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Recensione Dreams of Another

di: Simone Cantini

Nella vita di un giocatore capita spesso il momento WTF, il ritrovarsi a giocare con un titolo capace di spiazzarci completamente, al punto che ci si ritrova a chiedersi che cosa stia effettivamente girando sullo schermo. Ed in simili situazioni gli esiti possono, di solito, essere soltanto due: o ci troviamo dinanzi ad un capolavoro, oppure il risultato è un prodotto pretenzioso e tutt’altro che godibile. Simili pensieri mi sono capitati mentre stavo giocando a Dreams of Another, il nuovo titolo ideato da Baiyon (al secolo Tomohisa Kuramitsu) e sviluppato da Q-Games, che nel corso delle 4 ore che ho impiegato a giungere ai titoli di coda, mi ha più volte fatto passare per la mente l’interrogativo di cui sopra. Il risultato? Beh, il voto in fondo alla recensione parla chiaro, ma se avrete la pazienza di leggere proverò a spiegarvi il perché del mio punto di vista.

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Vite intrecciate

C’è un soldato che si è arruolato per comprendere chi sia veramente, ma che purtroppo ha troppa paura di sparare anche un singolo proiettile. C’è un bambino che vuole sentire suonare quel pianoforte un’ultima volta, prima di salutare per sempre l’amica per cui prova qualcosa di più. Ci sono delle talpe che devono suonare una campana per dimostrare di essere finalmente divenute adulte, ma anche dei pesci in cerca di libertà. C’è un parco giochi in disuso che vuole ancora tornare a divertire, ma anche un robot con velleità artistiche. E poi c’è l’uomo in pigiama, il protagonista che andremo a controllare nella storia narrata in una maniera assai particolare nel corso di Dreams of Another.

Un cast sicuramente bizzarro, come lo è il setting del nuovo lavoro firmato Baiyon, che all’interno di una cornice sognante ed eterea, sceglie di presentare un racconto alquanto frammentato e sorretto da una sceneggiatura ai limiti del concettuale. Piccole schegge di vite altrui, vissute da quell’uomo in pigiama che dorme beato nel menu principale della produzione, a cui faremo ritorno al termine di ogni brevissima porzione di giocato. Una struttura sicuramente molto peculiare e che ha proprio in questa sua ciclica volontà di far ripartire tutto da capo un’intuizione assai interessante, visto il modo in cui quello che da sempre rappresenta il punto di partenza di un videogioco riesce ad offrire anche dal punto di vista narrativo. 

Peccato che tutto il resto traballi in maniera evidente già dopo pochi minuti di giocato, a causa di una lentezza ed una progressione che sembrano divertirsi a rendere l’esperienza più un qualcosa di puramente cerebrale che ludico. La storia scorre sconnessa per mezzo di dialoghi sin troppo filosofici, ma che non riescono a coinvolgere a dovere il giocatore. Le stesse parti giocate scorrono velocissime in loop che ha nella ripetizione esasperata delle sue meccaniche il maggiore elemento di criticità. Le tematiche toccate sono indubbiamente profonde e spaziano dal desiderio di libertà al bisogno di raggiungere l’autodeterminazione, ma a cozzare con questa voglia di raccontare sentimenti così elevati è proprio la forma ludica della produzione. Quello che emerge è un lavoro fortemente autoriale, una sorta di autocompiacimento dello stesso Baiyon che, nel corso di un’intervista, ha definito Dreams of Another come la sua ultima installazione artistica: un qualcosa da ammirare e cercare di comprendere, ma non proprio da giocare.

Non c’è creazione senza distruzione

Uno degli elementi che aveva maggiormente colpito in occasione del reveal di Dreams of Another, al di là del suo particolarissimo aspetto, era stata la sua natura di shooter al contrario, il suo sfruttare le armi per creare e non per distruggere. Il nostro uomo con il pigiama, difatti, sarà armato di una mitragliatrice (a cui si accompagneranno altre armi, fondamentalmente inutili), i cui proiettili serviranno per ricostruire gli elementi dei sogni che si troverà a vivere. Sparare rederà nuovamente tangibile e distinguibile l’ambiente attorno a noi, permettendoci di interagire con persone ed oggetti. Un concetto sicuramente interessante ed in linea con l’atmosfera narrativa, ma che finisce per esaurire in una manciata di minuti tutto il proprio potenziale.

In definitiva non faremo altro che sparare per liberare il percorso che ci condurrà al nuovo dialogo, per poi vedere chiusa la porzione, fare ritorno al menu e dare il via alla sezione seguente. Come detto si tratta di piccolissimi frammenti in bilico tra il walking simulator e il TPS, in cui è impossibile morire e che di tanto in tanto sarà intervallato da simil boss battle in cui dovremo colpire i punti deboli di alcuni particolari nemici. Una progressione decisamente tediosa e poco stimolante, che ha l’unico scopo di far proseguire una narrazione che, se non riuscirà a fare breccia nel cuore del giocatore, finirà per rendere tutta l’esperienza dannatamente fine a sé stessa.

Sogno ad occhi aperti

Se sul fronte puramente ludico Dreams of Another non convince, è relativamente all’aspetto tecnico/estetico che la produzione firmata Q-Games riserva le sorprese più piacevoli. A partire dal suo particolarissimo comparto visivo, fatto di pixel e puntini in grado di trasformare la scena in un bizzarro quadro in movimento in cui gli echi del puntinismo si fondono a quelli dell’espressionismo. Il processo di ricostruzione di queste sagome sfumate è una vera gioia per gli occhi, complice anche una abbondanza di particellari ottimamente implementati. Convincono anche le prestazioni generali ed il gunplay, il che rende ancora meno digeribile le meccaniche di gioco.

Calzante ed onirico anche il comparto sonoro, curato dallo stesso Baiyon, che ci regala una soundtrack in bilico tra elettronica e jazz davvero calzante e ben amalgamata al contesto. Sicuramente superfluo, invece, è il supporto a PSVR2 che non aggiunge davvero nulla all’esperienza, anzi, per il modo in cui è implementato fa preferire la modalità flat: al di là della possibilità di giocare in prima persona non c’è altro da gustarsi e già la maniera in cui le cutscene sono state tradotte in VR (presentate come su uno schermo separato dall’azione) finisce per rendere il tutto davvero poco immersivo. Rivedibile anche la traduzione testuale in italiano, che non lesina qualche errore grossolano.

Dreams of Another è un’opera che osa, immagina e tenta di ridefinire il concetto stesso di videogioco. Il suo cuore pulsante è fatto di sogni, frammenti di esistenze e visioni poetiche, ma il corpo che li ospita fatica a sostenere il peso delle sue ambizioni. Se da un lato l’estetica e la colonna sonora incantano, dall’altro il gameplay ripetitivo e la narrazione frammentata rischiano di allontanare chi cerca un’esperienza più coesa e coinvolgente. È un titolo che parla a chi ama l’arte digitale e la sperimentazione, ma che potrebbe lasciare indifferenti coloro che cercano emozioni più tangibili e interazioni più profonde. Un sogno, sì, ma forse troppo evanescente per lasciare il segno.