Recensione EA Sports UFC 5
di: Luca SaatiGli sport di combattimento hanno sempre goduto di una discreta fortuna in formato videoludico nonostante siano davvero pochissimi gli attori pronti a investire risorse in questo tipo di prodotti. EA Sports ovviamente è sempre stata presente, in principio era Fight Night dedicato alla nobile arte della boxe che tanto vorrei rivedere sulla scena videoludica dato che bisogna tornare indietro al 2011 per trovare l’ultimo capitolo, Fight Night Champion. Da quando la compagnia si è assicurata la licenza ufficiale dell’Ultimate Fighting Championship, le attenzioni si sono spostate su questo fenomeno all’epoca in grande ascesa e che oggi può contare su una grandissima community di fan che assaltano i palazzetti pur di assistere a un evento e con i lottatori diventati delle vere e proprio star. Lato videoludico la serie ha riscosso una certa popolarità e adesso siamo arrivati a un quinto capitolo, EA Sports UFC 5, pronto a ribaltare le sorti dell’incontro dopo un quarto capitolo forse un po’ troppo conservativo.
accettare i cookie con finalità di marketing.
Frostbite sale sull’ottagono
Una rivoluzione, quella di EA Sports UFC 5, che parte dal Frostbite Engine, al suo debutto sull’ottagono. Una rivoluzione tecnologica che non si riflette solo nel comparto visivo su cui ci tornerò più avanti, ma anche e soprattutto nell’effettivo gameplay con un nuovo sistema di danni estremamente realistico e variegato. I danni vanno a influire sulle prestazioni del lottatore: colpire o subire insistentemente alle gambe non solo compromette l’equilibrio ma anche la potenza effettiva delle varie mosse; danni al corpo compromettono il fiato e la stamina; danni alla testa influiscono sulla salute, ma con un naso rotto viene influenzata in negativo anche la già citata stamina. Il risultato è semplicemente spettacolare con tagli alla testa, gonfiori agli occhi, nasi rotti, lividi sul corpo e sulle gambe. Electronic Arts parla di oltre 64 mila combinazioni per i soli danni alla testa, beh non le ho contate ma posso assicurarvi che ogni incontro non si rivela mai uguale all’altro. In alcuni momenti si può arrivare a situazioni così estreme che l’arbitro si ritrova costretto a interrompere il match per un controllo delle ferite da parte del medico che può addirittura interrompere l’incontro.
Se escludiamo questa importante rivoluzione, il gameplay non si discosta troppo dal suo predecessore a partire da uno schema di controllo immediatamente familiare. I tasti frontali si limitano a dei colpi semplici come jab e calci alle gambe, ma in combinazione con dorsali e grilletti si possono effettuare ganci, montanti, calci al corpo o alla testa e con ulteriori combinazioni mosse più esotiche come superman punch, calci della gru, gomitate rotanti, prese e takedown. Il combattimento a terra sposta invece l’attenzione sulla levetta analogica destra che consente di cambiare posizione per assumerne una di vantaggio per il ground and pound, o altrimenti tentare una sottomissione.
Il sistema di sottomissioni è stato pesantemente snellito con la rimozione del macchinosissimo minigioco delle precedenti edizioni. Adesso in pratica il sistema si rifà sempre alle prese in transizione con la levetta analogica destra rendendo il tutto molto più fluido e sicuramente user friendly. Forse un po’ troppo semplice, ma nei tanti match che ho affrontato ho sempre avuto la sensazione che il team di sviluppo abbia voluto dare effettivamente un senso all’abilità dell’atleta scelto nelle sottomissioni. Chiudere una sottomissione con Connor McGregor contro Khabib Nurmagomedov è quasi impossibile, mentre a parti inverse la musica cambia drasticamente.
Il tutto risulta, come sempre, estremamente godibile con il giusto bilanciamento tra accessibilità e profondità.Specie a livelli di difficoltà più alti diventa fondamentale conoscere a menadito i punti di forza e di debolezza del proprio lottatore, così come le sue combo. Non siamo ai livelli dei tecnicismi di un picchiaduro come Street Fighter, ma il button smashing non viene mai premiato visto che c’è sempre una barra della stamina da gestire così come ci vuole una certa abilità pad alla mano nel combattimento a terra. L’unico difetto, a voler trovare un pelo nell’uovo, è nella transizione tra colpi alla testa e al corpo con delle animazioni un po’ macchinose e lente che interrompono la fluidità delle combo.
Il Frostbite Engine ha poi ovviamente permesso agli sviluppatori di EA Sports UFC 5 di fare enormi passi avanti da un punto di vista semplicemente visivo. Oltre al già citato sistema di danni molto realistico, il nuovo motore porta illuminazione dinamica, modellazioni poligonali degli atleti ultra dettagliati, e una maggiore cura in tutti gli elementi di contorno come le arene e il pubblico. Il tutto sempre con una regia televisiva che enfatizza tra un round e l’altro i danni sul volto degli atleti inquadrandoli in primo piano e con i replay che mettono in mostra i colpi più letali. Una grafica spettacolare che è accompagnata da un comparto sonoro all’altezza con le voci ufficiali dell’UFC al commento e all’annuncio all’ingresso degli atleti. Gradevole anche la soundtrack d’accompagnamento nei menù.
Carriera e Fight Week
L’offerta ludica è la parte più conservativa di tutta l’esperienza di gioco. Oltre alla classica partita rapida troviamo la Fight Week che si aggiorna continuamente proponendo sfide di difficoltà variabile che si ispirano ai combattimenti degli eventi reali.
C’è l’immancabile Carriera che rappresenta il fulcro dell’esperienza singleplayer e si rivela il modo migliore per imparare non solo i fondamenti del gameplay, ma anche i suoi sistemi più profondi. Tutto parte ovviamente dalla creazione del personaggio che in men che non si dica diventerà virale sui social attirando l’attenzione della federazione di Dana White. Qui inizia la scalata nei ranghi dell’UFC, con prima l’entrata in pianta stabile nel roster fino a diventare il GOAT e entrare nella leggenda di questa disciplina. Niente di nuovo, sia chiaro, ma nelle fasi iniziali questa modalità riesce a intrattenere con gusto ma a un certo punto si scontra con una ripetitività della sua struttura di gioco. In pratica si va avanti seguento sempre il medesimo schema: firma un contratto per un incontro e passa le settimane antecedenti ad allenarti (per acquisire punti per potenziare il proprio lottatore), a fare promozione tramite gli sponsor, studiare l’avversario ed eventualmente imparare nuove mosse dai colleghi.
Infine c’è la Carriera Online in cui si trasferisce il proprio avatar e si affrontano i giocatori di tutto il mondo. Sono presenti quattro divisioni e un matchmaking basato sull’abilità. Si utilizzano i punti per potenziare il proprio combattente e sbloccare specializzazioni e classi di prestigio. L’idea alla base è molto interessante, ma ci sono alcuni dubbi sulla stabilità online e su quanto riuscirà ad attecchire nella community.
Commento finale
EA Sports UFC 5 è senza ombra di dubbio il miglior capitolo della serie di Electronic Arts. La rivoluzione apportata in termini tecnici grazie al Frostbite Engine ha estremizzato il realismo rendendo il gameplay sempre spettacolare e gratificante. Peccato solo per una carriera singleplayer troppo ripetitiva che necessita di una pesante rivisitazione che, speriamo, non mancherà per il prossimo capitolo.