Recensioni

Recensione Everreach: Project Eden

di: Simone Cantini

Visto che nutro un grande rispetto per i piccoli studi indipendenti, capaci spesso di superare in qualità e coinvolgimento le più grosse produzioni multimilionarie, sono sempre felice quando in redazione giunge un codice review da sviscerare, tanto più se legato ad un genere a me alquanto congeniale. Ed è stato proprio il caso di Everreach: Project Eden, titolo che sin dal suo annuncio non ha negato di ispirarsi in modo massiccio alla saga di Mass Effect, vista la volontà di proporre un action/RPG assai vicino, per struttura e tematiche, ai titoli Bioware. Talvolta, però, non è raro che gli sviluppatori in questione si ritrovino a compiere il fatidico passo più lungo della gamba, mandano in millemila frantumi le loro e le mie speranze.

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Paradiso perduto

Eden è un lussureggiante pianeta oggetto di un avveneristico progetto di urbanizzazione, sviluppato dalla compagnia Nova Corporation, che mira a renderlo una sorta di resort di lusso. Nonostante gli sforzi profusi, però, i lavori finiscono per subire un brusco stop, a causa di un non meglio precisato imprevisto, sulla cui natura spetterà a noi, nei panni di Nora Harwood, cercare di fare luce. La nostra protagonista è, difatti, un membro dell’agenzia di vigilanza della compagna di stanza su Eden, a cui verrà incaricato di atterrare sul pianeta per dare inizio alle indagini, assieme ad una piccola squadra. Purtroppo le cose non vanno per il verso giusto, con il velivolo della nostra protagonista che verrà abbattuto dai sistemi di difesa automatici della colonia, lasciandola sola e sperduta sulla superficie del pianeta. Si apre così Everreach: Project Eden, ambizioso progetto dei ragazzi di Headup Games, che almeno sulla carta avrebbe dovuto garantire un’esperienza di gioco affine a quella vissuta nei panni del comandante Shepard, ma che ha finito purtroppo per vedere infrante le proprie aspirazioni dopo pochissimi minuti di gioco, a causa di una realizzazione afflitta dai più disparati problemi tecnici e di puro design. A dispetto di un primo impatto tutto sommato gradevole, con i combattimenti e l’esplorazione iniziale che si lasciano affrontare senza particolari problemi, la situazione inizia a precipitare non appena raggiungiamo il primo avamposto amico e ci lanciamo all’assalto della prima missione della campagna. Il tutto si apre con una sezione a bordo di una sorta di hoverjet che definire ingestibile sarebbe eufemistico, visto il modo repentino e frenetico con cui reagisce ad ogni minima sollecitazione. La situazione precipita ulteriormente non appena raggiungiamo la mappa relativa alla quest vera e propria, in cui tutti i limiti del combat system di Everreach: Project Eden iniziano a mostrarsi con prepotenza: questi saranno strutturati in forma di TPS, privo però di una qualsiasi forma di gestione delle coperture (nonostante sia indispensabile ripararsi per sfuggire ai devastanti colpi nemici). Il che non sarebbe neppure un problema, se almeno il nostro alter ego fosse minimante manovrabile, ma visto che tende ad incastrarsi magicamente in ogni piccola sporgenza dello scenario ed è dotato, con l’arma in pugno, di una mobilità prossima allo zero, il risultato è che se ci troveremo al cospetto di più di due nemici alla volta, finiremo al tappeto prima ancora di poter premere il grilletto. E visto che il primo obiettivo ci vedrà costretti ad assaltare una piccola base nemica ricolma di letali cecchini, preparatevi ad incendiare il rosario.

Mi arrendo!

La morte di per sé, non sarebbe neppure un problema insormontabile, se solo il caricamento che ci separa dal respawn non durasse un’eternità (siamo attorno al minuto!), ed il team non avesse avuto la brillante idea di non inserire il save manuale, limitandosi a proporre una serie di checkpoint disposti in modo sin troppo sadico. A dare l’ulteriore colpo di grazia alle velleità shooter di Everreach: Project Eden, ci pensa infine un gunplay appena abbozzato, con una fisicità dei colpi totalmente assente, così come la pesantezza delle nostre armi, prive di una qualsiasi forma di feedback. Vabè, l’anima TPS della produzione farà pure acqua da tutte le parti, ma almeno il comparto ruolistico riesce a dire la sua, vero? No, niente di tutto ciò. Il passaggio dei vari livelli servirà ad incrementare le tre statistiche base di Nora, il cui sviluppo sbloccherà la possibilità di acquistare degli upgrade all’interno di una rozza simil sferografia, il tutto investendo i materiali recuperati in-game. Si tratta di un sistema di crescita e sviluppo davvero esilissimo, oltre che proposto in una veste grafica sin troppo sciatta e priva di fascino. Così come dimenticabili ed incomprensibili sono i tediosissimi minigiochi che sono legati all’apertura di particolari casse, dai controlli alquanto imprecisi e legnosi e dal divertimento e l’utilità completamente nulli. Leggermente più rosea è, invece, la situazione per quanto riguarda il comparto tecnico che, tenendo conto della natura indipendente della produzione, presenta un quadro grafico tutto sommato decoroso, anche se permangono alcune animazioni rivedibili ed un frame rate che non si risparmia qualche live tentennamento (su Xbox liscia). Purtroppo non posso dire molto di più in merito alla natura della narrazione, visto che proprio per i problemi appena elencati ho finito per abbandonare anzitempo Everreach: Project Eden, visti gli enormi picchi di frustrazione causati dallo scellerato quadro complessivo: sarà poco professionale, non lo metto in dubbio, ma trascorse 4 ore all’insegna delle arrabbiature gratuite, la maggior parte delle quali figlie di un design veramente discutibile, ho ritenuto che il mio tempo libero meritasse un trattamento migliore.

Bocciare un titolo mi causa sempre un po’ di dispiacere, visto che qualunque sia il risultato questo è, comunque, frutto del lavoro e dell’impegno di un gruppo di persone. Sarebbe però ingiusto chiudere un occhio dinanzi al disastroso quadretto tratteggiato da Everreach: Project Eden, che finisce per mancare clamorosamente ciascuno dei traguardi a cui aveva ambiziosamente puntato: scialbo e dimenticabile come shooter in terza persona, privo di mordente nelle componenti ruolistiche e, infine, rovinoso in quanto a game design, il titolo firmato Headup Games avrebbe bisogno di un corposo lavoro di rifinitura per potersi presentare ai giocatori in forma almeno sufficiente. Vero che costa poco più di 20 Euro, ma allo stato attuale delle cose è davvero difficile giustificare anche il più piccolo esborso, vista la natura a tratti ingiocabile dell’esperienza. A voler volare troppo vicini al sole, c’è il concreto rischio di scottarsi.