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Recensione Exo One

di: Simone Cantini

Cosa succede se si incontrano, ludicamente parlando, i concept che sono alla base di Marble Madness e Journey? Due titoli, quelli appena citati, assai differenti tra di loro, sia per meccaniche che ambientazione, ma che grazie ad Exo One hanno dimostrato di poter funzionare (quasi) alla perfezione qualora decidessero di dare vita ad un insolito connubio. Il titolo sviluppato da Exbleative, difatti, è riuscito a declinare in modo assai curioso due mondi così distanti tra di loro, dando vita ad un’esperienza che, per quanto non certo impeccabile sotto ogni punto di vista, è risultata essere assai peculiare ed interessante.

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Segnali dal profondo

Exo One è la storia di un viaggio, il racconto rarefatto di una corsa tra le profondità del cosmo, la disperata ricerca di un lontano segnale, unico faro di speranza negli oscuri abissi dello spazio. Tutto ha inizio attorno all’orbita di Giove, quando un gruppo di astronauti finisce per scomparire nel nulla, facendo perdere ogni traccia della loro esistenza. Eppure, come si riesce a capire dalla disturbata voce di un reporter terrestre, pare esserci un unico sopravvissuto, che spinto dal desiderio di salvare i propri compagni deciderà di seguire quel segnale citato in apertura, a bordo di una bizzarra navicella sferica in grado di adattare la propria forma per sfruttare le condizioni ambientali dei vari pianeti che la separano dalla meta finale.

Un criptico viaggio che dispiegherà con parsimonia le sue carte attraverso una narrazione rarefatta, figlia di flash labili ed improvvisi, sparute righe di codice e dialoghi frammentati. Starà a noi mettere assieme i pezzi di questo scombinato puzzle, lasciando che siano le suggestioni visive e sonore a prendere il sopravvento, relegando la storia alla base di Exo One in secondo piano, a meno di non riuscire a sviscerare e raccogliere tutti gli indizi che saranno disseminati lungo i vari stage. E non è poi questo gran difetto, questo, visto che la produzione firmata Exbleative sembra voler consapevolmente lasciare aperta la porta alle personalissime considerazioni del giocatore. E a noi va bene così.

Rotola, salta e vola

Sicuramente più diretto e meno criptico è il gameplay su cui poggia Exo One che, come detto, sembra nascere dalla fusione delle idee alla base dei due giochi citati in apertura di recensione. Attraversare i vari mondi che scandiscono le circa 2-3 ore della campagna, ci richiederà di sfruttare il potere di alterare la gravità garantito dalla navicella: premere il grilletto destro la renderà più pesante, consentendole di prendere velocità in presenza di pendii, così da poter spiccare balzi considerevoli, utili sia per attraversare lunghe distanze che per spiccare il volo. Una volta in aria, utilizzando il trigger sinistro trasformeremo l’astronave in una sorta di aliante, tramite il quale sarà possibile sfruttare le correnti ascensionali per prendere quota ed aumentare ulteriormente la nostra velocità. Alternando queste due meccaniche, il nostro obiettivo sarà quello di raggiungere il radiofaro che vedremo all’orizzonte, così da poter viaggiare verso la destinazione successiva.

Questo aspetto, vista anche la conformazione dei vari pianeti, ognuno caratterizzato da setting e condizioni ambientali proprie, ricorda in maniera assai smaccata il videogioco ideato da Mark Cerny nel lontano 1984, viste le modalità di controllo della nostra sfera volante. Il capolavoro di Thatgamecompany, invece, riecheggia potente nel modo in cui il viaggio è costruito che, pur in assenza di architetture aliene ed altri sparuti viandanti, è pregno di quella solitudine e del senso of wonder che si respiravano scivolando sulla sabbia.

E pad alla mano il concept di Exo One funziona e diverte, soprattutto in virtù dei suggestivi panorami che ci ritroveremo ad attraversare. Anche i controlli fanno il loro dovere, risultando precisi nella maggior parte delle occasioni, se non fosse per una telecamera in vena di fare un po’ troppe bizze in determinati frangenti, situazione che rende ostico il perfetto controllo della nostra navicella. Un appunto lo devo rivolgere anche al mancato supporto al feedback aptico su PS5 che, date le peculiari situazioni atmosferiche che caratterizzano i pianeti, avrebbe potuto fornire quel boost in più all’immersività generale. E non nego che sarei davvero curioso di vedere il gioco abbracciare la VR, proprio in virtù del suo suggestivo setting.

Tecnicamente parlando non ci sono appunti particolari da fare, visto che pur non presentando un comparto grafico strabiliante (se proprio vogliamo analizzare nel dettaglio ogni frammento), è la direzione artistica generale a tenere saldamente in mano la situazione, regalandoci momenti davvero evocativi ed eterei che difficilmente non potranno fare breccia. Mi sarei aspettato qualcosa di più lato sonoro, magari una soundtrack un po’ più presente ed incisiva di quella assai più rarefatta (ma comunque pregevole) che ci accompagna lungo tutto il viaggio.

Sicuramente suggestivo e particolare, il viaggio alla base di Exo One rappresenta senza dubbio un’esperienza alquanto particolare ed unica, meritevole della nostra attenzione. Rotolare, scivolare e volteggiare lungo i pianeti che costellano la nostra corsa verso il pianeta Giove, regalano emozioni sicuramente palpabili, pur al netto di qualche incertezza nel sistema di controllo in determinate situazioni. Lasciando per un attimo da parte queste piccole magagne, quello che resta è un racconto sussurrato ed evanescente, che poggia gran pare del proprio fascino su di una messa in scena evocativa e ben tratteggiata. Il lavoro firmato Exbleative è una sorta di walking simulator in salsa spaziale, capace di catturare l’attenzione di chi saprà lasciarsi rapire dalla sua voglia di trasportarci tra le profondità più nascoste del cosmo.