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Recensione Dragon Ball: The Breakers

di: Simone Cantini

Io c’ero in quel 1989 che vide approdare la serie animata di Dragon Ball nel nostro paese, grazie al network Junior TV. E non nego di essermi subito innamorato di Goku (bambino) e compagni, grazie a quel folle mix di botte e umorismo, degna continuazione decisamente più action dell’assurdo mondo di Arale. E c’ero anche quando la serie partorita da Akira Toriyama iniziò ad essere dannatamente sovraesposta, oltre che privata di quella comicità che ne aveva caratterizzato le origini, abbandonata in favore di una deriva smaccatamente shonen, inno tedioso a chi ce lo ha più lungo. Proprio per questo motivo ho sempre visto non certo di buon occhio le produzioni videoludiche legate al brand che, piaccia o no, hanno sempre scelto la più commerciabile serie Z del manga/anime. Non sono questi, però, i motivi che mi avevano spinto a storcere la bocca all’annuncio di Dragon Ball: The Breakers. E se leggerete la recensione capirete perché.

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A volte ritornano

Non nego che l’incipit narrativo di Dragon Ball: The Breakers possa anche avere una sua dignità, visto il modo in cui si inserisce in maniera trasversale nell’universo di Toriyama: nel titolo impersoneremo un semplice umano che, in seguito ad alcune fratture temporali che hanno visto la ricomparsa nel mondo di 3 (per il momento) villain storici del manga/anime, verrà tratto in salvo da Trunks adulto. Portati al sicuro dal membro della pattuglia temporale, verremo messi al corrente della situazione, e ci verrà affidato il compito di porre rimedio al tutto. Come fare? Assieme ad altri superstiti come noi, dovremo scendere in campo per recuperare delle chiavi, tramite le quali attivare la macchina del tempo e sanare così l’anomalia dimensionale. Ecco, potrebbe anche tutto avere un perché, peccato che si tratti soltanto di un esile pretesto in grado di caratterizzare unicamente il prologo/tutorial, e che finirà per tramutarsi in un orpello buono solo a giustificare i match online asincroni che costituiscono l’unica offerta ludica del titolo Bandai Namco. E ci potrebbe anche stare, visto che in fondo parliamo di un’esperienza unicamente online, peccato che anche il piatto forte sia quanto mai carente in termini di offerta.

Troppo forte!

Strutturato in maniera analoga ad altri titoli del genere, sulla falsa riga di Evolve (tanto per citare uno dei capostipiti) o del recentissimo Ghostbusters: Spirit Unleashed, i match vedranno 7 umani intenti a recuperare le suddette chiavi, il tutto mentre uno dei tre Razziatori di turno darà loro la caccia. Quest’ultimo potrà avere le fattezze di Freezer, Cell o Majin Bu, e dovrà evolversi lungo 3 stadi, in maniera analoga a quanto visto nell’opera di Toriyama, prima di poter esprimere tutto il proprio potenziale distruttivo. Che possibilità hanno, pertanto, dei semplici esseri umani di poterlo contrastare? In teoria nessuna, ma il titolo ha visto bene di disseminare lungo l’area di gioco alcuni power up, come armi, veicoli, radar, Sfere del Drago o boost. Questi ultimi due saranno gli elementi più importanti, con i primi che permetteranno di evocare Shenron per un potenziamento istantaneo, mentre i secondi consentiranno al nostro personaggio di trasformarsi brevemente in uno degli eroi storici della serie, così da poter dare per una manciata di secondi del filo da torcere al razziatore. Il tutto mentre dovremo recuperare le 6 chiavi disseminate lungo la mappa, per poi attivarle e difendere la macchina del tempo durante il processo di accensione. Un flow di gioco semplice e diretto che, però, si scontra con il pessimo bilanciamento dell’esperienza che, come il Dragon Ball originale insegna, rende il boss di turno incredibilmente overpowered, situazione che 9 volte su 10 vedrà i poveri umani costretti a soccombere senza pietà. E se consideriamo che questa è l’unica modalità di gioco di un titolo proposto ad un prezzo di 29,99 Euro, e che si presenta all’appello anche con delle microtransazioni, si capisce subito come il biglietto da visita non sia poi così entusiasmante. Vero che parliamo prevalentemente di elementi cosmetici, ottenibili anche per mezzo della valuta in-game, ma vista la pochezza dell’offerta, una distribuzione free-to-play sarebbe stata sicuramente più indicata. Per lo meno il battle pass della stagione 1 è gratis per tutti…

Vorrei non aver visto nulla…

Che Dragon Ball: The Breakers sia una produzione decisamente minore tra quelle legate al lavoro del mangaka nipponico, è evidente anche dal pessimo comparto tecnico che accompagna il tutto, capace di risultare imbarazzante anche al confronto di titoli del periodo PS3/X360. Se è vero che i modelli dei vari personaggi sono tutto sommato accettabili, discorso differente deve essere fatto per le animazioni che li muovono, sin troppo essenziali e brutte da vedere. Il top del flop, comunque, è la realizzazione degli ambienti di gioco, che sono quanto mai spogli ed impreziosisti da geometrie drammaticamente essenziali, oltre che dotati di texture risibili per il periodo attuale. A salvarsi, pertanto, è soltanto il comparto audio, che può vantare qualche brano simpatico ed un doppiaggio molto buono, ma che è davvero troppo poco per salvare la baracca. Insomma, a livello tecnico ci troviamo al cospetto di un vero disastro, al punto che mi stupisce come alcuni colleghi abbiano potuto bollare l’impatto grafico generale tra il molto buono e l’eccellente. Magari è il caso che mi cambi gli occhiali?

Non ci girerò troppo intorno, allo stato attuale Dragon Ball: The Breakers è un titolo insufficiente sotto tutti i punti di vista, povero sia nell’offerta ludica che nel comparto tecnico generale. Il lavoro Bandai Namco fa davvero poco per intrattenere, incatenato all’interno di una singola modalità di gioco, tra le altre cose piagata da uno sbilanciamento in grado di rendere inutilmente frustrante buona parte dei match disputati. L’idea di fondo non sarebbe neppure male, ma a meno di una piccola iniezione di contenuti e fix, difficilmente sentiremo parlare a lungo di queta deriva multiplayer asincrona del lavoro di Akira Toriyama.