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Recensione F.I.S.T.: Forged In Shadow Torch

di: Simone Cantini

Sulle pagine di Console Tribe, il primo incontro con un esponente del così detto China Hero Project risale a qualche anno fa, quando vi ho parlato di Immortal Legacy: The Jade Cipher, produzione diretta a PSVR. All’interno del progetto con cui Sony intende ampliare le proprie partnership all’interno del territorio cinese, però, possiamo trovare tantissimi altri titoli, che nei prossimi mesi andranno a rimpolpare la line up del colosso nipponico. Ed una delle new entry di questa lista è F.I.S.T.: Forged in Shadow Torch, un riuscito metroidvania che, pur senza stravolgere le fondamenta del genere di appartenenza, è riuscito a coniugare la tradizione con un setting sicuramente interessante, oltre che con un combat system appagante e stratificato.

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Coniglio a chi?

Non c’è pace per i furizens di Torch City, sottomessi come sono alle angherie dei metallici Iron Dogs, forze robotiche che hanno oramai preso il controllo della città, relegando nei bassifondi gli animali antropomorfi che un tempo la abitavano serenamente. E tra loro troviamo il disilluso Rayton (o Ray, per quei pochi amici rimasti in vita), un ex membro della forza militare del luogo, che dopo aver visto morire davanti ai suoi occhi il compagno Cicero, ha oramai scelto di vivacchiare in relativa tranquillità, fingendo di ignorare i soprusi che i suoi concittadini sono costretti a sopportare. Tutto cambia improvvisamente, però, quando gli Iron Dogs catturano il suo amico Urso, e lo rinchiudono all’interno del carcere cittadino. Avvolto da una rabbia che creda sopita, Ray troverà di nuovo la forza di lottare, e dopo essersi riappropriato del suo vecchio equipaggiamento, si lancerà in una disperata operazione di salvataggio, che finirà ben presto per trasformarsi in un’avventura più grande e letale del previsto. Pur non brillando pe scrittura e profondità, la trama che scandisce F.I.S.T.: Forged in Shadow Torch funge da solido collante alle varie parti giocate, grazie anche all’uso di più che discrete cinematiche, ed una spruzzata di dialoghi mai troppo invasivi (purtroppo non localizzati nella nostra lingua). A colpire maggiormente l’attenzione, però, è senza dubbio l’atmosfera dieselpunk che avvolge il tutto, e che riesce a mettere in scena un mondo estremamente dettagliato e dotato di una caratterizzazione efficace e minuziosa. Tra suggestioni che richiamano alla mente la mai dimenticata Midgar, ma che non lesinano echi di Blade Runner o Ghost in the Shell, la Torch City che funge da hub principale della vasta area di gioco presenta un look sicuramente riuscito, che unito al peculiare design di personaggi animali e meccanici riesce a restituire alla produzione TiGames un feeling decisamente unico. Per quanto derivativa, l’ambientazione è sicuramente uno degli assi nella manica del titolo, ma i pregi maggiori sono da ritrovare altrove, ovvero nel gameplay, che pur non presentando guizzi di originalità assoluta si è rivelato decisamente solido e divertente.

Botte da orbi

Ray non sarà di certo inerme nel suo girovagare per le varie ambientazioni, ma potrà contare su di un discreto numero di dispositivi. Il principale sarà costituito dal pugno meccanico, visto nei vari trailer, alloggiato sulla sua schiena, e che rappresenterà il principale strumento di offesa (almeno inizialmente). Man mano che avanzeremo nella campagna, lunga circa una quindicina abbondante di ore, a questo si andranno ad affiancare una trivella ed una frusta, ognuna delle quali si porterà in dote variazioni alle abilità del nostro eroico coniglio. La prima ci permetterà, oltre che di sfondare ostacoli, di planare per un breve periodo, oltre che di muoverci sott’acqua; alla seconda invece, oltre a garantire una potenza di offesa a medio raggio, verrà demandato il ruolo di rampino, utile funzione che ci permetterà di raggiungere le aree più nascoste della mappa di gioco, oltre che di superare particolari sezioni. Ovviamente il trittico di strumenti avrà un ruolo attivo anche in battaglia, grazie ad una serie di combo uniche, che potremo ampliare e potenziare tramite un semplice skill tree: caratterizzati ciascuno da un peculiare feeling e moveset, questi oggetti servono principalmente per mettere in mostra il riuscitissimo combat system di F.I.S.T.: Forged in Shadow Torch, che è risultato decisamente appagante e stratificato, e che sarà buona norma imparare a padroneggiare rapidamente, vista la difficoltà non certo permissiva della produzione. Il gioco, difatti, si configura come un’esperienza decisamente impegnativa, vista la coriaceità dei nemici, anche quelli più elementari, che soprattutto in occasione delle lotte con più avversari (e saranno tantissime, credetemi!), richiederanno una velocità di azione non certo banale. Lo stesso vale anche per gli scontri con i frequenti boss e mid-boss, sempre interessanti e mai scontati, grazie a moveset imprevedibili e rapidissimi, capaci di mettere a dura prova come solo un soulslike sa fare (non esagero!). Ed è proprio alla luce di questa osticità generale che emergono i primi scricchiolii del gioco, incarnati da una disposizione dei checkpoint non sempre felice, oltre che da alcune scelte di design rivedibili, che potrebbero portarvi, soprattutto nelle fasi finali dell’avventura, a ritrovarvi sottopotenziati rispetto alle minacce, senza che vi sia data la possibilità di tornare indietro per recuperare eventuali power up. Chi cerca una sfida degna di questo nome, però, saprà sicuramente trovare pane per i propri denti.

Solide certezze

Più classica, invece, la struttura ludica relativa all’esplorazione, che presenterà la canonica mappa che andrà ad aprirsi poco a poco sotto gli occhi del giocatore, grazie alle varie abilità che sbloccheremo durante la progressione. Tra doppi salti, maschere subacquee e wall jump, non c’è davvero nulla che faccia gridare al miracolo, ma tutto è comunque calato all’interno di un titolo caratterizzato da un design riuscitissimo, che ha soltanto in un paio di sezioni i suoi punti più deboli (odierete quelle maledette batterie!). Per il resto c’è davvero poco da obiettare in merito alla composizione della mappa di gioco, accattivante anche in fatto di ambientazioni proposte, e che non si ridurranno alla sola Toch City. Tutto, almeno su PS5, si presenta anche in forma smagliante, grazie alla già citata cura per il dettaglio e le solide prestazioni fatte registrare sull’ammiraglia Sony, che può vantare un frame rate inchiodato ai 60 fotogrammi al secondo. Peccato per la telecamera un po’ troppo distante dall’azione, che tende a rendere un eccessivamente caotici i combattimenti più affollati. Luci ed ombre, invece, per quanto concerne il comparto audio, che sia che si scelga il voice over inglese che quello cinese, risulta quasi scollato dall’azione, come evidenziano le già citate cinematiche. Nella norma la colonna sonora, capace di alternare brani più riusciti ad altri decisamente anonimi.

F.I.S.T.: Forged in Shadow Torch non riscriverà di certo la storia dei metroidvania, ma non per questo deve essere bollato come semplice compitino. La produzione TiGames, difatti, mette in mostra una cura realizzativa sicuramente pregevole, capace di dare vita ad un setting intrigante e ben costruito, a cui si accompagna un gameplay solido e rodato, impreziosito dal validissimo combat system. Alla luce di ciò, comunque, è innegabile come il tutto non riesca mai a spiccare quel piccolo balzo che potrebbe un titolo imprescindibile a 360°, soprattutto in virtù di alcune intuizioni di design a tratti rivedibili, oltre che da una difficoltà generale a tratti davvero troppo esagerata. Sicuramente un prodotto non adatto a chi cerca un’esperienza rilassante e votata alla semplice esplorazione, ma se siete in cerca di un gioco ben costruito e stimolante, la salvezza di Torch Town potrebbe rivelarsi una piacevolissima sorpresa.