta decisamente in alto.

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“Una mattina mi son svegliato…”

A seguito di una rivoluzione guerrigliera, l’isola di Yara è sprofondata nella povertà e ci ha vissuto per anni fin quando un nuovo leader venne eletto per ricostruire quel paradiso. Quel leader risponde al nome di Anton Castillo, il presidente di Yara interpretato dal già citato Giancarlo Esposito. Questa rinascita è stata possibile grazie al Viviro, una cura per il cancro creata grazie al prezioso tabacco yarano in combinazione con un fertilizzante. Per produrre in larga scala il Viviro, Anton Castillo annuncia che ‘preleverà’ gli abitanti di Yara per metterli ai lavori forzati come in una qualsiasi dittatura che si rispetti.

In questo contesto inizia l’avventura di Dani, un guerrigliero (o guerrigliera, il sesso del protagonista può essere scelto liberamente) in fuga dall’isola di Yara. La barca che lo porterà clandestinamente negli USA viene però bloccata dalle forze armate di Castillo. Dani sopravvissuto per miracolo all’agguato, viene condotto dalle onde sulle rive di Isla Santuario dove viene accolto dal gruppo ribelle Libertad. Spinto dal suo spirito di vendetta, Dani si unisce così ai ribelli nel tentativo di fermare una volta per tutte la dittatura di Castillo.

Superata la parte introduttiva su Isla Santuario, Far Cry 6 apre le porte del suo mondo al giocatore riprendendo la struttura vista nel precedente episodio: prima di arrivare da Anton Castillo bisogna passare sui cadaveri dei suoi 3 sottoposti situati in altrettanti regioni dell’Isola di Yara. E qui iniziano i primi problemi di Far Cry 6 ereditati direttamente dal precedente episodio: questa struttura di gioco che concede la massima libertà al giocatore (quelli sono i bersagli, decidi tu l’ordine in cui affrontarli) indebolisce pesantemente la narrazione che si rivela molto frammentata e di conseguenza priva di qualsiasi mordente. La stessa minaccia del villain interpretato da Giancarlo Esposito è debole, non è una di quelle incombenti che può colpire all’improvviso e cogliere così di sorpresa. D’altra parte invece i personaggi secondari che affiancano il protagonista durante la rivoluzione si rivelano sufficientemente caratterizzati e un deciso passo avanti rispetto a quelli anonimi dei capitoli precedenti. Tutto ciò non basta comunque a salvare un comparto narrativo spento. Un enorme spreco insomma. Non ci viene in mente altro aggettivo per descrivere la narrativa di Far Cry 6. Sarebbe bastato optare per una struttura un po’ più lineare come l’amato terzo capitolo per poter rendere giustizia ai personaggi (villain in primis) e agli eventi raccontati dalla rivoluzione di Dani Rojas.

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Un mondo troppo grande

I fan della serie si ritroveranno immediatamente a casa muovendo i primi passi in Far Cry 6 dato che il gameplay è praticamente il solito con un mix di intense fasi shooting, stealth e qualche sessione di cecchinaggio a seconda di come decidiate di affrontare ogni missione. Novità da questo punto di vista insomma non se ne segnalano ad eccezione di una maggiore diversificazione delle bocche da fuoco che restituiscono feedback un po’ più diversificati grazie a un sistema tutto nuovo di personalizzazione che andremo ad approfondire tra qualche riga.

Una volta superata la prima isola, il gioco si sposta sulla mappa principale che è la più grande che la serie abbia mai visto. Suddivisa in tre macro aree, a loro volta suddivise in zone più piccole, ognuna con il grado consigliato, la mappa di Far Cry 6 concede la massima libertà al giocatore permettendogli di affrontare nell’ordine che più gli è congeniale le missioni principali e secondarie. Tra la liberazione degli avamposti e dei posti di blocco, la distruzione della contraerea, la raccolta di armi ed equipaggiamento, e attività più leggere come il combattimento tra i galli c’è davvero l’imbarazzo della scelta in Far Cry 6. Il problema arriva però nel momento in cui il giocatore viene scaraventato in questo enorme open world con decine di missioni (tra principali e secondarie) disponibili con il rischio di risultare dispersivo in più di un’occasione.

Il mio Dani

La progressione del personaggio è legata a stretto contatto all’equipaggiamento: indumenti, armi e il supremo. Partiamo proprio da quest’ultimo che altri non è che uno zaino che consente di sbloccare un attacco speciale attivabile tramite la pressione simultanea dei due tasti dorsali. Una sorta di finisher in stile Overwatch che si ricarica col tempo e con le uccisioni. Ce ne sono di diverso tipo: si parte con il primo che consente di sparare dei missili e distruggere tutto ciò che ci circonda, ma progredendo nel gioco ne sbloccheremo di altri che consentono ad esempio di lanciare un’onda EMP che disattiva tutti i sistemi elettronici nell’area, un’onda di fuoco capace di bruciare qualsiasi cosa ci capiti a tiro e così via. Abbiamo poi gli indumenti che si possono trovare in giro per la mappa. Ci sono vari set suddivisi tra le varie parti del corpo (testa, corpo, braccia e gambe) che conferiscono ulteriori abilità. Sia il supremo che gli indumenti permettono di personalizzare il personaggio in base al proprio stile di gioco favorendo ad esempio uno stile più silenzioso ad uno più aggressivo.

Le armi sono personalizzabili in vari aspetti tramite gli appositi banchi di lavoro: possiamo ad esempio decidere che tipo di munizioni utilizzare (antiuomo, perforanti, incendiari ecc). Queste in particolar modo si riveleranno utili per affrontare le varie tipologie di nemici: un cecchino ad esempio sarà più vulnerabile alle munizioni antiuomo, un artigliere alle munizioni perforanti, coloro che spruzzano il veleno alle incendiarie e così via. Le armi saranno inoltre personalizzabili con mirini e delle mod che conferiscono ulteriori abilità passive. Oltre alle bocche da fuoco più tradizionali, ne troviamo altre più esotiche come una sparachiodi, una balestra che spara vinili come se fossero delle lame, un fucile da cecchino caricato a razzi. Ad aiutare il protagonista troviamo anche gli amigos, ovvero degli animali controllati dalla CPU ai quali possiamo dare dei semplici ordini. Abbiamo il carino e coccoloso Chorizo che può distrarre i nemici, il coccodrillo Guapo che li assale, il cane Boom Boom che evidenzia i nemici sulla mappa, la silenziosa e letale pantera Oluso.

Tutti questi sistemi nel loro insieme funzionano anche se in più di un’occasione si è sentita la mancanza di uno skill tree tradizionale che dava un vero senso di progressione del personaggio. Inoltre c’è da dire che passare ogni volta dal menù di gioco per cambiare l’equipaggiamento (e di conseguenza le abilità passive) alla lunga diventa un’operazione tediosa. La fortuna, per modo di dire, è che l’intelligenza artificiale non ci ha mai davvero costretto a effettuare repentini cambi. L’IA dei nemici infatti si limita alle cose basilari e si rivela davvero pericolosa solo quando ci attacca in massa. Persino il grado delle varie zone della mappa si è rivelato abbastanza inutile poiché il livello di sfida non è mai riuscito a impensierirci davvero.

L’isola di Yara

Far Cry 6 sfrutta il solito Dunia Engine della serie. Il motore per l’occasione è stato tirato a lucido, ma la sensazione è che in futuro ci sia bisogno di una pesante modifica dell’engine per portare la serie davvero sulla next-gen. La versione Xbox Series X da noi provata gira a 60 fps e 4K non nativi. Peccato che l’isola di Yara non ci abbia davvero stupido risultando abbastanza anonima e generica nonostante qualche scorcio piuttosto piacevole. Diciamo che Ubisoft ci ha abituato a qualcosa di meglio in ambito open world se pensiamo all’Inghilterra di Assassin’s Creed Valhalla e alla Londra di Watch Dogs Legion lo scorso anno. Grave mancanza è quella del ray tracing che speravamo di vedere su ogni gioco in questa nuova generazione di console.

Le cutscene invece girano a 30 fps con alcuni cali di framerate, ma la qualità generale è più alta grazie a dei modelli poligonali maggiormente dettagliati. Ottima la regia che riesce a rendere giustizia alle interpretazioni degli attori, Esposito in primis, ma anche gli altri c’è da dire che non sono da meno. A tal proposito segnaliamo un doppiaggio in inglese di ottimo livello (manca l’italiano, presente solo nei testi), e delle musiche di derivazione latinoamericana che si adattano al contesto.

Commento finale

Quando Far Cry 6 è stato annunciato abbiamo davvero sperato in un ritorno in grande stile della serie dopo alcune uscite un po’ sottotono incapaci di eguagliare l’eccellenza dell’indimenticabile terzo capitolo. La presenza di Giancarlo Esposito a interpretare il villain lasciava ben sperare, ma purtroppo ci siamo ritrovati dinanzi all’ennesimo Far Cry derivativo e senza più la verve di una volta. Che sia chiaro, non stiamo parlando di un gioco pessimo, ma arrivati a questo punto era lecito aspettarsi quel qualcosa in più in grado di catturarci come in passato. E invece Far Cry 6, così come un altro gioco Ubisoft che risponde al nome di Ghost Recon Breakpoint, si è rivelato un titolo così grande da risultare a tratti dispersivo e noioso. Che Far Cry 6 sia l’episodio della saga più grande fatto finora è sotto gli occhi di tutti non appena muovono i primi passi sull’anonima isola di Yara, ma Ubisoft dovrebbe iniziare ad imparare che grande non vuole per forza dire migliore.