Recensioni

Do Not Open

di: Simone Cantini

Raccontare e far vivere l’orrore e la paura non è certo un gioco da ragazzi, dati i complessi equilibri che regolano tali situazioni: basta un nulla, difatti, per far cadere il tutto all’interno del grottesco e del ridicolo, così da vanificare l’intera costruzione orrorifica. Proprio per questi motivi mi approccio sempre con estrema diffidenza, per quanto mista ad un velato entusiasmo, al debutto di un nuovo team che ha scelto consapevolmente di proporre un titolo horror, conscio delle difficoltà che si celano dietro al prevedibile entusiasmo. Non certo snobismo, il mio, quanto il frutto di un bel po’ di esperienze analoghe, che se è vero non mi abbiano risparmiato qualche piacevole sorpresa, talvolta non hanno potuto fare a meno di cadere sotto il peso delle loro aspettative. Proprio come nel caso, ahinoi, di Do Not Open.

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Non aprite quelle porte!

Il filmato che apre l’opera prima degli iberici ragazzi di Nox Noctis, ci introduce il personaggio di Michael, un padre che si troverà intrappolato in una versione distorta della propria dimora, che finirà ben presto per tramutarsi in una letale prigione. Spinto da visioni e sussurri sinistri, l’uomo dovrà da prima uscire dallo scantinato in cui riprenderà i sensi, per poi trovare il modo di superare le minacce che si celano dietro le numero se porte di cui la magione è disseminata. Un racconto che, per quanto assai derivativo nelle sue fondamenta, riesce a garantire il dovuto tasso di coinvolgimento dato che, come sempre accade in questi casi, la voglia di scoprire cosa si nasconda al di là di questa coltre di orrore (oltre che nel passato del nostro protagonista) non potrà fare a meno di emergere con veemenza. Purtroppo però, proprio in virtù di quanto espresso in apertura di recensione, rompere questo macabro idillio è questione di attimi, ed il modo in cui il team ha deciso di strutturare l’esperienza ludica rema proprio contro la buona riuscita dell’atmosfera. A sparigliare in malo modo le carte in tavola ci pensa, in prima battuta, la natura procedurale dell’esperienza, che se da un lato riesce a garantire una buona dose di imprevedibilità e rigiocabilità, dall’altro finisce per diluire in modo efficace il susseguirsi delle varie rivelazioni.

La casa degli orrori… videoludici

Ciascuno degli ambienti celati dietro alle varie porte nasconderà al suo interno due enigmi da risolvere, le cui fondamenta risolutive cambieranno ad ogni game over, costringendoci così a mantenere sempre desta l’attenzione, ma dilatando anche in maniera artificiosa il tempo necessario a proseguire nel gioco, situazione che finisce per trasformare ben presto l’ansia in puro fastidio. Questo è dovuto al fatto che, non appena varcheremo ciascuna soglia, un timer inizierà a scandire le nostre azioni e, una volta raggiunto lo zero, farà entrare in gioco una mostruosa entità, da cui potremo solo nasconderci e che, qualora ci raggiungesse, ci costringerà a ricominciare la zona da capo, con conseguente reset dell’enigma. Sulla carta l’idea non sarebbe neppure male, ma se consideriamo come le soluzioni siano spesso assai ostiche da decifrare e che ogni tentativo sbagliato causa una sensibile decurtazione del tempo a nostra disposizione (si parla di meno di 10 minuti ad ambiente), capite subito come il trial and error richiesto finisca per rompere il macabro idillio. Unite al tutto la presenza di documenti (spesso custodi delle informazioni chiave) a tratti davvero illeggibili, un mostro che renderà letteralmente impossibile giocare una volta comparso, ed avrete ben chiaro come il quadretto dipinto dai ragazzi di Nox Noctis sia spaventoso per i motivi più sbagliati. E ad offrire un insieme affatto più coeso ci pensano i vari collezionabili testuali, che compariranno randomicamente nel gioco, e che serviranno per ricostruire poco alla volta il retroscena narrativo. Peccato, perché al di là di tutto la struttura ludica in prima persona, a metà strada tra il solito P.T. e le meccaniche in salsa Outlast/Amnesia funzionerebbero anche, ma finiscono per uscire soffocate da delle scelte di design davvero user unfriendly. Lo stesso comparto tecnico è risultato solido e coerente con le intenzioni del gioco, restituendo un colpo d’occhio tutto sommato convincente, a cui si accompagna una audio anche esso in linea con la tipologia ludica in questione. Al solito spiace constatare l’assenza della localizzazione in italiano.

Do Not Open parte da buonissime premesse e riesce, sin dalle battute iniziali, a mettere sul piatto alcune felici intuizioni, capaci di dare vita ad un’atmosfera opprimenti e misteriosa al punto giusto. Peccato che il castello di carte finisca per crollare su sé stesso non appena le meccaniche ludiche ideate da Nox Noctis si prendono la scena, tramutando il titolo in un qualcosa di davvero spaventoso, anche se per i motivi sbagliati. Trial and error esasperato, difficoltà a volte assurda (complici anche gli indizi necessari resi illeggibili da una pessima resa su schermo) ed un nemico che, non appena comparso, rende il tutto frustrante ed ingiocabile, non possono che affossare il debutto del team spagnolo che, pur avendo dimostrato di avere delle buone frecce al proprio arco, ha sicuramente bisogno di affinare maggiormente la propria mira.